FOCUS - Lotito-Cairo, club salvati e stesse ossessioni: la storia dell’ultima gestione di Lazio e Torino

23.10.2016 08:30 di  Laura Castellani   vedi letture
Fonte: Lalaziosiamonoi.it
FOCUS - Lotito-Cairo, club salvati e stesse ossessioni: la storia dell’ultima gestione di Lazio e Torino

Quarta piazza, stessi punti, stesso obiettivo. Non ci girano troppo intorno, Torino e Lazio: puntano all’Europa, quello di domenica è uno scontro diretto. Volti familiari: sulla panchina quel ragazzo serbo, ormai cresciuto, senza più pantaloncini e scarpini ma una giacca e una camicia. Dall’altra Ciro Immobile, di ritorno all’Olimpico, quello che lo vide esplodere affiancato da Alessio Cerci, ma stavolta con una casacca diversa. E due storie dirigenziali simili tra di loro: due percorsi quasi analoghi, due club raccolti in crisi e ridestati, in lotta per un biglietto che conduca in Europa. E, per dirla tutta, gusti piuttosto simili quando si tratta di scegliere il tecnico a cui affidare la squadra. Ricordate quando Claudio Lotito, in estate, incrociava le dita e sperava che non fosse Ventura incoronato futuro ct azzurro? O quando i due presidenti si contesero Sinisa Mihajlovic. La spuntò Umberto Cairo: il resto della storia va in scena domenica prossima.

COMA REVERSIBILE – Una dichiarazione divenuta talmente celebre da risuonare familiare a qualsiasi tifoso della Lazio. Claudio Lotito, appena rilevato il club, dichiarò di averlo raccolto al suo funerale: il coma in cui versava era irreversibile, ma forse le cose sarebbero cambiate. Era l’estate del 2004: dodici anni dopo, il presidente laziale intrattiene un rapporto complicatissimo con la tifoseria – tra dichiarazioni non sempre azzeccate, aspettative disattese e scelte talvolta impopolari – ma è riuscito anche ad arricchire la bacheca laziale di più di un trofeo. Due Coppe Italia e una Supercoppa. Attenzione al bilancio, per forza di cose collegata a quel requisito essenziale, quando si tratta di muoversi sul mercato: “compatibilità economico-finanziaria con le possibilità del club”. Questo spesso ha significato flop, ma anche colpi di genio – vedi uno svincolato di lusso come Klose. Corsi e ricorsi: anni fortunati che si susseguono ad annate disastrose. In estate, il tentativo di rifondazione: la caccia al nuovo tecnico, la corte spietata a Giampiero Ventura, che tanto ha fatto bene con il Torino. Poi il tentativo di soffiare a Urbano Cairo uno come Mihajlovic. Non basta che Dusan, il figlio di Sinisa, stia crescendo nel vivaio biancoceleste. Né che lo stesso ex difensore abbia giocato tanti anni nel club. Nulla da fare, il progetto granata lo convince, e Mihajlovic respinge gli assalti di Lotito.

CHI MUTA VENTURA - Il percorso di Cairo è più impervio, rispetto a quello del suo collega. Il presidente del Torino, intimato dal sindaco stesso della città piemontese, acquisisce il club reduce del fallimento -  ripescato in B grazie al Lodo Petrucci - nel 2005. La conquista della promozione ai playoff, la salvezza l’anno seguente con una giornata di anticipo, poi di nuovo l’incubo retrocessione. Facilmente immaginabili quanto prevedibili le contestazioni che hanno colpito il patron granata. Ma anche il rapporto che lega Cairo alla tifoseria torinista finisce, talvolta, per essere tribolato: nel 2010, lo scarso rendimento della squadra gli fa addirittura considerare l’ipotesi di vendere il Torino. E anche qui intervengono le promesse disattese a compromettere la popolarità del presidente, come quella di ridare lustro allo storico e amatissimo Stadio Filadelfia. Ma poi, il destino muta chiamando alla propria corte uno come Giampiero Ventura – ci sarà un motivo se Lotito lo voleva così ardentemente sulla panchina della Lazio, in estate. Cinque anni in cui, nell’ordine: tornare in serie A evitando sapientemente i playoff, restarci senza patemi, svoltare nell’annata 2013/2014 grazie a due come Cerci e – rieccolo qui – Immobile. Biglietto per l’Europa, dopo vent’anni, con tanto di impresa storica – ottavi di finale espugnando lo stadio di San Mamès. In estate il passaggio del testimone: Ventura lascia il suo Torino nelle mani di Mihajlovic, il tecnico serbo lo plasma a sua immagine e contagia di entusiasmo l’ambiente. Nella speranza che si seguano quelle orme lì. Lo sperano i 18 mila tifosi che accorreranno allo stadio, domenica. Con quel comune obiettivo da inseguire, negli occhi. Quella voglia di Europa.