Altalena Lazio: dalla disfatta alla rinascita... un film già visto

Pubblicato ieri alle 00.00
02.01.2017 07:20 di  Alessandro Zappulla   vedi letture
Fonte: Lalaziosiamonoi.it
Immagini di Mirko Borghesi
Immagini di Mirko Borghesi

L’altalena impazzita a cui la gestione Lotito ha costretto il club sino ad oggi, non ha mai lasciato intravedere un orizzonte sereno. Negli oltre dodici anni di ‘regno’ Lotitiano, mai si è potuto confidare in un percorso simile. Fare e disfare, sali e scendi, una consuetudine biancoceleste. Il 2016 è stato un anno dalla doppia faccia. L’esonero di Pioli e il naufragio di un percorso, battuto soltanto un anno e mezzo prima, ha rappresentato l’ennesimo scivolone nel vuoto. Alla mano di Inzaghi si è aggrappata fortemente la fiducia lacerata della squadra. Ha raccolto ed incollato con calma i pezzi di un ambiente in frantumi, dopo il clamoroso rifiuto di Bielsa. Oggi nella ribadita politica di gestione degli alti e dei bassi, la Lazio cavalca un’inattesa, quanto strabiliante risalita. Sono migliorate le prestazioni dei singoli, così come le prospettive dell’intero gruppo. Si chiude un anno difficile per i biancocelesti, che Lalaziosiamonoi.it passa al vaglio nel tradizionale Pagellone. Buona lettura!

LA SOCIETÀ

LOTITO Claudio: Non c’è più sordo di chi… – Con lui il fiato è sprecato verrebbe da dire. Il suo modus operandi (tanto per utilizzare la sua lingua preferita) è sempre lo stesso. Come un tiranno eremita, se ne sta sul colle più alto per scrutare quanto avviene a valle. Lo fa con sguardo attento, ma disinteressato. Non parla. A volte rilascia dichiarazioni a mezzo stampa. Sta sulle sue. Il suo unico obiettivo è tenere stretto a sé scettro e corona. Il presidente Lotito è tutto qui. Padre padrone. Proprietario più che punto di riferimento. Per lui la Lazio è azienda di famiglia (un giorno la lascerò a mio figlio…), più che il primo club della capitale. Per giudicare un patron di questa portata, bisogna concentrarsi su quel che più o meno ha prodotto per la società nell’ultimo anno. In ambito finanziario la Lazio è gestita alla stessa maniera da più di dodici anni. Non decolla e non può decollare, se non con la speranza di successi sportivi (vedi piazzamenti Champions). Le cessioni e le plusvalenze sono rimaste le uniche vie per alzare l’asticella degli introiti. Il mercato è e resta una fonte inesauribile per raddrizzare i conti, depauperato o quasi l’asso inflazionato dei diritti televisivi. Trovare partner finanziari è un’utopia, così come inspiegabilmente lo è diventata anche la ricerca di uno sponsor sulla maglia. A livello di immagine il presidente Lotito ha peccato fortemente. In estate ha guidato la nave contro l’iceberg Bielsa, noncurante del rischio di naufragare peggio del Titanic. L’incapacità nella vicenda va misurata nella ricerca di una figura totalmente opposta alla sua. El Loco è un uomo forte anche se stravagante e di un club pretende tutte le chiavi. Nessuno può obiettare, nessuno all’infuori di lui può comandare. Come sarebbe mai potuto resistere un binomio simile? La fortuna, miscelata all’opportunismo del momento, ha condotto Lotito a richiamare Simone Inzaghi, già praticamente a Salerno. Di lì in poi è storia nota. La Lazio è decollata, complice anche il buon mercato estivo (eccezion fatta per Luis Alberto e Moritz Leitner), ma questo rientra nella pagella di Igli Tare. Eccezionale l’intuizione di Angelo Peruzzi. Ora passa di nuovo a lui la palla nel calciomercato di gennaio. Basterebbe poco per lanciare all’intero ambiente un messaggio tanto atteso: “Sognare non è un reato…”. VOTO 5.5

TARE Igli: Sherlock Holmes - Detective biancoceleste. Parla poco, predilige i fatti. Come il personaggio letterario di Doyle lavora nell’ombra e sfugge agli occhi indiscreti. È sempre pronto a tirare fuori dal cilindro giocatori sconosciuti ai più, anche se a volte resteranno tali sino a fine campionato e questo, quando accade, è un problema. Al diesse laziale piacciono parecchio le scommesse, ma il rischio è che prima o poi alla roulette russa parta un colpo. Per lui, come per la Lazio, anno diviso a metà, per quel che concerne le valutazioni. Sua, come del resto della dirigenza (e ovviamente della squadra), è la colpa della disastrosa stagione passata (Bisevac su tutti: “Lo conosco da tempo: è il rinforzo che serviva…”, ma la storia ha detto altro). Non è mai scattato il feeling con El Loco. Non sapremo mai la verità, ma il dubbio resta sul suo operato, specialmente nel calciomercato di quelle settimane. Il dopo-Bielsa è stato un successo o quasi. Eccezion fatta per Leitner e Luis Alberto, che solo lui considera ‘importanti puntelli per la Lazio’ (Inzaghi non li utilizza mai), il Direttore albanese ha praticamente azzeccato tutto. Discreto l’innesto di Lukaku, buono invece l’acquisto di Bastos, ma soprattutto eccezionale l’intuizione Wallace e il colpo Ciro Immobile. Con questi ultimi quattro ha ripianato l’insufficienza del primo tratto del 2016. È così che Igli Tare assume i tratti del genio della lampada, tanto da trasformare il bronzo in oro. Con i suoi acquisti oltre ad alzare il tasso tecnico della rosa, crea i presupposti per nuove potenziali plusvalenze. Per i buoni propositi, il consiglio ricade sul potenziamento della squadra. Dare una mano a Simone Inzaghi dovrebbe diventare un diktat. Serve un attaccante per ampliare le alternative davanti. Dal punto di vista umano la speranza è che possa migliorare l’interpretazione dell’ambiente biancoceleste. La lettura dei rapporti resta un suo punto debole. VOTO 6.5

DE MARTINO Stefano: “Schiacciato nella morsa…” – Non cambia molto nella gestione della comunicazione della Lazio, nonostante ad agosto si gridasse alla rivoluzione. L’aria di mutamento che ventilava a Formello nel dopo-Bielsa ha investito anche questo ambito, ma con esiti gattopardeschi. De Martino, lato società, fu reo (secondo Lotito) di non aver imbrigliato al meglio la stampa romana in una conferenza estiva in cui i giornalisti scalpitavano per rivolgere domande al presidente. L’epilogo in quella occasione, fu una sala stampa praticamente svuotatasi a mo’ di protesta, durante l’orazione del patron laziale. L’onta non fu perdonata dal numero uno del club e, nella seconda metà del 2016, si ritrovò “punito” con la nomina di una figura nuova nel suo stesso campo: il Responsabile della Comunicazione e delle Relazioni esterne Arturo Diaconale. De Martino ha continuato con la sua professionalità a onorare il nuovo ruolo consegnatogli (Capo Ufficio Stampa e responsabile per la Tv, Radio e Rivista ufficiale), anche se apparentemente ridimensionato. “Non si muove foglia che Lotito…” Oggi, complice una Lazio da zona Champions, le interviste sono aumentate, ma solo per le solite due o tre testate nazionali. Il muro di cinta di Formello è sempre bello alto e robusto. Nessun sito, nessuna radio, nessun organo di stampa locale è riuscito a realizzare un’intervista. Questo evidenzia che le responsabilità non erano dunque tutte di De Martino, (ne eravamo certi). Decisioni dall’alto. Ordini di scuderia, a cui nemmeno l’Ufficio Stampa può porre rimedio. Aver creato in pochi anni tv, radio e rivista restano sicuramente un merito importante. Tra le sue virtù la costante presenza sul campo, come ottimo cuscinetto fra stampa e dirigenti. VOTO 6.5

