ESCLUSIVA - Primavera, Sesena: "Gruppo inadeguato e problemi alla base, il fallimento era annunciato"

Pubblicato il 26/05/2018 alle ore 13.00
27.05.2018 07:22 di Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: Andrea Marchettini - Corso d'informazione sportiva de Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA - Primavera, Sesena: "Gruppo inadeguato e problemi alla base, il fallimento era annunciato"

Oltre a quello di Serie A, anche il campionato Primavera è giunto al termine. La Lazio, che negli ultimi cinque anni aveva vinto quattro trofei (uno scudetto, due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana), si è ritrovata quest’anno fanalino di coda e condannata alla retrocessione in Primavera 2. Un risultato disastroso che fa riflettere sul non funzionamento del ricambio generazionale, nonostante il ranking di categoria veda ancora al primo posto proprio la formazione allenata da Bonacina. Per analizzare la stagione biancoceleste è intervenuto, in esclusiva ai microfoni de Lalaziosiamonoi.it, Roberto Sesena, storico allenatore della Primavera biancoceleste (dalla stagione 2003/04 al 2009/10) e responsabile tecnico del settore giovanile a partire dall’estate seguente.

Un’annata da dimenticare per la Primavera biancoceleste. Dove vanno ricercate le cause di questo fallimento?

“Le cause vanno ricercate in un gruppo che non era all’altezza degli altri con cui doveva competere. Le motivazioni le dovrà capire la società, ma sicuramente la squadra non era ad un livello idoneo per competere nella categoria in cui ha militato”.

Eppure ad inizio anno la Lazio era una delle favorite. La gestione tecnica, con l’avvicendamento tra Bonatti e Bonacina, ha influito su questo risultato?

“Come in tutte le situazioni ognuno ha le proprie responsabilità, ma non credo che in un settore giovanile sia molto rilevante l’allenatore che, a mio avviso, non influisce più del 20%. Il gruppo invece conta parecchio: il lavoro di programmazione che avviene in ogni società corrisponde all’efficace crescita delle categorie inferiori come i Giovanissimi e gli Allievi. Il ranking ad inizio anno vedeva la Lazio ai vertici perché la scorsa stagione c’era un organico adeguato. C’è da dire che se una società garantisce un buon livello nei nuclei molto giovani, come i classe ’99 e 2000, sicuramente non retrocede. È diversa la filosofia tra prima squadra e settore giovanile, quest’ultimo va curato e coltivato annualmente ed evidentemente è mancato questo tipo di lavoro. Basta andare a vedere le classifiche degli Under 17 o degli Under 15”.

Quindi ritiene che c’è una politica gestionale sbagliata o comunque diversa rispetto a qualche anno fa nel settore giovanile della Lazio?

“Posso dire che quando c’ero io alla Lazio si lavorava bene. Bollini e Inzaghi hanno ereditato qualcosa di importante e sono riusciti a vincere anche grazie ai gruppi costruiti negli anni precedenti. Poi ben vengano gli innesti stranieri, i quali però rappresentano le ciliegine su una torta che va costruita prima”.

Pedro Neto e Bruno Jordao, due acquisti che sono costati caro alla Lazio ma non hanno inciso in Primavera…

“Hanno dimostrato di non essere due innesti di mercato. La colpa della retrocessione non è certamente loro, ma di un gruppo che ha mancato gli obiettivi. I soldi spesi per comprare i due portoghesi sarebbero stati investiti meglio se fossero stati fatti degli accordi con qualche società romana. Anche perché le grandi società sono tali per l’organizzazione prima che per i risultati. Io ho visto quest’anno le partite della Primavera della Lazio e purtroppo il gruppo che ho osservato era lo specchio di una realtà che si è consolidata con la retrocessione. È impietosa la fotografia ma rende bene l’idea della realtà dei fatti”.

Come valorizzare maggiormente i ragazzi del vivaio?

“Bisogna stare sul mercato, e non sul calciomercato. Mi riferisco alle piazze: è necessario instaurare rapporti con le società minori, quelle in cui crescono i giovani d’oggi. Altre squadre in Italia hanno diverse società affiliate a Roma e non solo. La Lazio deve fare lo stesso. È impensabile che una società del genere retroceda, ma non per il risultato in sé quanto per ciò che significa. La finalità dei settori giovanili non è vincere i trofei, ma sfornare buoni giocatori che possano rivelarsi valori aggiunti per la prima squadra”.

Durante i suoi sette anni nella Lazio, quali giocatori l’hanno intrigata di più e chi ricorda con più piacere?

“Anche se non sono diventati dei campioni, ricordo piacevolmente Tuia, De Silvestri, Mendicino, Diakitè. Erano tutti giocatori che provenivano dalla categoria dei Giovanissimi Nazionali e che hanno fatto la trafila nel vivaio. Poi certo, gente come Keita, Kozak e Tounkara fecero la differenza ai loro tempi, ma rappresentavano comunque un valore aggiunto ad un organico già solido di suo”.

Un commento finale sul mancato approdo della Lazio in Champions League. Qual è il suo giudizio della stagione?

“È un delitto. Chi sta in alto non ha avuto un occhio benevolo per la Lazio. È stato secondo me il miglior campionato degli ultimi anni da parte della squadra biancoceleste, grazie soprattutto al lavoro di Inzaghi. Non bisognava arrivare però a giocarsi l’ultima di campionato in uno scontro diretto con l’Inter che ha individualità straordinarie. Tuttavia vedo il bicchiere mezzo pieno, non si tratta affatto di una stagione fallimentare, tutt’altro. Trovo inoltre ingenerose alcune dichiarazioni che ho letto su de Vrij che ritengo un professionista eccezionale”.