Ecco a voi Clemente Mimun: Un laziale vero!!!

23.08.2009 16:47 di  Alessandro Zappulla   vedi letture
Fonte: il messaggero--Roberto Gervaso
Ecco a voi Clemente Mimun: Un laziale vero!!!

Tifosi della Lazio ne ho conosciuti tanti, ma nessuno con l’ardore, la grinta, la competenza di Clemente Mimun, timoniere del Tg5.
Ne parla come di una donna per la quale ha perso la testa e che gli è sempre stata fedele, nella buona e nella cattiva sorte.
Non vorrei essere al fianco di Clemente quando la Lazio perde. Ma nemmeno quando vince.
Il tuo, per la Lazio, è un amore, una passione o una malattia?
È un grande amore.
Un matrimonio?
Indissolubile, superato solo da quello che provo per la mia famiglia e per il mio Paese. Il tifo, con tutto ciò che comporta, non può essere spiegato razionalmente.
Perché?
C’è, e basta. E non se ne può fare a meno.
A prescindere da tutto?
Dal fatto che la squadra vinca o perda, giochi bene o male. Chi è supporter di una squadra di calcio in modo sanguigno è fatto così.
Indipendentemente dallo status sociale?
Dallo status sociale, dal livello culturale, dall’appartenenza al vippaio nostrano o alle cosiddette masse popolari.
Quando è nato questo amore?
Cinquant’anni fa.
Come?
All’improvviso.
Perché?
Non perché a quel tempo la Lazio fosse uno squadrone. Più semplicemente perché i laziali erano una minoranza rispetto ai tifosi giallorossi.
E con questo?
Subivano tanti sfottò, ma erano orgogliosi e tenaci.
Perché ti piacciono tanto i colori bianco e celeste?
Sono gli stessi della mia seconda patria, Israele.
E poi?
Perché, addentrandomi nella storia del team, ho scoperto mille cose che mi sono piaciute, dalla fondazione, nel 1900, ad oggi.
Cioè?
Fra le altre, è la prima squadra della capitale.
Quando la Lazio gioca in casa vai allo stadio?
Avrò saltato dieci partite negli ultimi trent’anni.
Vai solo o con altri tifosi?
Fino a qualche tempo fa con i miei due figli Simone e Claudio.
E ora?
Anche per impazienza (la mia), da solo.
E dove vi ritrovate?
In tribuna, quando loro non scelgono la curva nord.
Tifosi come te?
Claudio è sfegatato.
Hai mai seguito la Lazio in trasferta?
In un paio di match internazionali.
Vinti?
Una grande vittoria e una disfatta.
Soffri durante la partita?
Molto.
Anche se vincete?
Anche se vinciamo.
Perché?
Perché la Lazio è una squadra pazza.
Come, pazza?
Ha folate di gioco irresistibili e spesso amnesie drammatiche.
Cioè?
Si può vincere per due a zero a fine primo tempo e soccombere nel secondo.
O, al contrario.
Andare sotto di tre goal e pareggiare o vincere. Siamo fatti così, molto entusiasti, qualche volta distratti, sempre orgogliosissimi.
Segui la partita in silenzio o con l’animo in tumulto?
Il mio tifo è esplosione di gioia incontenibile su un goal strepitoso (vedi Zarate, o al derby); più spesso, atteggiamento composto con l’animo in fiamme.
Porti con te amuleti o fai scongiuri?
Ho sempre con me un fazzoletto del 2000.
Un fazzoletto?
Sì, un gadget del secondo scudetto, quello che vincemmo dopo l’incredibile Perugia-Juventus, con goal di Calori. E i bianconeri, già sicuri del tricolore, a casa in gramaglie.
Hai mai fatto voti?
È una tradizione che non mi appartiene.
E promesse?
Sì.
E le mantieni?
Puntualmente. Una volta mi sono tagliato i baffi.
Chissà che shock.
Non ti dico.
Te la prendi anche con i vicini di tribuna?
Mai, sono uno sportivo vero e riconosco sempre il valore degli avversari, ma…
Ma?
Se ci sono errori arbitrali, m’infurio.
Con che spirito incassi un goal dell’avversario?
Con la speranza di restituirglielo con gli interessi.
E se è una prodezza?
Arrivo anche ad applaudire, ma soffro come un cane.
E con che spirito accogli un goal all’avversario?
Dipende da mille fattori.
Ad esempio?
Contro chi si gioca.
Se si tratta di Inter, Juve, Milan?
È una grande gioia, grandissima se si va a rete.
Se il match è con la Roma?
Festa prudente sul finale, in caso di segnatura nel primo tempo; gioia incontenibile, in caso di raddoppio o tripletta. Ogni goal, come ogni partita, ha la sua storia.
Cioè?
Produce diversi stati d’animo, resta, o meno, nella memoria collettiva di una tifoseria.
