ESCLUSIVA - Pordenone, Berrettoni: "L’Inter un premio alla mia carriera, ma è alla Lazio che ho toccato l’apice…"

Pubblicato il 13/12/2017 alle ore 20.40
14.12.2017 07:25 di Gabriele Candelori Twitter:    vedi letture
Fonte: Gabriele Candelori - Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA - Pordenone, Berrettoni: "L’Inter un premio alla mia carriera, ma è alla Lazio che ho toccato l’apice…"
TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Comunque un’impresa. Quasi tutta Italia ieri ha tifato per il Pordenone. Una squadra di Lega Pro capace di giocarsela a viso aperto e portare ai calci di rigore la capolista della Serie A. Dopo aver colpito per l’ironica campagna di comunicazione che ha preceduto la gara, la squadra di Colucci ha sorpreso tutti anche sul campo. Persino Spalletti: “Loro avrebbero anche meritato di passare”, ha ammesso con onestà il tecnico nerazzurro a fine gara. A trascinare i compagni c’era l’esperto Emanuele Berrettoni, 36 anni e cresciuto nelle giovanili della Lazio. Per lui la Scala del calcio è stato un premio a quella lunga carriera spesa sui vari campi del paese soprattutto tra cadetti e terza serie. Ma iniziata dalla Lazio più forte di sempre, quella di Eriksson. L’allenatore svedese che il 7 novembre del 2000 lo fece anche esordire in Champions League, entrando a Praga al posto di un certo Marcelo Salas. La prima grande soddisfazione, prima del gol siglato tre anni dopo con la maglia del Perugia nella finale Intertoto contro il Wolfsburg. E prima della sfida di ieri sera: “Sono passati loro. Ma siamo contenti perché abbiamo fatto qualcosa di straordinario: non penso che nella storia del calcio italiano una squadra di Serie C abbia mai impensierito così una delle prime quattro in Italia. Abbiamo scritto una bella pagina di storia, però non essendo passati non vorrei che si dimenticasse troppo presto quello che abbiamo fatto”, ha raccontato in esclusiva ai microfoni de Lalaziosiamonoi.it.

A VISO APERTO - A colpire è stata la personalità con cui il Pordenone si è presentato a San Siro: “È il nostro modo di giocare e interpretare il calcio, non siamo capaci di scendere in campo in un’altra maniera. Possiamo affrontare la Juventus, l’Inter o come domenica prossima il Renate ma le nostre caratteristiche sono quelle. Andare lì e snaturarci avrebbe portato solo a prendere tanti gol come ci si poteva attendere prima della partita. Il nostro merito è stato proprio quello di restare noi stessi, anche se giocavamo in uno stadio incredibile dove la testa un po’ girava inizialmente”.

NEL CASSETTO DEI RICORDI - “Sicuramente è uno dei momenti più belli della mia carriera. Sono partito e ho avuto tutto subito: ho esordito in Champions ancor prima che in campionato, ho fatto quasi 3 anni di Serie A e la Serie B. Ho toccato con mano il Paradiso per poi scendere giù e fare una carriera diversa da quelle che erano le aspettative iniziali. Tornarci a 36 anni con questi ragazzi è stato veramente un orgoglio e un premio che mi sono meritato. Nonostante sia andata diversamente, non ho mai mollato e ancora mi diverto”. Il punto più alto resta proprio quello raggiunto con la Lazio: “È passato un secolo. Esordire nella massima competizione europea con la squadra con cui sei cresciuto da quando hai 10 anni doveva essere un punto di partenza. E invece è stato l’apice della mia carriera”.

MEGLIO DI ICARDI -  Tra le iniziative social del Pordenone è rientrato anche un simpatico confronto con Icardi: “I ragazzi della comunicazione e il merchandising hanno creato una cosa incredibile. Paradossalmente a un certo punto volevamo passare il turno solo per scoprire cosa avrebbero fatto da qui alla sfida al 27 (ride, ndr). Hanno trasformato un evento sportivo in un evento social. Leggevo oggi un articolo del ‘Sole 24 Ore’: se il Pordenone è conosciuto oggi dappertutto è anche grazie a loro”.

INZAGHI E L’OBIETTIVO CHAMPIONS - Berrettoni ha conosciuto Inzaghi da giocatore. Ma si aspettava facesse tanto bene da allenatore?: “No, sinceramente così bene no. In realtà non pensavo neanche potesse fare proprio il tecnico (scoppia a ridere, ndr). Da calciatore, giocandoci insieme, da come parlava, non me lo aspettavo. Non l’ho vissuto tantissimo, però bisogna fargli davvero i complimenti. È bravo: è entrato in una situazione strana dopo che la società aveva scelto un'altra guida tecnica. Ha creato un gruppo, un senso d’appartenenza e un’identità di gioco come riescono solo i grandi allenatori. Vedi proprio la sua impronta nella squadra: i giocatori rispecchiano un allenatore che da tanti anni ha cucita quella maglia addosso”. La Champions è possibile: “Perché no. Sta facendo bene e sta recuperando anche diversi giocatori come Felipe Anderson. Se Luis Alberto, Immobile e Milinkovic riescono a mantenersi su questi livelli, con la gestione del gruppo di Simone, non ci sono motivi per cui non dovrebbe provarci. Sicuramente sarà difficile: Inter, Roma, Napoli e Juventus sono forti, ma la Lazio non ha nulla da invidiare a queste squadre”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA - La riproduzione, anche parziale, dell’articolo è vietata. I trasgressori saranno perseguibili a norma di legge.