DIACONALE Arturo: “Esordio impalpabile, ma c’è tempo per recuperare…” - È approdato alla Lazio trascinato dal vento di cambiamento a Formello nel dopo-Bielsa. Lotito lo ha nominato Direttore della Comunicazione, consegnandogli le chiavi del comparto stampa. Forte della pluriennale esperienza sul campo: come giornalista professionista, direttore di testata e uomo di spicco in Rai, ha trasmesso sin da subito l’idea di un forte miglioramento. Tuttavia dopo aver indetto conferenze  e rilasciato interviste piene zeppe di ottimi intenti, la sua mano poco ha inciso nelle relazioni esterne biancocelesti. Il vero gap della Lazio è sempre stato quello di comparire poco nel panorama mediatico nazionale, ignorando soprattutto rapporti con giornali ed emettenti locali. Seppur a livello di interviste qualcosa in più si è registrato (Rai, Mediaset e Sky), nulla o quasi è invece cambiato con la comunicazione locale. Un club importante lo si riconosce anche dalla capacità di distinguere il valore delle testate che lo circondano. La qualità, la puntualità e soprattutto l’onestà intellettuale di chi racconta le gesta di una squadra vanno premiate, ma alla Lazio non funziona così. Un Direttore della Comunicazione deve avere pieno potere decisionale o quasi, altrimenti si rischia la figura del ministro senza portafoglio. Nella “vicenda Lulic” è stato tardivo come il resto della società nell’agire a tutela dell’immagine della Lazio. È esperto, ma paga ancora lo scotto del debutto in un club di Serie A. Occorre fare di più. VOTO 5

GLI ALLENATORI

INZAGHI Simone: Tirocinio e posto fisso - Avete presente quando dopo anni di stage, tirocini ed esperienze varie, arriva finalmente quella tanto agognata chiamata per la promozione. No? Effettivamente non è capiti così spesso, soprattutto di questi tempi. Ma è quello che è successo a Simone Inzaghi, allenatore della Lazio dopo anni passati nel settore giovanile in attesa proprio di quella chiamata. E la cosa curiosa è che il suo 2016 gliene abbia riservate addirittura 2, alle quali ha risposto sempre tempestivamente, risolvendo problemi. La prima lo scorso aprile, quando la sconfitta con la Roma è costata il posto a Pioli: mancavano solo 7 partite, serviva un traghettatore che conducesse la Lazio al termine di un campionato al quale ormai non rimaneva più niente da chiedere. La Lazio per ripartire cercava altro: in estate sono stati sondati i profili di Mihajlovic, Ventura, Sampaoli, Prandelli e, sopratutto, Marcelo Bielsa. È lui, “El Loco”, il prescelto: Lotito è disposto ad accontentarlo su tutto pur di portarlo a Roma. Peccato però che non sia riuscito ad assecondare nei tempi previsti i desideri di mercato dell’argentino, che senza pensarci troppo ha deciso di dare una buca clamorosa non presentandosi al ritiro. E lui è rientrato a Formello con la stessa smorfia del signor Wolf, quello che risolve i problemi. In 5 mesi ha trasformato i fischi in applausi, i problemi in opportunità. E ha chiuso il suo 2016 al quarto posto in classifica, frutto di 10 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte. Certo, si tratta ancora dell’ultima parte del tirocinio. Ma il tanto atteso posto fisso è proprio lì dietro l’angolo. E Inzaghi ha faticato troppo per lasciarselo scappare sul più bello. VOTO 7.5

PIOLI Stefano: Vendetta senza rancore - Il 2016 biancoceleste, ahinoi, l’ha chiuso lui. Proprio lui, l’ex con cui hai rotto i rapporti in un tardo pomeriggio burrascoso primaverile. Ma a cui, in fondo, sei ancora legato per affetto e gratitudine. Le strade di Pioli e della Lazio sono rimaste separate per 262 giorni, da quel comunicato ufficiale del 3 aprile che annunciava l’esonero del demiurgo dell’ormai leggendario “terzo posto”. I biancocelesti uscivano con le ossa rotte da un derby mefitico, l’ultimo ingiusto atto per un allenatore capace di trasformare lo scetticismo in applausi. Pacatezza, umiltà, eleganza e gusto estetico per il bel calcio: Stefano Pioli da Parma è entrato in punta di piedi nel mondo Lazio, garantendosi un eterno posto d’onore nella storia del club più antico della Capitale. Il 2016 biancoceleste di Pioli, in realtà, è stata una sinistra passerella da dead man walking. “Al prossimo passo falso sarà addio”, era il sentore comune all’alba del nuovo anno. Alla fine, il cordone ombelicale verrà reciso solamente dopo 19 partite. Duecentosessantadue giorni dopo, dicevamo, il rendez-vous con il suo passato: il 3-0 con cui la sua Inter ha riportato con i piedi per terra la “sua” Lazio è una vendetta senza troppi sassolini da togliere dalla scarpa. È andata così e nell’era lotitiana forse non sarebbe potuta andare diversamente: “Storicamente la Lazio fa una stagione buona e l'altra meno”, ha sintetizzato nella conferenza alla vigilia dell’incontro. Un’analisi elaborata da chi conosce bene l’ambiente, una sentenza che non ha risparmiato il diretto interessato. Se a Formello la volontà è quella di crescere davvero, insieme al suo erede Inzaghi, ripartire da qui è obbligatorio. Per non far sì che quella frase si trasformi, ancora una volta, in un disilluso presagio. VOTO 4.5

LA SQUADRA

PORTIERI

BERISHA Etrit: Non chiedo mica la luna - Inizia il 2016 da protagonista: complice l’infortunio di Marchetti, gioca tutti i primi impegni del nuovo anno (Coppa Italia inclusa), aiutando la squadra a mettere in fila 5 risultati utili consecutivi. Prestazioni convincenti e parate, però, non bastano a spingere Pioli a puntare su di lui. Con Federico fuori dai box, per l’albanese non c’è più spazio. Un’ultima apparizione a febbraio contro il Sassuolo, poi il nulla. Ad agosto, dopo il primo storico Europeo dell’Albania e le vane promesse di Lotito di consegnargli la maglia da titolare, decide di cambiare aria. Destinazione Bergamo, dove Etrit pare abbia finalmente trovato quello che cercava. Altro che la luna, solamente un po’ di… spazio. E un allenatore che crede in lui. VOTO: 5.5 (7 con l'Atalanta)

MARCHETTI Federico: Luna calante – C'era una volta un numero uno, di nome e di fatto, che tra riflessi felini e colpi di reni incredibili era capace di strappare anche 'applausi avversari' (o insulti, tipo Auriemma a Napoli). Un portiere che aveva escogitato la sua vendetta per le critiche post Mondiale 2010 a suon di prestazioni in maglia biancoceleste. Due anni super con l'aquila sul petto, poi il lento declino, intervallato da pochi e sporadici acuti. Un rendimento troppo altalenante per chi tenta ancora di conservare i galloni da grande portiere. Il rigore parato contro la Fiorentina non può risollevare le sorti di un'annata in cui non ha mai svolto il ruolo di salvatore della patria. È questa forse la critica maggiore attribuibile all'estremo difensore di Bassano del Grappa: il tentativo di inquadrarlo ancora come un portiere di alto livello, stride in maniera evidente con il rendimento degli ultimi 12 mesi. Mancano quelle parate che "ti tengono in vita" quando tutto sembra perduto e che cambiano l'inerzia della gara. Se vogliamo invece rassegnarci all'idea che sia ormai un portiere normale, a quel punto ci rimangiamo il pistolotto di cui sopra. VOTO: 5

