Tra deferimenti, condanne e precedenti: ecco perché la Lazio "doveva" aprire la Curva Sud

Pubblicato il 27/10 ore 22
28.10.2017 07:20 di  Marco Ercole  Twitter:    vedi letture
Fonte: Lalaziosiamonoi.it
Tra deferimenti, condanne e precedenti: ecco perché la Lazio "doveva" aprire la Curva Sud
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L’iter che ha portato a questa situazione ormai è noto a tutti: dopo la squalifica della Curva Nord per ululati razzisti nella partita tra Lazio e Sassuolo, il club biancoceleste aveva deciso di aprire la Curva Sud per permettere così ai suoi tifosi abbonati di non essere danneggiati dal provvedimento disciplinare e assistere alla partita con il Cagliari da un altro settore (la Sud, appunto), previo pagamento simbolico di un 1 euro e conseguente adesione alla campagna di sensibilizzazione contro il razzismo "We Fight Racism”. 

A seguito di quanto accaduto nel corso della gara con il Cagliari e il clamore mediatico generato dagli adesivi antisemiti attaccati sulle vetrate del settore abitualmente occupato dai tifosi della Roma, è arrivata però la contestazione da parte della Procura Federale nei confronti del presidente della Lazio, Lotito, accusato di aver violato l’articolo 1 bis (slealtà sportiva) per l’apertura della Curva Sud, oltre a quella classica nei riguardi del club per responsabilità oggettiva in riferimento all’articolo 11, sui comportamenti discriminatori. I deferimenti sono previsti a metà della prossima settimana, poi la Lazio potrà proporre la sua memoria difensiva che potrà contare su due importanti precedenti. 

DUE PRECEDENTI - Entrambi, anche se in modo diverso, vedono protagonista il Verona. Il primo lo scorso maggio, quando nella partita di campionato con il Napoli, aveva ovviato allo stesso modo della Lazio alla squalifica della Curva Sud, come da comunicato ufficiale sul proprio sito internet: “Si ricorda che in seguito alla squalifica comminata dal Giudice Sportivo e in ottemperanza a quanto riportato nel comunicato n.111 della LNPB del 03/05/17, tale settore sarà chiuso ai tifosi per la gara di campionato di Serie A contro il Napoli. Tutti coloro che avessero già sottoscritto un abbonamento all’Hellas Verona nel settore di Curva Sud possono comunque acquistare un biglietto in un altro settore dello stadio”. Più chiaro di così non si può. E in quel caso nessuno parlò di slealtà sportiva.

L’altro è invece di pertinenza diretta della Roma, che proprio per non aver fatto ciò che hanno fatto Lazio e Verona, in occasione di tre partite contro l’Hellas, Sampdoria e Inter della stagione 2013/2014 che ha giocato con la Curva Sud chiusa, è stata condannata dal Tribunale di Roma a risarcire alcuni abbonati. Dopo la squalifica del settore rimediata nella precedente partita con il Napoli per “discriminazione territoriale”, infatti, il club non aveva disposto soluzioni alternative ai propri abbonati per assistere comunque alla gara e così è nata la battaglia legale che ha portato alla sentenza del marzo 2017, in cui la società giallorossa è stata condannata a rimborsare ogni tifoso ad averlo richiesto della quota dell’abbonamento “del quale non ha potuto usufruire per impossibilità oggettiva parziale della prestazione per le partite di calcio” di cui sopra e al “pagamento delle spese processuali”.

PAROLA ALL’AVVOCATO - Si tratta di situazioni simili, ma non identiche. E soprattutto di sentenze arrivate dalla giustizia ordinaria, non sportiva. Possono essere comunque utili per argomentare la memoria difensiva della Lazio, come spiega l’avvocato Giorgio Duranti ai microfoni de Lalaziosiamonoi.it: «In ambito di giustizia sportiva la norma è che quando la procura rileva una violazione del codice sportivo, proceda poi con il deferimento. Nel caso della sentenza che ha dato ragione agli abbonati della Roma il discorso va però capovolto. La Roma infatti non ha fatto niente per essere accusata di aver violato la lealtà sportiva e la prova è proprio quella sentenza, che avviene alla fine di un giudizio ordinario nel quale qualche abbonato della Roma ha fatto causa alla società, per la violazione del suo diritto di seguire una partita che aveva già pagato attraverso la sottoscrizione dell’abbonamento. Quindi c’è stato un procedimento ordinario. Nel caso della Lazio la cosa è stata opposta: il provvedimento è lo stesso, cioè la chiusura della Curva. Ma la società biancoceleste può basarsi sul precedente della giustizia ordinaria e dire: “Io ho aperto un altro settore dello stadio, proprio perché attraverso la chiusura della Curva Nord gli abbonati ne avrebbero tratto un danno e io, in quanto società, sarei stata condannata dalla giustizia ordinaria se non avessi dato la possibilità a chi aveva già pagato di assistere alla gara da un’altra parte. Quindi ho dovuto fare questa cosa, perché c’è un giudice ordinario che lo ha sancito”»

Questo ragionamento crea però il problema del conflitto che nasce tra giustizia sportiva e ordinaria: «Sono due campi autonomi, ma un precedente può essere usato per spiegare il motivo per il quale si sia scelto di adottare questo comportamento ed evitare così la condanna del giudice ordinario. La difesa che userei è proprio quella: io Lazio ho dovuto attivarmi per evitare conseguenze di natura civilistica e risarcimento danni come accaduto nel precedente. Praticamente era quasi un atto dovuto, per evitare di incorrere in queste problematiche. Il principio di lealtà sportiva è quindi in conflitto con quella ordinaria, ma come è possibile che la giustizia sportiva mi accusi di una cosa che è stata avallata, con tanto di condanna, da quella ordinaria? Sono due punti di vista apparentemente inconciliabili».