Un rigore andato a segno è più un tuffo al cuore o un orgasmo?
Un tuffo al cuore, una scarica di adrenalina. Non confondiamo il profano col sacro.
Una vittoria ti appaga soltanto o anche ti esalta?
Ci si esalta se significa primato, scudetto o derby.
Diversamente?
Passeremo una bella settimana col sorriso sulle labbra.
Una sconfitta ti prostra o ti annienta?
Se è la quinta di fila mi deprime.
Se non lo è?
Sono fiducioso nella vittoria prossima ventura.
Con che animo, se la Lazio perde, torni a casa? Te la prendi con tua moglie?
Tifoso, sì; cretino, no. Me la prendo con la squadra se ha giocato male, col mister se ha sbagliato le sostituzioni.
E con le giacchette nere?
Quasi sempre.
E perché?
Perché ci fanno sempre dispetti e ci provocano guai.
Una vittoria della Lazio fa gongolare anche i tuoi?
I figli sì, e anche il mio cane Shon.
Il tuo cane?
La nostra allegria è contagiosa. Anche un border-collie saggio e intelligente si lascia andare.
Come festeggi una vittoria?
Se è scudetto, con un anno di allegria e sfottò ai cugini romanisti.
Se è vittoria tonda nel derby?
Con sfottò e champagne. Ma ho grande rispetto per la Roma e i suoi tifosi.
Rispetto per i tifosi della Roma?
Sì. Sono caldi e non si arrendono mai. Ho poi molto affetto per la famiglia Sensi.
Una sconfitta della Lazio ti toglie solo il buonumore o anche l’appetito?
Purtroppo, non c’è nulla che mi tolga l’appetito.
Come reagisce la redazione del TG5 a una sconfitta della Lazio?
Non gliene frega niente.
Come non gliene frega niente?
Niente, un paio di colleghi, Andrea Pesciarelli e Guido Del Turco, lavorano ancora con più lena per tutta la settimana.
Meglio il Tg5 che batte il Tg1 o la Lazio che batte la squadra avversaria?
Noi che battiamo il Tg1 del mio amico Minzolini e la Lazio che vince con calcio, goleada e champagne.
Cosa daresti per giocare nella Lazio?
Per un goal decisivo nel derby al novantesimo minuto, tre anni di stipendio.
In quale ruolo?
Bomber, numero 9, killer d’area.
Faresti volentieri l’allenatore?
Lo faccio già.
Come, lo fai già?
Sei sicuro che guidare una trentina di giocatori, anche ricchi e famosi, sia più difficile che guidare centoventi giornalisti?
Ti piace questa Lazio?
Mi piacciono tutte le Lazio della storia biancoceleste. Mi fermo anche a veder giocare gli allievi o la primavera. Quella maglia fa parte della mia vita, nella gioia e nel dolore.
I più cocenti dolori?
Gravissimi lutti.
Quali?
La morte di Tommaso Maestrelli, la fine assurda di Re Cecconi, l’incidente a Frustalupi. Il resto è sempre superabile.
Le perle della tua squadra?
Nel passato un fantastico Lazio-Verona in cui perdevamo 2 a 1 alla fine del primo tempo, e Chinaglia costrinse i giocatori a restare nel tunnel, senza scendere negli spogliatoi. Erano dei tori scatenati.
Nella ripresa?
Gli scaligeri furono annichiliti e finì 4 a 2.
Chi lasceresti volentieri in panchina?
I lavativi
O.K. il Mister?
Mi piaceva, e mi piace molto, Delio Rossi, al quale auguro ogni bene. È bravo, onesto e gran lavoratore.
Ma ora c’è Ballardini.
Se ne dice un gran bene. È il mister della Lazio.
Quindi?
Il nostro conducadòr.
E il Presidente?
Claudio Lotito ha salvato la Lazio, l’ha mantenuta nel calcio professionistico, ha costruito le condizioni per una società sana e acquistato anche elementi eccellenti o interessanti.
Gli rimproverano il carattere e il protagonismo?
Io, come tifoso, posso solo esprimergli gratitudine.
Chi ha trasformato i campi di calcio in campi di battaglia?
La follia umana. Allo stadio dovrebbero poter andare le famiglie al completo. Fra tifosi e giocatori non dovrebbe esserci nessuna barriera, come in Inghilterra.
Invece?
Da noi spesso si esagera e, a volte, ci scappa il fattaccio.
I limiti del tifo?
Nessuno, purché si resti nell’ambito del divertimento e dello sfottò. Odio la violenza e la volgarità gratuita. Si può essere tifosi, appassionati di un team e non trasformarsi in animali.
Diresti con Churchill: “Gli italiani vanno a una partita di calcio come alla guerra e alla guerra come a una partita di calcio”?
Hai sempre citazioni fantastiche. No: la partita di calcio è una festa.
E la guerra?
Una schifezza.