STRAKOSHA Thomas: Ci credi al lieto fine? - Nessuno, nemmeno lui, si sarebbe aspettato un 2016 così incredibilmente diviso in due fasi. Il suo anno è un film a lieto fine. Nella prima parte era componente fisso della panchina della Salernitana: Menichini gli preferiva Terracciano tra i pali e, delle 10 presenze in serie B, 9 sono arrivate nel 2015. Una sola comparsa a febbraio, poi il troppo timore, la poca fiducia nei propri mezzi e quel credere in se stesso che gli cominciava a mancare. A giugno il ritorno alla Lazio, quasi rassegnato a un nuovo prestito o al ruolo di terzo. Con Inzaghi che lo conosce bene, l’albanese si allena, si impegna, para. Determinato in allenamento, viene confermato in rosa. Le gerarchie sembrano chiare a tutti: Marchetti primo, Vargic secondo, Strakosha terzo. Il copione viene stravolto a San Siro: il titolare si ferma per un problema al polpaccio, al suo posto Inzaghi sceglie il 21enne albanese. Nonostante l’emozione, Thomas si fa trovare pronto. Da lì in poi la strada è in discesa: chiude il 2016 con 6 presenze in Serie A. Il futuro ora è più luminoso, c’è aria di rinnovo: sta bene alla Lazio ed è pronto per il grande sequel, chissà se da attore protagonista. Il duro lavoro paga sempre, l’anno di Strakosha ne è la conferma. VOTO 6.5 (5.5 con la Salernitana)

VARGIC Ivan: UFO (Unidentified Flying Object) - È l'unico acquisto della sessione estiva del calciomercato a non aver ancora esordito in gare ufficiali. Il portiere croato è arrivato a giugno dal Rijeka e si è messo a disposizione di Inzaghi. Le sue prestazioni in allenamento non hanno catturato il tecnico. Dopo la partenza di Berisha, sembrava destinato a occupare il ruolo di secondo. Le cose sono andate in modo diverso: a San Siro, prima della gara con il Milan, viene sorpassato da Strakosha per sostituire Marchetti. Il mister utilizzerà la scusa della lingua, ma la realtà è un'altra: bocciatura. Torna in campo con la maglia della Nazionale, con cui ha disputato (senza giocare) l'Europeo in Francia. A novembre gioca otto minuti nella vittoria contro l'Irlanda del Nord. Il croato spera di trovare più spazio nel 2017. VOTO ng

DIFENSORI

BASTA Dusan: Basta infortuni... - Un 2016 travagliato. Una prima parte di annata condizionata da tanti infortuni muscolari e una seconda sul campo a lottare con il coltello tra i denti insieme ai suoi compagni. I problemi di pubalgia e al polpaccio del 2015 condizionano i primi mesi dell'anno nuovo. Appena quattro presenze (tre in Serie A e una in Europa League, ndr) fino ad aprile sono una miseria per uno come lui abituato agli straordinari sull'out di destra. Recupera per il finale di campionato e, con l'avvento di Inzaghi, mette insieme altri cinque gettoni per un totale di nove. Inizia decisamente meglio la nuova stagione tornando a essere tra i protagonisti. Il mister di Piacenza lo lancia anche come centrale di destra nella difesa a tre e l'ex Udinese non dispiace nemmeno nella nuova veste. Tuttavia quello che gli riesce meglio sono le percussioni e i cross dal fondo, che in due circostanze regalano anche assist preziosi. Dusan è tornato e in totale sono tredici le presenze da agosto a dicembre per uno dei senatori della giovane Lazio creata da Inzaghi. VOTO 6

BASTOS Bartolomeu Jacinto Quissanga: Dalla Russia con furore - "Bastos chi? Un centrale angolano preso dal Rostov. Quanto ha speso la Lazio per portarlo a Roma? 4.5 milioni di euro. Non sembra un rinforzo adeguato". Questo è stato il pensiero di molti, ma c'è voluto poco a Bastos per mettere a tacere tutte le critiche. La scorsa stagione in Russia ha disputato la bellezza di 26 partite realizzando 3 reti. La squadra è arrivata al secondo posto in Premier Liga, cosa che gli ha permesso anche di giocare nei preliminari di Champions League. Proprio fra la gara di andata e ritorno, il giocatore si trasferisce alla Lazio: il richiamo della Serie A è stato più forte dell'inno di Tony Britten. Il debutto con i capitolini è da incorniciare, non tanto per il risultato, ma per la sua prestazione. I biancocelesti si arrendono alla Juventus, ma Bastos ha letteralmente giganteggiato, annullando un certo Gonzalo Higuain. Dopo la Juve, l'angolano si è preso la Lazio, fino alla sesta giornata. Un infortunio muscolare al flessore gli ha fatto saltare 6 sfide di campionato. Durante la sua assenza è salito in cattedra il compagno di reparto Wallace. Questo gli è costato il posto. Inzaghi dovrà stare attento, perché uno come Bartolomeu Jacinto Quissanga può fargli saltare le attuali gerarchie nel reparto arretrato. Ben vengano questi problemi, sia chiaro. VOTO: 6.5

BISEVAC Milan: Antipatico – L’ennesimo carneade sbarcato a Formello. Sconosciuto ai più e con poche presenze registrate negli ultimi anni, complice la solita grana infortuni. Qualcuno sembrava anche rimpiangerlo dalle parti di Lione alla notizia della sua cessione alla Lazio lo scorso gennaio. Una voce che aveva creato buoni propositi, al netto della grande emergenza difensori della passata stagione. Una buona prova alla prima contro la Juventus in Coppa Italia (gara in cui arrivò comunque una sconfitta), poi una serie di orrori, culminati nella pessima prestazione nel derby e accompagnati da un atteggiamento piuttosto distaccato nei confronti dell’ambiente biancoceleste. In occasione della visita all'Istituto Comprensivo Parco della Vittoria per l’iniziativa ‘La Lazio nelle scuole’, il serbo infatti pensò bene di non rispondere alle domande dei bambini, negandosi anche alla consueta foto di gruppo. Una pessima scelta, come quella della società di acquistarlo nel mercato invernale. Il gol realizzato al Carpi nella penultima giornata dello scorso campionato serve poi soltanto alle statistiche. Dimenticabile e dimenticato. VOTO: 3

BRAAFHEID Edson: “Sono un ragazzo sfortunato” – La scorsa stagione alla Lazio non ha trovato lo spazio desiderato. L'interrogativo degli addetti ai lavori: perché gli è stato rinnovato il contratto? Dopo gli infortuni Edson è tornato in forma ma non in campo. Per lui, nell’ultimo periodo in biancoceleste, solo tante panchine. Poi in estate i saluti, diretta conseguenza della stagione trascorsa ai margini, e un ritorno alle origini. Lì dove tutto è iniziato, lì dove il 3 ottobre 2003 faceva il debutto tra i professionisti: l’Utrecht. Nuova squadra, nuova vita. Sì, ma stessa sfortuna. Le presenze in campo con il club olandese si esauriscono in 59’, poi la dea bendata colpisce ancora. Lacerazione parziale del tendine d’achille, il che si traduce con stagione finita ancor prima di essere iniziata. Braafheid dovrà rimanere lontano dal prato verde per 307 giorni. Un terzino affidabile, che sa difendere ed attaccare, un giocatore di esperienza su cui poter contare, ma quanta sfortuna! VOTO 5

