Lazio: 100 anni di "calcio ufficiale" a Roma

Una notizia di cent’anni fa: al Prato dei Daini, Podistica Lazio batte Ginnastica Fortitudo 11-0. Una breve, diremmo oggi, su “Il Messaggero” dell’epoca. Eppure, in quella sfida del 13 marzo 1910, c’è la Storia: trattasi della prima partita del primo campionato organizzato dal Comitato Regionale Laziale sotto l’egida della neonata Figc. Allora si chiamava Campionato di terza Categoria, a quelli di prima e seconda partecipavano solo squadre del Nord. E non va confuso col campionato di Roma che si giocò nel 1907 e fu vinto dalla Lazio (contro Virtus e Roman) che poi avrebbe affrontato e sconfitto in un solo giorno, fra le 10 e le 17,30, Livorno, Pisa e Lucca in una sorta di epica tenzone interregionale.
Eccoci, dunque, al Prato dei Daini, a Villa Umberto I° (ora Villa Borghese). Allora - come riportato dal libro “100 anni” del Comitato Regionale Lazio - si poteva giocare lì o in piazza d’Armi, solo il Roman aveva un suo campo concesso in affitto dal Comune e sulla stampa infuriava la polemica sulla scarsità degli impianti. «I rosso blu della Fortitudo resistono sullo 0-0 nei primi venti minuti, nei restanti 25 del primo tempo subiscono cinque reti. La squadra non è all’altezza della Lazio - si legge sul giornale “Foot-ball”, organo ufficiale della Figc - Se fosse un po’ più affiatata, i giocatori potrebbero fare qualche cosa di meglio di quel che fecero domenica, che calciarono molto più sulle gambe degli avversari che sulla palla, tanto che parecchi bianco-celesti, chi più chi meno, andarono via con qualche livido e qualcuno zoppicante». La Ginnastica Fortitudo, nell’estate 1927, avrebbe formato con Alba e Roman l’A.S. Roma: «La nuova squadra - scriveva il Messaggero del 23 luglio - giuocherà con la maglia dai colori di Roma, il campo sportivo sarà quello del Motovelodromo Appio, al quale saranno apportati notevoli miglioramenti. Il nuovo Ente disporrà anche di un campo di allenamento al Testaccio».
Quel primo campionato regionale fu comunque vinto dalla Lazio, che all’epoca non aveva rivali (sei vittorie su sei), davanti alla F.B.C. Roma, alla S.S. Juventus (quella di Roma, non di Torino) e alla stessa Fortitudo. E i resoconti hanno spesso risvolti comici: a cominciare dagli arbitri “fatti in casa” (uno fu perfino Olindo Bitetti, il Presidente stesso del Comitato, ottimo giornalista oltre che fra i fondatori della Lazio) e presi, nella concitazione, anche a calci dai contendenti. Per finire alle regole. «...la durata della partita dovette essere ridotta a due tempi di 35 minuti per poter terminare prima che il buio impedisse lo svolgimento del giuoco...»; oppure «...la Juventus giocò in soli sei uomini! perciò vinse facilmente la Fortitudo per 7 porte a 0. Il match si svolse senza destare alcun interesse nello scarso pubblico che assisteva...»; «...il referee concede un penalty ai bianco-celesti che, tirato da Saraceni, battè sul palo dato il vento...»; «...Il F.B.C. Roma parte con 7 giocatori, poi sul finire del primo tempo ne arriva uno e infine nel secondo tempo altri 2, e così finisce in 10...»; «...Sono ventidue uomini che giocano ognuno per suo conto, nessuno passa se non è in condizioni disperate di modo che la palla va quasi sempre da tutt’altra parte che quella verso cui era diretta...»
Il grande protagonista di quel campionato fu Mizzi, un maltese in biancoceleste, «un attaccante velocissimo - racconta Mario Pennacchia nel suo storico libro “Lazio patria nostra” - ma che ogni tanto doveva fermarsi per rimettersi a posto il ginocchio con le mani. C’era anche un altro straniero, il portoghese Dos Santos, uno studente di scultura reclutato dai laziali a Villa Umberto mentre portava a spasso il suo fox terrier». In fondo Lotito non ha inventato niente: anche allora la Lazio, non avendo un direttore sportivo, doveva arrangiarsi.