L'ANGOLO TATTICO di Lazio-Udinese - I fantasmi del passato nella notte dell'involuzione

26.09.2014 11:50 di  Stefano Fiori  Twitter:    vedi letture
Fonte: Stefano Fiori - Lalaziosiamonoi.it
L'ANGOLO TATTICO di Lazio-Udinese - I fantasmi del passato nella notte dell'involuzione
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© foto di Federico Gaetano

Ridateci la Lazio di Genova. Ma che segni almeno un terzo dei gol realizzati contro il Cesena. Quello il mix vincente, quella la terra promessa da raggiungere. Una squadra che giochi bene, diverta ed entusiasmi i tifosi. E che segni anche un solo gol più dell'avversario. Ma ieri no, ieri sera è stato tutto troppo brutto. Brutto, ma dannatamente vero. Un'involuzione da triplo salto mortale all'indietro. La veste dei fantasmi del passato - per rifarci al sommo Battisti - è tornata a soffocare quel quadro immacolato, su cui Stefano Pioli aveva cominciato a dipingere la sua opera. La Lazio che ha perso in casa con l'Udinese dopo cinque anni è sorella gemella delle ultime, agonizzanti Lazio di Petkovic. O delle Lazio più imbolsite di Reja (vedere lo 0-1 dello scorso 9 marzo contro l'Atalanta, ultima sconfitta interna fino a ieri).

SALTO INDIETRO DI UN ANNO - In fondo, pensandoci bene, come poteva essere altrimenti? Rispetto alla scorsa stagione, gli unici volti nuovi in campo ieri sera erano Braafheid e Parolo. Per il resto, stessi uomini di un anno fa. Che insomma, non è stato proprio memorabile. In sole tre partite, Basta ha posto tra sé e Konko una distanza di rendimento incolmabile. La doppia assenza di Gentiletti e De Vrij ha aperto la strada a una coppia di centrali inaffidabile. Di conseguenza, Ledesma è stato costretto ad abbassare ancor più il baricentro di quanto già non faccia di solito. Accanto a lui, la lettura tattica della prova di Onazi non può che essere negativa. Ai propri interni, Pioli chiede dinamismo e capacità di infilarsi negli spazi; il nigeriano si è invece incaponito nel voler ricevere la palla in posizione statica, sbagliando spesso e volentieri la giocata successiva. "Siamo stati troppo lenti nel muovere la palla, lenti nei movimenti. Abbiamo lasciato solo Ledesma nel girare il pallone, siamo stati sfilacciati, troppo lunghi, con distanze sbagliate", ha ammesso a fine partita mister Pioli.

MODULI, CAMBI E CONFUSIONE - L'onestà intellettuale, lo spirito di autocritica e la totale assenza d'ipocrisia redimono in parte il tecnico emiliano da una serata di piena confusione. O almeno, di scelte ritenute da lui corrette, ma che si sono rivelate fallaci. Tanto nell'undici titolare, quanto soprattutto nella girandola dei moduli e delle sostituzioni. Nella ripresa si è passati dal 4-3-3 a, in ordine: 4-3-1-2, 4-4-2, diventato nel finale 4-2-4. Esattamente lo stesso copione di tante, malandate partite della scorsa stagione Con Klose e Djordjevic, Pioli voleva sfruttare i lanci lunghi e i cross dalle fasce: altro obiettivo senza profitto. Le perplessità maggiori nascono poi dai cambi. Perché non giocare la carta Mauri? Con la sua rara capacità di movimento e inserimento senza palla, il capitano avrebbe potuto davvero sgranchire una Lazio incartata su se stessa. Soprattutto, perché l'ingresso di Keita è stato così tardivo? Lo stesso Stramaccioni ha sottolineato la forza dirompente del numero 14, che in 15 minuti ha creato più pericoli di tutti i suoi compagni messi insieme. Pioli non se l'è sentita di cambiare ulteriormente rispetto a Genova (si spiega così la conferma di Felipe Anderson), ma limitare Keita al quarto d'ora finale non è stata una mossa fortunata. Ora la Lazio guarda alla trasferta di Palermo con ansia e preoccupazione. I rosanero sono in forma, la sfida del Barbera sarà davvero complicata. "Dobbiamo rimediare alle nostre responsabilità. E dobbiamo farlo alla svelta!", ha tuonato in conferenza Pioli. Mister, ha già detto tutto lei.