DE VRIJ Stefan: Non so stare senza teChi non ha sentito la sua mancanza alzi la mano? Nessuno fiata, c’è anche ci abbassa la testa. È Stefano Pioli. Che dopo aver rinunciato all’olandese per tutto il girone d’andata, ha ricevuto come sostituto un certo Milan Bisevac. Guai dimenticarlo. Il serbo è arrivato a Roma per rimpiazzare l’unico top player della rosa biancoceleste. Tutti ricordano come è andata. Il peggio a inizio aprile: la Lazio che naufraga nel derby, quanto manca de Vrij. Poi il ritorno. Ad Auronzo Stefan fatica un po’, il fastidio al ginocchio non è ancora assorbito del tutto. Ma l’impressione è che il ragazzo nato a Ouderkerk, anche al 50% delle sue possibilità, valga più di tutti i difensori a disposizione di Inzaghi. Dove non arriva il fisico arriva la mente. Sempre un passo avanti, legge tutto in largo anticipo. Nell’uno contro uno, poi, è il solito muro celeste. Per i compagni è una certezza, per Inzaghi pure. E se non fosse per quella frattura al metatarso il tecnico non farebbe mai a meno di lui. Il modulo cambia, gli interpreti anche. Tranne de Vrij. Tranne nel derby, purtroppo. E, ripensando all'errore di Wallace, rimane uno dei pochi errori del tecnico. Che alla seconda giornata si regala il primo e unico gol del 2016. Se la Lazio chiude l’anno al quarto posto è anche, o soprattutto, merito suo. Tutto sembra andare per il meglio, ma c’è un rinnovo di contratto che non arriva. L’accordo scade nel 2018 e in Premier League c’è la fila di club che lo vorrebbero al centro della difesa. La società è in ritardo, deve correre ai ripari al più presto. Perché questa Lazio, senza de Vrij, non sa stare. VOTO 6.5

GENTILETTI Santiago: Fuori dai radar - Doveva essere il compagno di de Vrij. E invece, orfano del compagno olandese, il difensore argentino non riesce a prendere sulle spalle la difesa della Lazio. L'infortunio rimediato due anni fa contro il Genoa spazza via i bei ricordi, le immagini delle belle prestazioni contro Cesena e gli stessi rossoblù sono sempre più sbiadite. Il 2016 di Santiago si apre tribolando dietro un infortunio alla coscia. Poi è tempo di preoccuparsi ancora del ginocchio. Alla fine della stagione, si ritrova titolare durante sei sfide delle ultime sette al comando di Inzaghi. Con l'incertezza e la rugginosità di chi, il campo, non lo vede da quattro mesi. Lontano dai piani del club, fatto fuori dai gusti del promesso sposo Bielsa, in estate il Genoa decide di investire sull'argentino. Peccato che l'affare dei liguri si dimostri un eclatante buco nell'acqua: Santiago siede in panchina, finora è stato chiamato in causa appena tre volte. Dopo due stagioni travagliate, a Marassi il bel ricordo rimane quel gol, con la casacca biancoceleste, rifilato alla Sampdoria. Nessun riscatto, per il centrale: ripartire da Genova non sembrava così difficile. Ed è troppo poco per meritarsi la sufficienza. VOTO 4.5

HOEDT Wesley: Maturando… - Negli ultimi 6 mesi dell'anno ha effettuato un'inversione a Hoedt rispetto alla passata stagione, in cui è affondato con tutta la difesa biancoceleste. Ma l’olandese non ha mollato, anzi, ha rilanciato con Inzaghi e soprattutto con il suo connazionale Stefan de Vrij al suo fianco. Titolare, belle prestazioni, il giocatore è cresciuto. Poi finisce fuori dai radar: in difesa ora c’è l’imbarazzo della scelta. Da titolare a terza riserva nonostante i passi in avanti mostrati in ogni partita. Poche sbavature, più tattico, preciso, attento. Gli manca ancora qualcosa per guadagnarsi i gradi di titolare inamovibile. La stoffa però c’è, può migliorare ancora. VOTO 6

KONKO Abdoulay: Il miglioramento prima dello svincolo… - Negli ultimi 6 mesi di Lazio sembra essere un altro giocatore: un unico infortunio in quel di Praga e addirittura il ritorno contro i cechi giocato in condizioni deficitarie. Una striscia di ben 15 presenze consecutive (tra campionato, Coppa Italia ed Europa League), 20 su 26 partite totali, e grande duttilità tattica: prima soffia la maglia da titolare a Basta sull’out destro, poi chiude la stagione come terzino sinistro a causa dei numerosi infortuni dei compagni. Un rendimento di qualità al netto di una buona affidabilità a livello fisico che, dai margini della rosa biancoceleste, lo fa diventare un elemento essenziale sia con Pioli che, nelle ultime 7 partite della stagione, con Inzaghi. Ad un certo punto si parla anche di prolungamento del contratto, con Lotito che ammette: “Gli ho proposto il rinnovo, è resuscitato tutto insieme”. L’inizio dell’estate e la querelle Bielsa fanno calare il silenzio sul francese, che il 30 giugno si svincola nonostante la sua volontà di rimanere in biancoceleste. Il 19 agosto firma per l’Atalanta chiudendo la sua esperienza di 5 anni nella Capitale. VOTO 6.5

LUKAKU Jordan: In attesa di esplodere - Titolare quasi inamovibile dell’Ostenda e 75’ di Europeo. È solo la parte più recente del curriculum con cui il belga si è presentato ai cancelli di Formello il 21 luglio. Dal torneo di Viareggio in cui, con la maglia dell’Anderlecht, aveva fatto venire un bel mal di testa al dirimpettaio Pollace, Tare gli aveva messo gli occhi addosso e non lo ha più mollato. Le lunghe treccine che sfrecciano veloci quando c’è da correre sulla fascia sinistra. Il fisico quando c’è da difendere. Un terzino completo con il calcio nel DNA (padre, fratello e pure suo cugino più giovane sono calciatori). Che il 2017 possa essere per lui l’annata dell'esplosione. VOTO 6

MAURICIO Dos Santos Nascimento: Insalata russa - Con la Lazio una prima parte del 2016 da protagonista. Ma solo per minutaggio. Decisivi i tanti infortuni che hanno colpito la rosa biancoceleste. Su tutti quelli di Gentiletti e de Vrij. La squadra di Pioli non riesce mai a ritrovare una solidità difensiva. E il difensore di San Paolo ha le sue responsabilità. Errori gravi, una media voto perennemente insufficiente e quel poco invidiabile record di cartellini. Che gli vale l’appellativo di “brasiliano più indisciplinato d’Europa”. Dopo l’esonero di Pioli, trova poco spazio con Inzaghi alla guida. In estate poi l’addio dalla Capitale. “Ho lottato in tutte le partite. Ho giocato con costole e naso rotte, sempre con onore e orgoglio. La Lazio mi ha fatto crescere molto, resterà sempre nel mio cuore”. Il grande impegno di certo non gli si può contestare. Uno spirito di sacrificio con cui appiana limiti tecnici e si prende tutti i rischi del caso. L’approdo nella fredda Russia riesce però anche a spengere la foga dell’impulsivo Mauricio. L’ex Sporting si redime e prende “solo” quattro gialli. Provvedimenti disciplinari a parte, a Mosca rinasce. Centrale o terzino, il classe ’88 è uno dei punti fermi della squadra di Massimo Carrera. Lo Spartak capolista del campionato. A Groznyj trova anche il gol che consente l’allungo in classifica sullo Zenit. Una nuova vita e un riscatto del cartellino dalla Lazio ora più che possibile. Redivivo. VOTO 5 (7 con lo Spartak Mosca)

