ESCLUSIVA - Janich: "Che ricordi la Coppa Italia del '58! La Lazio stasera può raggiungere la finale"

28.02.2018 14:00 di Federico Marchetti Twitter:    vedi letture
Fonte: Federico Marchetti - Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA - Janich: "Che ricordi la Coppa Italia del '58! La Lazio stasera può raggiungere la finale"
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© foto di Alessandro Pizzuti

Torna la Coppa Italia, una competizione che nella storia recente della Lazio costituisce ormai un appuntamento fisso con ben 4 partecipazioni ad una finale negli ultimi 10 anni. L'inizio della tradizione tra prima squadra della Capitale e Coppa Italia risale a ben 60 anni fa, quando nel 1958 la Lazio alzò per la prima volta il trofeo nazionale. Quell'edizione fu la prima dopo la pausa forzata dovuta alla seconda guerra mondiale ed aveva una formula diversa da quella utilizzata oggi, con una fase a gironi che precedeva l'eliminazione diretta. Tra i protagonisti di quella storica, prima Coppa Italia biancoceleste c'era Franco Janich, ex difensore della Lazio che ancora oggi segue con piacere le imprese del club capitolino. Intervenuto in esclusiva ai microfoni de Lalaziosiamonoi.it, Janich ha commentato così il match di questa sera tra Lazio e Milan. 

SEMIFINALE - "I problemi li risolve chi scende in campo, fino ad ora i ragazzi di Inzaghi sono andati sempre con buona interpretazione. Abbiamo la fortuna di avere un allenatore che non parla molto, una persona pratica, ci sono tanti oratori adesso nel calcio. Io sono convinto che la Lazio ce la possa fare questa sera, siamo in buona condizione. Il Milan? Per andare a leggere in casa degli altri ci vorrebbe qualche spia. Secondo me ce la faremo, la Lazio deve approcciare alla partita con serenità. Il momento di difficoltà è superato, del resto non si può andare sempre in discesa: se si vuole raggiungere la vetta si deve andare in salita, anche se è più faticoso".

LOTTA SU TUTTI I FRONTI - "La Coppa Italia è una sola partita, è più dura. In campionato e in Europa League la corsa è a lungo termine, puoi sbagliare qualcosa e recuperare il terreno perduto. Ovviamente in caso di vittoria stasera ci sarebbe anche una finale da giocare, l'importante è scendere in campo con la solita mentalità che ha adesso la Lazio. Per stasera speriamo bene e sempre forza Lazio, siamo un'aquila che vola nel cielo".

RICORDI BIANCOCELESTI - "Sono arrivato alla Lazio nel 1958, quando eravamo già ai quarti di finale. Abbiamo giocato contro Marzotto, Juventus e Fiorentina. Mi ricordo la soddisfazione della vittoria, alla fine della partita sugli spalti sembrava che ci fosse un incendio perché i tifosi avevano dato fuoco ai giornali per festeggiare. Oggi lanciano in aria i coriandoli, prima si accendeva la fiammella su un giornale: erano tempi diversi. Io facevo il terzino, ricordo che contro il Marzotto nel primo tempo uno dei loro mi ha ubriacato tutto il tempo. Nel secondo tempo però ha preso tante di quelle botte da uscire dal campo a quattro zampe. Poi con la Juventus ho giocato contro Stacchini, anche lì non l'ho incidentato ma l'ho fatto faticare. In finale con la Fiorentina, contro Hamrin, ho cercato di metterci un po' di fisicità: sono uscito con una caviglia che era il doppio dell'altra, ma abbiamo vinto noi. Commemorazioni da parte della Lazio? Già è tanto che mi consideri mia moglie dopo sessant'anni di matrimonio (ride, ndr). La sensibilità è un fatto personale, non si vende al mercato. La mia non è polemica, non ho preoccupazioni: con la Lazio non ci dobbiamo niente, sono solo felice di ringraziarla per gli anni passati insieme".

CALCIO E ALLEGRIA - "Il calcio deve essere un'allegria, da bambino mi dicevano di prendere il pallone e divertirmi, oggi sembra una scienza. Sarà banale, ma per me il calcio deve essere questo, una forma di allegria: infatti mi reputo nato fortunato. Se il calcio e lo sport in generale ti intristiscono è meglio che cambi attività. Oggi non si vede più una faccia sorridente, come se dovessero risolvere chissà quale problema. Quando io vedo la partita spengo l'audio, altrimenti i commenti deviano la mia visione del calcio. E' un mio personalissimo metodo, non dico che sia più giusto: ma sentir parlare di moduli e numeri non mi piace, non sono un matematico. Il modulo dipende da chi hai in campo, è inutile cercare di imporre strategie a chi ha caratteristiche diverse". 

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