A tutto Immobile: "La famiglia, i sacrifici e le passioni. Inzaghi? Conosce le esigenze dei calciatori"

16.08.2017 12:30 di Gabriele Candelori Twitter:    vedi letture
Fonte: Lalaziosiamonoi.it
A tutto Immobile: "La famiglia, i sacrifici e le passioni. Inzaghi? Conosce le esigenze dei calciatori"
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Una doppietta per indirizzare la Supercoppa Italiana. E prendersi una rivincita personale contro la Juventus. Non poteva iniziare meglio la stagione di Ciro Immobile, apparso già in grande spolvero durante la preparazione estiva. Dopo la miglior annata in carriera, l’attaccante di Torre Annunziata vuole ora ripetersi. Il centravanti della Nazionale si è raccontato a 360° in una lunga intervista al ‘Corriere della Sera’. Diversi i temi toccati, anche della sua vita privata. A partire dalle esperienze all'estero: «Conoscere realtà diverse, anche fuori dall’ambito calcistico, aiuta a crescere. Abbandonare questa indole itinerante? Non ci penso proprio». Di seguito il dialogo completo.

Sta per cominciare il campionato, quest’anno chi vince?

«Juventus o Napoli».

E le milanesi?

«Credo che vengano dopo».

Questo è l’anno che porta ai mondiali di Russia 2018. Quali sono le squadre che temi di più?

«Germania e Spagna. E anche l’Argentina».

Il Brasile di Neymar non ti fa paura?

«Per come giochiamo noi, sono più pericolose le europee».

Tu e Andrea Belotti, punta ringalluzzita del Torino, giocherete insieme ai Mondiali?

«Spero di sì, abbiamo caratteristiche compatibili. Abbiamo avuto pure la fortuna di affinare il rapporto in campo per qualche mese nel 2016, entrambi in granata. Quando siamo nel ritiro azzurro dividiamo la stanza. Facciamo tutto insieme, anche le sedute di crioterapia».

Si dice che abbiate ritmi del sonno diversi

«Ahah. Appena vede che mi sto per appisolare domanda: “Già dormi?”».

Quale caratteristica gli invidi?

«Uhm… Il colpo di testa. È micidiale».

Gian Piero Ventura, ct della Nazionale, che ti ha allenato anche col Torino, ha quasi settant’anni…

«… è un vero intenditore di calcio…».

Simone Inzaghi, allenatore della Lazio, ne ha 41. Quanto è differente il modo di allenare tra due generazioni?

«Più che il modo di allenare sono diverse le attenzioni nei confronti dei giocatori. Inzaghi ha smesso di giocare sette anni fa, conosce di più le esigenze dei calciatori di oggi».

È vero che tua madre quando eri adolescente ti venne a trovare a Torino con la pretesa di riportarti a Torre Annunziata?

«Sì. Era salita per il mio compleanno. Io vivevo in convitto, insieme con gli altri ragazzi delle giovanili della Juventus. Mi disse: “Ma che ci stai a fare qui?”. Le risposi bruscamente: “Vai via. Non mi mettere strane idee in testa”».

Vita da giovane promessa del calcio.

«La mattina a scuola. Pranzo di gruppo. E il pomeriggio allenamento. Fine. Quando vivevo a Torre Annunziata e giocavo nel Sorrento il pranzo consisteva in un panino smangiucchiato sulla Circumvesuviana».

Ogni tanto hai la sensazione di aver perso qualcosa della tua adolescenza?

«Quando sei lì non la metti in questi termini, perché in fondo giochi a calcio e lavori per realizzare il sogno di ogni ragazzino. Oggi col senno di poi penso: la mia vita è sempre stata impegno e programmazione. Uscito da scuola non ho mai pensato: ora vado a spasso con gli amici. Sapevo che mi dovevo allenare».

Una volta hai detto: «Se non avessi giocato a calcio chissà che fine avrei fatto».

«Molti amici di Torre Annunziata sono finiti in galera».

E quanti di quelli con cui condividevi il convitto juventino sono finiti in serie A?

«Quasi nessuno. Le statistiche da questo punto di vista sono impietose: solo un giocatore delle giovanili su quindicimila diventa professionista e solo uno su trentamila riesce a giocare in serie A».

Chi era il tuo mito giovanile?

«Alex Del Piero. Ho esordito sia in serie A sia in Champions League proprio sostituendo il capitano bianco-nero».

Qual è la squadra più forte che hai visto giocare?

«In tv il Milan di Arrigo Sacchi. In campo il Barcellona di Pep Guardiola: giocavo col Siviglia e Messi ci fece due gol su punizione. Messi è proprio di un altro pianeta: ogni volta che ha la palla tra i piedi si inventa qualcosa di imprevedibile».

Meglio Messi o Cristiano Ronaldo?

«Messi. Ronaldo è più un fenomeno fisico».

Hai un difensore “bestia nera”?

«Leo Bonucci. Sempre ordinato, sempre al posto giusto».

Chi è il giocatore in attività a cui pensi di assomigliare di più?

«Edinson Cavani».

Se Inzaghi o Ventura ti chiedessero di fare quello che Massimiliano Allegri ha chiesto all’attaccante Mandzukic, e cioè di sgroppare come un terzino sulla fascia…

«Accetterei. Anche se non credo che Mandzukic soffra quando non fa gol».

Tu soffri?

«Sì, non mi sento realizzato. Detto ciò a me è capitato di giocare da esterno sia nella Lazio, sia nel Pescara quando non c’era Lorenzo Insigne».

Il Pescara di Zdenek Zeman.

«Lui è un grande. Simpaticissimo: durante gli allenamenti cantava sempre. Anche inventandosi le parole. L’ho risentito recentemente. È un maestro».

Chi ha giocato con Zeman resta zemaniano?

«Come modo di giocare non è possibile, perché ogni allenatore impone il suo metodo. Ma nel modo di allenarsi un po’ sì. Io sono tra quelli che finito l’allenamento chiede al Mister di restare in campo per migliorare alcuni particolari».

Ora su che cosa stai lavorando?

«Sulla porta. La gestione dei palloni deviati in area di rigore, le occasioni inaspettate…».

Sei devoto alla Madonna della Neve di Torre Annunziata.

«Con la squadra siamo andati in visita dal Papa. Ma prima o poi vorrei portarci tutta la famiglia».

Hai preghiere o riti pre-partita?

«No. Ascolto musica. Mi sparo in cuffia cantanti italiani. Tiziano Ferro…».

Sei anche tu, come molti calciatori, un patito della PlayStation?

«Non sono forte quanto altri giocatori».

Hai una serie tv preferita?

«Mi è piaciuta molto The Walking Dead. E Gomorra. Tre settimane fa sono stato a cena con Salvatore Esposito, l’attore che interpreta il giovane boss Genny Savastano».

Su Gomorra la critica è divisa. C’è chi sostiene che la serie possa portare all’emulazione di comportamenti criminali.

«Macché. Se non va in onda la serie, la criminalità mica sparisce!».

Nove anni, nove squadre. Quale città consideri casa?

«Torre Annunziata. Ma devo tener conto di mia moglie. Lei è abruzzese. Guarda…». Ciro si tira su la manica della camicia. Sull’avambraccio ha tatuata la scritta: “Ovunque tu sarai io sarò”. Spiega: «È una frase di Jessica».

Hai due figlie femmine, Michela e Giorgia. Stai lavorando per il terzo, maschio?

«Io ci lavoro pure, ma Jessica è geneticamente modificata: partorisce solo femmine!».