ESCLUSIVA - Cesar: "Chievo occasione d'oro, ma attenti a Maran! E a gennaio..."

Pubblicata ieri alle 17:30
29.11.2014 06:50 di Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: Cristiano Di Silvio-Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA - Cesar: "Chievo occasione d'oro, ma attenti a Maran! E a gennaio..."

La tentazione di salutarlo con un “ave!” era forte, ai suoi tempi. Non solo debolezza dei tifosi; anche per gli addetti ai lavori, il facile gioco di avvicinare il suo nome all’imperiale ossequio, veniva quasi da sé. Cesar Aparecido Rodrigues, in arte Cesar, proprio non poteva sottrarsi al nobile destino che il suo nome porta in dote. Ci pensò l’amore del tifoso laziale, a coniare per il timido esterno carioca, il soprannome, meno altisonante ma più verace che mai, che lo accompagnò nella sua esperienza biancoazzurra: fu per tutti “Cesaretto”. Cesar Aperecido Rodrigues, dunque, laziale vero. Arrivò a Roma dal “Chievo del Brasile”, quel Sao Caetano che tanto bene fece nei primi anni del nuovo millennio, portato a Roma da un’intuizione personale di Sergio Cragnotti. L’uomo giusto al posto sbagliato: appena iniziato a calcare il prato dell’Olimpico, la Lazio stellare cominciò inesorabilmente a franare: non deve essere stato facile passare da Crespo a Seric, lui, però, se la cavò egregiamente, diventando uno dei punti fermi di una Lazio nuova e spaurita. L’amore e la dedizione che mette nella causa laziale sono incontrovertibili; per capire il suo attaccamento alla maglia si veda alla voce “derby 6 gennaio 2005”, quello di Di Canio di nuovo sotto la Sud, quello dove il sambeiro Cesar, chiuse i giochi con un sinistro a pelo d’erba, che tramortì la contesa e aprì la festa della sua gente. Corsa, classe, goal; di lui se ne ricorda un altro, spettacolare: in un Lazio-Modena di fine 2002, in piena “banda Mancini”, lo sventurato Ballotta lo vide arrivare a tutta birra davanti a sé. Tre finte, l’estremo emiliano che alla fine si piega, Cesar che conclude con un beffardo tocco sotto. Standing ovation e festa grande sugli spalti: “Ave Cesar!”. Rimase anche dopo, quando le rapide si fecero ancora più dure, quando tutto poteva finire. Poi, Mancini, non uno qualunque, lo volle a Milano, in quell’Inter post-Calciopoli che di talento e piedi buoni ne aveva, e che iniziava a gettare le basi del suo dominio. Infine, la provincia, quel calcio a ritmi più bassi: Bologna, Chievo, meno pressioni, con la partita che finisce al novantesimo. Ora, “splendido quarantenne” per dirla con Moretti, insegna calcio ai giovani: fossimo in loro, prenderemmo appunti. In esclusiva per i propri lettori, la redazione de Lalaziosiamonoi.it, ha contattato Cesar per parlare del momento biancazzurro in vista, soprattutto, del prossimo confronto del “Bentegodi”. Ecco cosa ci ha risposto.

Mister, partiamo dalla cronaca recente: la sconfitta contro la Juventus chiude una fase del campionato della Lazio, fatta di alti e bassi, per aprirne necessariamente un’altra che dovrà dire cosa vorrà fare “da grande” la squadra di Pioli Contro i bianconeri c’è chi ha parlato di eccesso di presunzione, chi di limitatezza della rosa. Qual è il tuo pensiero?

“Debbo essere onesto. Credo che la Lazio abbia perso la partita principalmente sotto l’aspetto della personalità. Ritengo la sconfitta con la Juventus utile proprio perché ha mostrato la fragilità che in alcuni frangenti avvolge la squadra di Pioli. Non a caso, ho letto che anche il tecnico laziale ha pesantemente contestato questo aspetto alla sua squadra. Guardando la partita mi è sembrato subito chiaro che le armi per offendere la Juve, la Lazio le aveva, eccome. Ma dopo il primo goal, ho visto una forte mancanza di personalità nei biancocelesti che mi è apparsa ancora più grave man mano che l’incontro scivolava via. Non si può essere attendisti né sullo 0-3, tanto meno con un uomo in più. Per carità, di fronte c’era la Juventus, non una squadra qualunque. Dare però scarso segnale di grinta non è mai una cosa utile e auspicabile. Sono però convinto che la sconfitta con i bianconeri sia servita alla squadra stessa per capire chi sia realmente la Lazio, dove può migliorare, quali lacune tenere sottocontrollo, provando a lavorare sodo per ridurle. Le sconfitte hanno un senso, tutte. Per Pioli e i suoi ragazzi è l’ora di capire quale possa avere quella post-Juve”.

Ora la Lazio è chiamata a non fallire più. Che partita attendersi dai biancocelesti in quel di Verona?