PATRICÌO Gabarron: Crescere è una questione di mentalità - Due Patric divisi da una data. Il 3 aprile 2016 è il punto di rottura tra giocatori diversi con lo stesso nome sulla maglia. È il giorno del derby perso 4-1 con prestazione disastrosa, seguito da esonero di Pioli e arrivo di Inzaghi: tre elementi di determinante importanza che spingono lo spagnolo a voltare pagina. Negli ultimi 9 mesi dell’anno appena trascorso si è visto un terzino completamente differente da quello che aveva fatto gelare il sangue ai tifosi nella sua prima stagione in biancoceleste. “Patric, sei tu?”. A qualcuno il dubbio è venuto vedendo la versione inzaghiana del terzino spagnolo. Con il mister ex Primavera il numero 4 biancoceleste ha cambiato regime, mostrando una sicurezza che mai si era vista con Pioli. Corre, lotta, difende: da aprile in poi lo spagnolo ha cambiato mentalità e sta affrontando un percorso di miglioramento continuo. La titolarità non è ancora arrivata: c’è sempre Basta in cima alle gerarchie di Inzaghi, ma Patric si sta facendo spazio. Come se fosse l’ultimo anno di laurea: ci sono esami che non si possono più fallire. VOTO 6

PRCE Franjo: In dolce ascesa – Il 2016 del difensore croato si apre in granata. Dopo aver convinto con la Primavera di Simone Inzaghi ed essersi aggregato per qualche mese con la prima squadra, la Lazio decide di fargli fare un po’ le ossa in Serie B e a gennaio arriva per lui il prestito alla Salernitana. Peccato che di quel campionato Franjo abbia conosciuto solo la panchina e l’infermeria. In estate la rinascita e il riscatto. Prima il ritiro estivo con la Lazio dei grandi e poi il 23 ottobre il tanto atteso e sperato esordio in Serie A con la maglia biancoceleste. Si giocava Torino-Lazio e Prce entrava nei minuti finali per sostituire Felipe Anderson. Che possa essere l’inizio di una dolce ascesa per il classe ’96 di Čapljina. VOTO 6 (ng con la Salernitana)

RADU Stefan: Sempre in prima linea - Nove anni di Lazio, da Formello ha visto passare chiunque. Allenatori, fenomeni o meteore, il terzino romeno si è consolidato come l'unica vera certezza di questa Lazio anno dopo anno. Gli ultimi dodici mesi hanno visto una notevole crescita nelle prestazioni del buon Stefan. La solita grinta unita a una disciplina tattica finalmente conquistata. Infortuni permettendo. Nel 2016 sono stati 186 i giorni in cui è rimasto ai box, i guai muscolari sono sempre stati il fattore determinante ad impedirgli di arrivare al top. Poi i gol e l'amore per una maglia che sente cucita addosso. Un patto d'acciaio con Inzaghi nella nuova stagione, compagno di squadra prima e da sempre amici sotto il segno dell'aquila. Difensore eclettico e all'occorrenza goleador. Nell'ultima parte del 2016 è andato in gol due volte, ne sanno qualcosa Pescara e Fiorentina. Da terzino o da centrale Inzaghi non ci rinuncia mai. Perché da nove anni ad oggi è la certezza di questa Lazio. VOTO 6.5

WALLACE Fortuna: "Wally", il Principe di Bel-Air - Nel suo nome ha due parole: "muro" e "asso". Non può essere un caso: ha bloccato i centravanti avversari come carta calata a sorpresa da Inzaghi. Partito dietro a Bastos, ha sfruttato lo stop del compagno per sorpassarlo nelle gerarchie difensive. In questi mesi è stato l'incubo degli attaccanti. Purtroppo anche il sogno di Strootman: quella leggerezza nel derby, così pesante, incide su una valutazione che poteva essere decisamente migliore. È la sua prima stagione in Italia eppure gioca con la malizia del veterano. Sbaglia con la Roma e la settimana dopo scende in campo come se non fosse successo nulla. Sorride e gli scivola il mondo addosso. Ha capito una cosa: con un fisico del genere non bisogna aver paura di marcare nessuno. Che la sicurezza non si trasformi più in incoscienza per la salute di tutti. VOTO 6.5

CENTROCAMPISTI

ANDERSON Felipe: “Volere è potere. Ma vuoi?” - Poteva chiudere l'anno col botto proprio come due anni fa, quando stregò San Siro con una doppietta e iniziò a trascinare la Lazio verso un insperato terzo posto. Stavolta il suo slalom non è stato a lieto fine, e non a caso i biancocelesti hanno lasciato Milano con tre gol sul groppone. A pensarci bene è l'immagine del suo 2016, fatto di giocate risolutrici e inspiegabili passaggi a vuoto, applausi scroscianti e critiche più che giustificate. La sensazione è sempre la stessa, quella di ammirare un talento smisurato quasi sempre in potenza e raramente in atto. Sensazione che nella prima parte del 2016 è stata una costante, con il brasiliano tra i primi ad affondare nella disastrosa stagione del Pioli bis. Nessuna sorpresa, si è ormai capito che per esprimersi al meglio ha bisogno di essere circondato da un ambiente a pressioni zero. L'arrivo di Inzaghi non sembrava aver migliorato le cose, il tecnico piacentino lo utilizza solo due volte dal 1' nelle ultime 7 partite di campionato. In estate ecco la convocazione per i 31° Giochi di Rio de Janeiro da parte del ct della Selezione olimpica brasiliana Rogério Micale. Felipe – schierato mezzala - non brilla neanche qui, gioca le prime da titolare e i verdeoro non vanno oltre due deludenti 0-0 con Sudafrica e Iraq. Poi s'accomoda in panchina (gioca 22' in semifinale e 50' nella finale con la Germania terminata ai rigori) e la Seleção U23 fa 4 su 4 mettendosi al collo la medaglia d'oro. Ma quel successo lo sente giustamente anche suo. La nuova annata mette in mostra un Felipe più concreto, Inzaghi torna a puntarci e il brasiliano lo ripaga con 8 assist e 2 gol nelle 17 presenze sin qui disputate. Un bottino niente male, ma quella sensazione che potrebbe fare sempre di più non se ne va mai, soprattutto nelle partite che contano – vedi derby – dove è solito eclissarsi. E non c'entra nulla il ruolo, la difficoltà di coprire l'intera fascia è un falso problema. Dipende tutto dalla sua testa, dalla sua volontà, dalla sua consapevolezza. Se vuole, con i mezzi che si ritrova, può decidere le partite da solo in qualunque zona del campo agisca. Ma a questo punto la domanda è: Felipe, vuoi? VOTO 6.5

BIGLIA Lucas: Vietato accontentarsi - Per Simone Inzaghi è semplicemente essenziale: "Biglia è il nostro punto di forza. È il nostro capitano e lo aspettiamo". Sarà per questo che gli infortuni dell'argentino sono una tegola pesantissima per chi occupa la panchina della Lazio. E sarà anche per questo che il regista argentino è solito tentare recuperi lampo. A volte facendo anche peggio (vedi gli otto minuti contro l'Empoli che bastano e avanzano per procurargli una bella lesione muscolare). Gli infortuni, d'altronde, scandiscono la cronistoria dell'anno di Lucas: talmente essenziale da essere irrinunciabile per la Lazio, talmente essenziale da constringersi a ritmi da stacanovista. Ma quando anche i fastidi sono ormai alle spalle, risollevare le sorti di una squadra irrimediabilmente compromessa dall'eliminazione in Europa League è una missione impossibile. La stagione scivola nell'anonimato, l'estate non permette al centrocampista di rifiatare: vuole giocare a tutti i costi la Coppa America, nemmeno l'ennesimo infortunio rimediato alla vigilia della competizione riesce a fermarlo. Peccato sia solo il prologo di una nuova delusione in finale, stavolta contro il Cile. Si volta pagina e si torna a Roma, via i rumors di mercato: largo, piuttosto, a quelli sul rinnovo. Il centrocampista torna a essere il perno della Lazio. Ciò che manca è la costanza. A fare da contrappeso alle belle sfide - vedi Fiorentina - ci pensano gare da dimenticare come quella con l'Inter. I momenti delicati si fanno ancora più complicati, se a eclissarsi è il capitano. VOTO 6

