FOCUS- Inzaghi, allenatore perfetto: bel gioco, carattere e uomo chiave

Pubblicato il giorno 14/08 alle ore 12
15.08.2017 07:25 di Francesco Bizzarri Twitter:    vedi letture
Fonte: Francesco Bizzarri - Lalaziosiamonoi.it
FOCUS- Inzaghi, allenatore perfetto: bel gioco, carattere e uomo chiave

Immaginate tanti piccoli pezzi di Lazio sul tavolo. Felipe Anderson fuori per infortunio, il riacutizzarsi del caso Keita a poche ore da una partita importante, e poi la Juventus, squadra schiacciasassi, che in un sol boccone, da 10 anni, si mangia i biancocelesti. Poche possibilità di creare un puzzle completo, una formazione giusta e competitiva per battere i bianconeri in finale di Supercoppa italiana. E invece Simone Inzaghi, allenatore in prima (forse) per caso, tecnico nella vita sicuramente per scelta e vocazione, riesce nell’impresa di tirare fuori dal cilindro una Lazio bella, compatta, spettacolare, grintosa. Non è la storia di Davide che batte Golia, sia chiaro. Ma quella di una squadra sulla carta più debole, che grazie ai suoi giocatori e soprattutto al suo mister, è riuscita a vincere la Coppa.

INZAGHI, UOMO VERO - Simone Inzaghi non è uno di quegli allenatori che se vinci 2-0 contro la Juventus si mette la giacca sulle spalle. No, si rigira una volta di più le maniche della camicia, perché sa che è ancora dura, lunga, e la tensione va tenuta alta. Perché oltre il modulo, un uomo in panchina deve saper trascinare. E lui, da sempre, in piedi e con una corda immaginaria, trasporta la squadra. Prima in avanti, la tira forte, con veemenza, cercando di farla uscire dalla pressione di una Juventus che sembra in serata, spara un paio di palloni forti verso Strakosha, risultato già in bilico. Poi la spinge in attacco, quando bisogna segnare, far male. Corre pure lui, con liberazione, al gol vittoria di Murgia. Con il mocassino, i pantaloni lunghi a sigaretta, la cravatta che svolazza, i capelli al vento. La liberazione.

Inzaghi ha spezzato il tabù Juve. 10 sconfitte consecutive, 20 gol subiti (venti), una sola rete fatta. Il 13 di agosto la storia va cambiata. Dalle prime pagine, prendendosi - il buon Simone - la responsabilità di far fuori Keita, questo Keita. Distratto, forse un po’ svogliato, non al 100% per svariati motivi che ormai ci accompagnano da inizio estate. Lo fa fuori, con tono duro, severo, qui comando io, fiducia finita. Inzaghi ci ha sempre creduto in Keita: lo ha rilanciato, coccolato, nonostante i comportamenti da birichino del senegalese, iniziati nella passata stagione e continuati per tutto l’anno a suon di gol, assist, e mal di pancia. Si è preso un rischio, l’allenatore. Che è diventato grande con una Supercoppa in mano, perché così fanno i grandi allenatori: prendono dei rischi.

VISIONARIO - Sono passati 13 anni: Simone batte la Juventus da giocatore in Coppa Italia. Insomma, in qualche modo, in cuor suo, sa come si fa. E pazienza per la finale persa da allenatore, a maggio. Ora tabù spezzato con uno sguardo al futuro. Che per Inzaghi, quella parola - futuro - produce un suono spettacolare. I giovani sono il suo futuro, lui ci ha sempre creduto nel vivaio della Lazio. Ne ha lanciati tanti, adesso si coccola uno come Murgia, decisivo nella sfida contro i bianconeri. Insieme hanno vinto due Coppe Italia nel 2014 e nel 2015 e una Supercoppa. Murgia piaceva pure a Bielsa, il centrocampista però, è uomo di Inzaghi. Loco, fatti più in là, e giù le mani dai miei ragazzi.

Inzaghi contribuisce a far crescere il PIL del calcio italiano. Punta sui giovani della Primavera, non sui giocatori che vengono dalla città di Molto Molto Lontano. Ha fatto la gavetta, quella vera, con i ragazzi accompagnati al campo ancora dai genitori. Ha preso la licenza UEFA a suon di vittorie, silenziose, lavorando a testa bassa. Il trionfo in Supercoppa italiana è il suo primo trofeo da allenatore. Vale come regalo finale dopo un anno ricco di soddisfazioni, ma vale anche come punto di partenza sognando una grande carriera. Alla Lazio, sia chiaro, perché la piazza ha bisogno di un uomo come lui. Fateci caso: in conferenza, dopo aver battuto la Juventus, dedica la vittoria ai tifosi. Le sue prime parole sono sempre per loro, la vera anima di questa società. Il tecnico ha le spalle coperte, con un pubblico del genere. A lui il compito di trasmettere voglia, grinta e quella parolina magica: lazialità. Inzaghi ne ha da vendere al banco del mercato.