FOCUS - Biglia capitano: l'investitura di un Principito

Pubblicato il 29/07 alle 23:00
30.07.2015 07:25 di  Laura Castellani   vedi letture
Fonte: Laura Castellani - Lalaziosiamonoi.it
FOCUS - Biglia capitano: l'investitura di un Principito
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© foto di Federico Gaetano

Un'investitura scenografica come poche altre sulle quali poter fantasticare. Seguiteci, immaginatela così: era una torrida giornata estiva, ma forse non troppo in terra teutonica. Stefano Pioli convocò i suoi. Davanti a loro, decise di affidare la fascia di capitano al ragazzo biondo. Lui, che ha quell'accento pronto a svelare la sua patria lontana, come le migliori leggende epiche richiederebbero. D'altronde, non sarà mica el Principito per niente. "In nome di Dio, di San Michele, di San Giorgio, ti faccio capitano".

SUL CAMPO - Come si diventa un leader? Chiedetelo a lui, chiedetelo a Lucas Biglia. Prima lo si diventa in campo, imparando a essere quel perno fondamentale per la Lazio pennellata dal tecnico emiliano. Un reparto nevralgico, quello in cui si trova a operare Lucas. Quando c'è si vede, il gruppo lo segue, la palla viaggia ordinata, lui detta i tempi, lo fa con il giusto dinamismo. Ha i piedi buoni, quelli che servono per tirare punizioni al bacio. Quelli che servono per creare commozioni e giubilo in occasione di un Lazio-Torino: "da quant'è che non segnavamo su punizione?". Due anni. Ma adesso c'è Biglia. Quando non c'è, si vede ancora di più. Basti ripescare nell'armadio dei ricordi colorati di patetismo un Cesena-Lazio. Clima rigido, a ricordare quanto il calcio possa essere gramo, senza un Biglia in cabina di regia e quando due compagini decidono di scambiarsi le parti. Il numero 20 ha afferrato in pianta stabile le redini del centrocampo, assaporando di tanto in tanto il gusto del gol: 4 reti e tre assist nella stagione conclusa.

UNA GUIDA - Poi, lo si impara a essere nello spogliatoio. Pioli lo ha definito un punto di riferimento, ha raccontato ai microfoni di Gazzetta.tv quando lui e un altro pezzo grosso della Lazio internazionale - semplicemente Miro Klose - raggiungevano la squadra dopo i Mondiali, vissuti da entrambi come assoluti protagonisti. Umiltà nel calarsi nel gruppo, senza però dare per scontata la consapevolezza di essere arrivato a un soffio dal laurearsi Campione del mondo. Perché il prestigio di cui gode Lucas a livello internazionale è un dettaglio che Pioli non avrà trascurato. Non è un caso se il centrocampista è ormai titolare inamovibile dell'Albiceleste, una Nazionale dal Palmarès invidiabile, che anche nell'ultima Coppa America ha lottato per un posto sul podio. E così scegliendo, l'allenatore laziale non ha voluto fare altro che ribadire il peso del Principito all'interno dello spogliatoio - e non solo.

"IO RESTO" - C'è poi un altro dettaglio che l'intelligenza del mister non ha sottovalutato. Uno come Lucas ha i riflettori puntati su di sé, ha addosso le attenzioni del Real Madrid, ben lungi dall'essere dell'ultim'ora o occhiate gettate appena, sguardi superficiali, attestati di stima privi di conseguenze. E, certo, non c'è cosa più imprevedibile del calciomercato, ci ha abituato a improvvisi cambi di rotta e inattesi, quanto sgraditi, incidenti. Ma questa investitura sembra un argomento piuttosto probante, pronto a zittire le sirene che richiamano il Nostro verso rive distanti da quelle teverine. Una fascia per legare ancora più a doppio filo l'argentino e la Lazio. Un sospiro di sollievo per i tifosi, affinché sia più facile credere alle parole di quella telefonata tra Lucas Biglia e Stefano Pioli: "Io resto". Almeno per ora.

ARGENTINI - Non è il primo argentino a indossare la fascia biancoceleste. Nel secondo dopoguerra, Salvador Gualtieri vestiva i panni del capitano laziale. Subito dopo sarebbe toccato a Enrique Flamini, il Flacco. Un italo-argentino, così come Ledesma. Da mediano a mediano, Cristian ha passato il testimone: il suo erede è Lucas Biglia.

IL VICE - A Radu sarebbe spettata la fascia di diritto, lui il veterano del gruppo che avrebbe dovuto fregiarsi di questo onore. Ma i rumors non avevano tardato nel serpeggiare: Radu aveva abdicato, il capitano sarebbe stato Candreva. D'altronde, anche il plebiscito aveva sentenziato: Antonio è il pupillo del popolo laziale. Impossibile rimanere indifferenti quando in romanesco - e questo non è affatto un dettaglio di poco conto - senti dichiarare: "Voglio diventare una bandiera, non ho mai pensato di lasciare la Lazio". Se il numero 87 non sarà capitano, è scontato che sarà il vice. Cuore grande, polmoni, chilometri di manto erboso macinato, grinta da laziale: qualcosa di indispensabile per risorgere dagli inferi di un'accoglienza poco generosa, offrendo fatica e sudore, per ottenere in cambio la lealtà che il sostenitore laziale sa donare. E se non bastasse, Antonio si è ritagliato un posto anche in Nazionale, al cospetto di Antonio Conte, che mai ha fatto mistero della stima riposta nell'esterno di Tor De' Cenci. Ha tutte le carte in regola, Romoletto, Pioli su questo non ha dubbi. I tifosi, figuriamoci. E se ci tornano in mente le vecchie leggende di cavalieri ed eroi, ora sappiamo che la Lazio ha ritrovato i suoi condottieri.