CANDREVA Antonio: Moscio - Si è "ammosciato" di botto, per sua stessa ammissione, come la fascia da capitano caduta dal suo braccio senza esserci mai stata. Ha rifiutato il ruolo di "vice" proposto da Pioli quando per lui, a conti fatti, sarebbe stata una promozione. La leadership nasce spontanea, con il carisma, rimanendo "duro" anche quando le cose vanno male. Non si conquista lo spogliatoio con 12 gol segnati (quasi tutti nel girone di ritorno) o calciando ogni punizione. La metà biancoceleste del suo 2016 - unita alle dichiarazioni post-cessione - non fa altro che legittimare la scelta dell'ex allenatore della Lazio. Ora sono di nuovo insieme, Stefano e Antonio, i loro addii sono legati: le scelte dell'uno (giustificabili) hanno portato all'invidualismo dell'altro, l'individualismo dell'altro ha comportato i risultati negativi dell'uno. A Milano sembrano aver ritrovato l'armonia di un tempo, quella degli inni cantati insieme, non dei poteri rivendicati. A saperlo che sarebbe bastato intonare "Pazza Inter" a Formello... Ma importa poco: tanto ormai, per la scorsa disastrosa stagione, non si può fare più niente. VOTO 5

CATALDI Danilo: Corrente alternata - Un anno ad intermittenza, come una lampadina che vuole continuare a fare luce ma che deve fare i conti con una corrente alternata. Non è stato semplice, il 2016 di Danilo Cataldi: difficile confermarsi dopo un 2015 fatto di emozioni forti, difficile togliersi di dosso quell’etichetta di giovane promessa troppe volte così ingombrante. Soprattutto quando i minuti a disposizione sono pochi e le malelingue pronte a condannare ogni singolo errore. Eppure, dopo quel primo gol in campionato contro il Chievo, tutto sembrava potesse essere più semplice. Pioli, però, lo usa con il contagocce, Inzaghi solo ad intervalli irregolari. Nel finale della scorsa stagione gli viene preferito Onazi, all’inizio di quella nuova Milinkovic. Mai una parola fuori posto, però. Prova a rispondere sul campo, cercando di abbinare qualità e quantità: la grinta è quella del laziale. Se n'è accorto il ct Ventura, che l'ha convocato in Nazionale (senza farlo esordire). Un motivo d'orgoglio. Sperando che il 2017 porti più minuti. E a corrente continua. VOTO: 6

LEITNER Moritz: Chi l’ha visto? - Un prospetto del calcio tedesco con tutta la trafila delle nazionali giovanili alle spalle (under 19, 20 e 21) e uno sponsor d’eccezione come Klopp che se ne innamora portandolo al Borussia Dortmund. Eppure Leitner sembra non mantenere mai le promesse: dopo il prestito allo Stoccarda nella scorsa stagione torna a Dortmund e dopo 6 mesi trascorsi con la seconda squadra, Tuchel lo promuove in prima dove colleziona soltanto 9 presenze da comprimario. In estate Tare ci punta sperando che l’aria di Roma lo aiuti a sbloccarsi, ma l’inizio non è dei migliori: 20 minuti, recuperi compresi, in sole 2 apparizioni in campo. Inzaghi in mediana ha tanta scelta, è vero, ma anche quando si è trovato in difficoltà ha preferito inserire un giovanissimo come Murgia. Finora ha sempre pagato il peso delle aspettative sulle sue spalle, chissà che questa volta una partenza così anonima non lo aiuti ad uscire fuori alla distanza. Sia Lotito che Inzaghi se lo augurano, in caso contrario rivolgersi a Federica Sciarelli. VOTO ng

LULIC Senad: Il jolly tuttofare – Un anno intenso per il bosniaco che vede cambiare due allenatori, non la sostanza. Terzino sinistro, mezzala, tornante o ala, Senad sa fare tutto e sia Pioli che Inzaghi non rinunciano a lui. Un avvio di 2016 in salita dopo la frattura della falange della mano, ma il numero 19 torna a Bologna e trascina i suoi al pareggio. La Lazio gli è entrata dentro e così a gennaio rinnova il suo contratto fino al 2020. Le aquile faticano, lui resta tra i più positivi. Non ci sono solo luci in questi dodici mesi. In estate un diverbio in allenamento con Keita accende l’ambiente dalle parti di Formello. Gli animi si calmano, i due si chiariscono e la giovane Lazio di Inzaghi spicca il volo. Lulic è tra i senatori di una squadra giovane e affamata che forma un gruppo affiatato che inanella risultati utili in serie. Il momento più delicato arriva con le polemiche post derby: 20 giorni di squalifica per la frase sui calzini contro Rudiger. Salterà la prima del 2017 contro il Crotone, un vero evento visto che non ha giocato solo la prima contro l’Atalanta per problemi fisici. Lulic non ha intensione di fermarsi. VOTO 6.5

MAURI Stefano: Capitan passato - L'uomo spogliatoio per eccellenza. Un punto di riferimento per i senatori, un fratello maggiore per i più giovani. L'amore per la Lazio e l'attaccamento alla maglia fanno il resto. Non è stato un anno facile: dall'addio ai colori biancocelesti alla 'disoccupazione'. Anche se non ha mai smesso di desiderare il ritorno sul campo. "Mi aspettavo un altro tipo di comportamento da parte della società ma non mi sento tradito. Il campo mi manca tantissimo". Parola di chi ci ha messo sempre tutto, anche la faccia. Nei momenti più critici è stato uno dei pochi (se non l'unico) a presentarsi davanti a microfoni e telecamere. Un esempio per molti. Non solo tra i giocatori. VOTO 6

MILINKOVIC-SAVIC Sergej: Predestinato - Si narra che due giovani Dei, Milinkovic e Savic, passarono un giorno allo stadio dei marmi e soffiarono il loro amore per il calcio nella statua più alta e imponente. "Lo chiameremo Sergej!". Gli diedero il doppio cognome: uno per la forza, l'altro per la tecnica. Le divinità accorsero per donargli le loro migliori doti: la "sfrontatezza", il "coraggio", il "fisico", il "colpo di testa". Decisero di aggiungere un pizzico di "distrazione": "Così nessuno capirà le sue origini". E fu così che il ragazzo, predestinato dalla nascita, si trasformò a soli 21 anni in uno dei più promettenti centrocampisti dell'Olimp(ic)o. Con qualche sbavatura qua e là, vedi San Siro e la palla persa sul pressing di Banega. Simone Inzaghi, ex bomber degli immortali del 2000 e ora allenatore della Lazio, l'ha promosso a titolare inamovibile dopo i primi mesi di apprendimento. 3 gol, 4 assist e un milione di spallate in questa stagione. Il resto è leggenda. VOTO 7