“Sarà una partita molto complicata da interpretare e da portare a casa; per usare un termine più chiaro ancora, la definirei “tosta”. Gli uomini di Pioli hanno una duplice responsabilità: presentarsi carichi all’appuntamento e riportare a casa il massimo del risultato. Paradossalmente, questa partita, come fu quella di Empoli, è una gara più difficile di quella disputata contro la Juventus. Si giocherà su un campo ostico per tutti, dove tutte le squadre troveranno, chi più, chi meno, difficoltà. La Lazio, però, non ha altra scelta: se vuole davvero, come dicono in molti, ripartire e dare un segnale al campionato, questa rappresenta la giusta occasione. Francamente, non vorrei pensare alle polemiche che si scatenerebbero in caso di passo falso”.

Cinque punti in tre partite, con l’ultima sconfitta datata 29 ottobre. L’ultimo tassello del “restauratore” Maran è stato il prezioso pareggio strappato al “Friuli” domenica scorsa, apparso addirittura bottino troppo magro vista la partita disputata dai gialloblù. Cosa temere, dunque, di questo Chievo?

“Nonostante quanto detto sopra, partiamo da una certezza: la Lazio è oggettivamente più forte dei veronesi. Nessuno si offenda, il mio giudizio si fonda sull’analisi delle due rose, poste a confronto. Credo che l’arma in più di cui può disporre il Chievo in questo momento rispetto ai romani, sia una massiccia dose di entusiasmo. Hai detto bene: con Maran, la squadra appare rigenerata, ripresasi dall’inizio shock in campionato. Sta recuperando giocatori utili alla causa (si pensi a Pellissier), viene appunto da una grossa prestazione fatta a Udine, ha cominciato a indossare i panni della squadra umile che muove la classifica anche con un solo punto. Il Chievo è una realtà del calcio italiano, nonostante il suo “scudetto” sia sempre evitare la cadetteria”.

Momento delicato per i giovani in casa Lazio: su tutti Keita, che deve ritrovarsi, e Felipe Anderson, sempre alla ricerca della definitiva consacrazione. Un tuo giudizio a riguardo?

“Debbo essere sincero: non ho ben capito cosa sia realmente accaduto con il giovane spagnolo nelle scorse settimane, al netto del suo infortunio. Ritengo il ragazzo molto importante per la squadra, per gli schemi di Pioli, per quella bella dose di sregolatezza che le sue giocate hanno sempre avuto. Insomma, ce lo diciamo da mesi: il talento c’è, senza ombra di dubbio. Credo che Keita, però, debba tirare fuori, come dicevo prima per tutta la squadra, la personalità, il carattere, la giusta determinazione per tutti i novanta minuti. Va detto che è rientrato in un match assai difficile; suggerirei di non testare il suo stato di forma rispetto allo scorso incontro dell’Olimpico: il naufragio, in quell’occasione è stato di tutta la squadra; difficile aspettarsi altro. Felipe Anderson, invece, ha impressionato con i torinesi: quando è entrato è stato brillante, voglioso e propositivo. Anche qui, vale il discorso fatto spesso e volentieri: il brasiliano deve lavorare, con profitto, sulla sua tenuta n campo; avere un giocatore che, se lanciato dall’inizio, incide poco, non è utile per l’atleta e per la squadra stessa. Io sono del partito che si dice pronto ad “aspettare” i giovani, Felipe compreso: classe ne ha, i numeri anche sono di pregiata qualità. Il mo consiglio è quello di allenarsi soprattutto sulla fiducia in se stessi e sulla grinta da mettere in campo. Dovesse riuscirci, come io credo farà, parleremo presto di un giocatore completo”.

Infine, uno sguardo al prossimo mercato di riparazione che necessariamente dovrà vedere la Lazio centrare più di un colpo. La stampa, in questi giorni, ha anticipato un "tour" europeo del ds Tare: ti chiedo se va fatto un mercato d’emergenza, soprattutto in difesa, o si deve programmare fin d’ora anche per l’immediato futuro?

“Senza dubbio la squadra deve essere puntellata e rinforzata, a prescindere da quali traguardi si possano raggiungere. Il mercato di gennaio rappresenta l’occasione per correggere sbavature, rimediare a errori di valutazione, ridefinire gli equilibri della squadra. Si fa un gran parlare della necessità di un difensore per rimpiazzare adeguatamente Gentiletti. Tutto vero, per carità. Quello che spero voglia fare la società, è un mercato di lungo respiro, perché la Lazio c’era, c’è e ci sarà ancora. Non serve e non basta tamponare: questo è il momento di essere coraggiosi, cerando di risolvere le lacune della squadra in maniera definitiva e lavorando anche per la prossima stagione. Credo che Pioli sappia benissimo come e dove intervenire; riuscendo a convincere la società. Mai come in questi ultimi anni, la sessione di riparazione va sfruttata al massimo delle possibilità: Solo così si potrà scrivere una pagina importante della storia biancoceleste”.