MORRISON Ravel: Incorreggibile – Cos’altro aggiungere sul Peter Pan di Manchester. La scintilla con Roma e con i colori biancocelesti non è mai scoppiata. Ma non è certo questo il problema. L'inglese non ha mai provato a scrollarsi di dosso l’etichetta di bad boy, gettando alle ortiche le tante opportunità avute fino ad oggi e l’indiscusso talento che da sempre gli viene riconosciuto. L’ex West Ham in quasi due anni nella Capitale è rimasto un oggetto misterioso: solo quattro presenze registrate, peraltro tutte nella passata stagione, più un infinito bighellonare tra Italia, Inghilterra e Barcellona (con tanto di foto al Camp Nou postato in bella vista su Instagram), con fughe più o meno approvate dalla società. L’eterna promessa mai sbocciata. A gennaio saluterà definitivamente la Lazio per la sua amata patria (si parla di Hull City). Per molti inguaribili romantici avrebbe dovuto raccogliere l’eredità di Gascoigne, per provenienza, sprazzi di follia e qualità. Verrà ricordato soltanto come l’ennesimo cliché del talento sprecato, ma in chiave moderna. VOTO: ng

MURGIA Alessandro: La mejo gioventù - L'ultimo anno con la Primavera, poi il salto in prima squadra. Da fuoriquota a essere il più giovane in rosa. Inzaghi decide che è il caso di puntare su di lui per la stagione 2016-2017, senza fronzoli. E così è stato: sono già 6 le presenze (tutte a gara in corso) del centrocampista con la Lazio dei grandi. Il giorno più bello del 2016 di Murgia? Sicuramente il 23 ottobre, pomeriggio in cui gli sono bastati 11 minuti per siglare la rete del momentaneo vantaggio della Lazio contro il Torino (la sfida terminò 2-2, ndr). Si tratta della sua prima rete in Serie A. Inzaghi lo considera, insieme a Lombardi, il futuro della rosa laziale. Ma per crescere ci vuole calma e pazienza. Per ora, Murgia, sta facendo un lavoro eccellente. VOTO: 6.5

OIKONOMIDIS Christopher: Ora un passo in più - Con la Salernitana la prima vera occasione tra i grandi. In Campania gioca con continuità, collezionando 14 presenze, un assist col Latina e un gol all’Ascoli. Prima della discussa e poco chiara vicenda legata all’assenza nel doppio play-out con il Lanciano (il giocatore è rimasto in ritiro con l’Australia). In estate il ritorno alla base, il ritiro con la squadra di Inzaghi e quel desiderio di “prendersi la Lazio”, accompagnato dai dubbi sul futuro. Restare a Roma con il tecnico che lo ha fatto esplodere in Primavera o prepararsi ad una nuova avventura, magari in un campionato estero? Prevale la seconda ipotesi e Oiko, l’ultimo giorno di mercato, si trasferisce all’Aarhus in Danimarca. Un largo utilizzo, ma solo un gol e due assist in un totale di 13 presenze tra campionato e coppa. Ancora poco per affermarsi a grandi livelli. Per riuscirci deve tornare a essere decisivo negli ultimi metri come ai tempi della Primavera. Il tempo di certo non gli manca. VOTO 6 con la Salernitana (6.5 con l’Aarhus)

ONAZI Eddy: La ‘mancia’ a sua insaputa… - Nel 2015 era stato l’eroe di Napoli che con il suo gol aveva regalato i preliminari di Champions. Il 2016 inizia da regista come vice Biglia nella partita contro il Carpi, ma Pioli non lo vede e fino all’esonero del tecnico colleziona soltanto 3 presenze. L’arrivo di Inzaghi cambia la storia e il nigeriano soffia la maglia da titolare a Milinkovic: sempre in campo e, grazie al gradimento del nuovo mister, anche il rinnovo sembra essere più vicino. In estate però Lotito accetta l’offerta del Trabzonspor di 3,5 milioni e Onazi si trasferisce in Turchia lasciando la squadra nella quale è cresciuto. La cessione però porta con sé degli strascichi: il centrocampista rivendica il pagamento delle mensilità di maggio e giugno, mentre la Lazio ribatte dicendo che il calciatore ha rinunciato ad ogni emolumento nel momento del trasferimento. Si finisce davanti alla FIFA, che fissa nell’11 gennaio il termine ultimo per risolvere la controversia: la tradizione vuole che i cocci si buttino dalla finestra la notte di Capodanno, tra Onazi e la Lazio si finirà ai tempi supplementari di gennaio. VOTO 5.5

PAROLO Marco: Moto perpetuo - È un diesel, ci mette un po' a scaldarsi, ad entrare a temperatura. Poi quando è caldo è forse l’uomo più importante, quello che non sposta gli equilibri, ma li crea. Un veterano del gruppo, esperienza da vendere, un Europeo di tutto rispetto anche in un ruolo - da regista - non proprio nelle sue corde. Con la Lazio ha fatto di più, nel 2015 oltre alla sostanza ci ha messo pure i gol. Nel 2016 un po’ meno, rimane comunque una figura imprescindibile per una squadra di carattere. Leader in campo e anche negli spogliatoi, un esempio da seguire per i più giovani. Ora vorrebbe togliersi qualche sfizio con questa maglia, magari nell’anno che verrà. Lui il piede ce lo mette sempre, impensabile rinunciarci. VOTO 6

ATTACCANTI

ALBERTO Luis: Ventisette minuti di dopo-Candreva - “C’era una volta uno spagnolo a Roma…”. O meglio doveva esserci, si è visto solo per 27 minuti. Luis Alberto Romero Alconchel, trequartista arrivato a fine agosto dal Liverpool, è sceso in campo con la maglia biancoceleste solo due volte. Problemi fisici o scelte tecniche, poco importa: dare giudizi sulle sue prestazioni risulta difficile. Aveva fatto bene con il Deportivo La Coruna nella prima parte del 2016: è questo forse che aveva spinto Tare a portarlo in biancoceleste. La cosa certa è che non può essere il dopo-Candreva. Restando sulle caratteristiche tattiche e fisiche, Luis Alberto sembra essere molto lontano dall’esterno ora all’Inter. Errore della società dunque? Per ora sì, ma non solo. Luis Alberto non ha mai mostrato la determinazione giusta per imporsi nelle gerarchie di Inzaghi. Ora lo spagnolo è a un bivio: conquistare un posto più rilevante in biancoceleste o alzare i tacchetti e salutare Roma dopo appena sei mesi. Serve impegno per non restare un altro anno nell’anonimato. VOTO 4

DJORDJEVIC Filip: Fermo al (doppio) palo - Per il 2016 di Djordjevic si potrebbe tornare indietro al 2015. Il doppio palo contro la Juventus come sliding door del suo percorso alla Lazio. In pochi secondi dalla gloria alla disperazione. Quasi un blocco psicologico che ne ha segnato il proseguo a Roma. Il tutto contornato da una condizione fisica mai ottimale, dopo il grave infortunio al malleolo rimediato contro il Milan. Il suo anno è quello di una seconda scelta, di un giocatore ritenuto utile praticamente solo per i minuti finali. L’unico gol in 365 giorni (addirittura a ottobre 2015 l’ultimo in casa) non merita grandi approfondimenti. Un momento illusorio in un caldo pomeriggio primaverile a Genova, prima di raggiungere picchi sempre più bassi. Gli esperimenti offensivi di Pioli a inizio anno non lo aiutano. Con Inzaghi diversi attestati di stima, ma un ruolo di semplice alternativa. Ora sulla sua avventura nella Capitale potrebbe esser scritta definitivamente la parola fine. Inevitabile quando il presente, troppo amaro, non riesce a prendere il sopravvento sui ricordi. VOTO 4.5

IMMOBILE Ciro: Sempre a ciuffo dritto - Ha bisogno di sentirsi a casa. L’Italia, quella che ha girato in lungo e in largo per affermarsi come calciatore. Fino a diventare capocannoniere della Serie A. E poi? La Germania prima e la la Spagna poi. Ma non è la stessa cosa. A inizio anno torna nella città che lo ha consacrato: Torino. E alla prima (ri)apparizione con la maglia granata trova subito il gol. Chiude il girone di ritorno con 14 presenze e 5 reti, merito delle doppiette rifilate a Palermo e Genoa. Ma il meglio deve ancora venire. A Siviglia Ciro non vuole tornare, anche se il contratto parla chiaro. Serve una soluzione. Serve una squadra che voglia puntare su di lui per rilanciarsi. Tare e Lotito bussano alla porta del club spagnolo con l’offerta giusta: Immobile è un calciatore della Lazio. I tifosi lo accolgono a braccia aperte e Inzaghi ancor di più. È lui il titolare lì davanti. Le gioca tutte, viene sostituito solo 4 volte nel finale. Lui ripaga la fiducia dell’ambiente siglando 9 gol nelle prime 11 partite. Una media da paura, che a Roma non si vedeva dai tempi di Signori. Poi un digiuno di sette partite. Lui però non molla, continua a fare quello che ha fatto dal primo giorno in biancoceleste. Corre, si danna l’anima, sputa il sangue. Anche se non segna da un po’, resta tra i migliori acquisti degli ultimi 12 anni. Lunga vita a Ciro. VOTO 7

KEITA Balde Diao: L'irrequieto - Lo spacca-partite di Pioli, la pedina inamovibile di Simone Inzaghi. Per il tecnico alle prese con la Serie A, il senegalese è irrinunciabile. Il talento di Keita non ha mai dato adito a dubbi. D'altronde, è proprio grazie a questo che altri aspetti finiscono per essere valutati con più indulgenza. Alla fine, la sfuriata estiva - con tanto di forfait alla prima di campionato - viene ridimensionata, se l'attaccante richiamato in causa da mister Inzaghi finisce per ripagare in campo la fiducia a suon di dribbling, assist (il primo già contro il Chievo, al suo esordio stagionale) e gol. Irrequieto anche sul campo, una furia: a pagarne le spese sono i difensori altrui che si diverte a ubriacare. L'anno di Keita, però, si chiude con un punto interrogativo: sulla scia di una nuova bagarre, l'esterno volerà per aggregarsi alla sua Nazionale. Il rinnovo sembra una chimera, le parti sono distanti, gli incontri tra il club e il suo entourage sono concreti come bolle di sapone. L'ultimo attacco del club verrà sferrato a gennaio, poi la dirigenza getterà la spugna. Che le sue doti naturali bastino a perdonargli le polemiche, il riaprirsi di casi, l'alzata di tacchi durante il discorso natalizio di Lotito? Forse, in una squadra in cui i top player si contano sulle dita di una mano, è sicuramente più facile. Ma il rammarico è che uno come lui potrebbe meritare più di una striminzita sufficienza, se oltre all'indiscutibile talento avesse anche la mentalità. Che, per dirla come direbbe Rio Ferdinand - indirizzando le sue parole a un altro biancoceleste mille volte più scapestrato - "La mentalità, per me, supera il talento". VOTO 6

KISHNA Ricardo: Una scommessa quasi persaIl 29 luglio 2015 viene acquistato dalla Lazio per una cifra intorno ai 4 milioni di euro. Segna all'esordio con il Bologna, ma poi? Poca roba. Tanti, troppi, infortuni intervallati a prestazioni poco esaltanti. Dal 14 dicembre 2015 fino al 6 febbraio 2016 è stato lontano dai campi per un problema al ginocchio. Con Inzaghi ad agosto le cose sarebbero dovute cambiare, ma così non è andata. Lo stesso classe '95 ha dichiarato poco tempo fa in Olanda che con la Lazio ha intenzione di rilanciarsi e che venire nella Capitale è stata la scelta giusta. Al momento l'unica istantanea è quella sua particolare capigliatura con i ciuffetti. Fortunatamente c'è ancora tempo per far ricredere tutti, a partire già dalla sfida del prossimo 8 gennaio contro il Crotone, dove saranno assenti sia Keita che Felipe Anderson. VOTO: 5

KLOSE Miroslav: Mi manchi - Ha lasciato un vuoto non solo in attacco, ma anche dentro il mondo Lazio. Klose ha scelto di lasciare il calcio svestendosi dei colori biancocelesti mettendo la maglia nel cassetto. Basta calcio, adesso pensa agli allenamenti seduto su una panchina. Mai ha mollato il tedesco, nemmeno quando le cose non andavano bene, quando la Lazio cadeva in picchiata in classifica e usciva a testa bassa dalla Coppa. Un fedele di Pioli, un fedele di Simone Inzaghi. Proprio lui ha aiutato più di tutti il neo mister tentando una scalata (impossibile) per un posto in Europa quando la situazione sembrava compromessa già da mesi. 5 gol in 7 partite, Miro ci ha provato a fare l’ultimo regalo alla squadra che lo ha accolto, ai tifosi che lo hanno coccolato. 63 reti totali con l’aquila sul petto. Viene da dire solo GRAZIE: per le poche parole, perché quelle sibilate hanno avuto più valore, per l’immagine di avere un fenomeno del calcio mondiale in squadra, per i gol, le esultanze, per lo sguardo rapace che più somiglia al nostro simbolo. VOTO: 6 (10 alla carriera)

LOMBARDI Cristiano: Assatanato - È praticamente scappato dalla Lega Pro. A Bergamo la fuga per la vittoria: uno scatto di 70 metri per mettere dentro la respinta di Sportiello su Immobile. Ha gonfiato la rete e sgonfiato le ipotesi di prestito. Sarebbe scontato, e sbagliato, scrivere che dovrebbe ringraziare la mancata convocazione di Keita alla prima giornata. Si è conquistato tutto con il veleno, con la grinta, con le partite viste dalle panchine di Trapani e Ancona. Il suo modo di giocare, ogni volta che entra, è un urlo sentito da tutti i tifosi: "Dovete spararmi per fermarmi e riportarmi in quei campi di periferia!". Tranquillo Cristia', se continui così, nessuno può acchiappare i tuoi sogni. VOTO 6.5

MATRI Alessandro: Il bello che non balla - Se il suo 2016 potesse essere giudicato per il “lato estetico”, Alessandro Matri probabilmente risulterebbe il migliore della Lazio. Peccato che il calciatore ex Milan, abbia fatto innamorare solamente le tifose. E non per quanto fatto sul campo. I numeri non mentono: 2 gol in 11 partite con i biancocelesti tra Serie A, Europa League e Coppa Italia. Poco, pochissimo per chi, ad agosto 2015, arrivava a Roma per garantire solidità e reti al reparto avanzato. Negli ultimi mesi della gestione Pioli paga la confusione che regna in quel di Formello, con Simone Inzaghi, però, non vede mai il campo. Due panchine e poi out, per un problema al polpaccio. A giugno, Lotito non se la sente di riscattarlo. Matri vola a Milano prima di sposare il Sassuolo. Alle spalle, un matrimonio davvero poco felice con la Lazio. VOTO: 4.5

Alla realizzazione del Pagellone 2016 hanno collaborato, in ordine alfabetico: Francesco Bizzarri, Gabriele Candelori, Laura Castellani, Andrea Centogambe, Claudio Cianci, Saverio Cucina, Marco Ercole, Federico Erdi, Stefano Fiori, Benedetta Orefice, Mara Perna, Antoniomaria Pietoso, Daniele Rocca, Carlo Roscito, Francesco Tringali, Alessandro Vittori e il nostro direttore Alessandro Zappulla.

DA TUTTA LA REDAZIONE, BUON 2017 A TUTTI VOI!