Lazio, ascolta Biglia: "In Italia per vincere, non poniamoci limiti"

13.08.2014 09:00 di Matteo Botti Twitter:    vedi letture
Fonte: Matteo Botti / Lalaziosiamonoi.it
Lazio, ascolta Biglia: "In Italia per vincere, non poniamoci limiti"

Stesso destino, stesso epilogo. Ha dovuto faticare Lucas Biglia, per imporsi. Ma con il bianco ed il celeste sul petto ce l’ha fatta due volte. Acquisto di punta del marcato delle Aquile capitoline, lo scorso anno, ha vissuto il dualismo con Ledesma. Ballottaggio sterile, quello voluto da Petkovic. In coppia con l’oriundo della Patagonia ha poi formato una cerniera di valore, merito della saggezza di Reja e della sagacia tattica di Alberto Bollini. Si è preso la Lazio a suon di prestazioni e lo stesso ha fatto alla fine di giugno con l’Argentina. Ha atteso il giusto, ha messo la freccia su Gago ed ha convinto Sabella. Una notte sul tetto del mondo, infine la cocente delusione. Oggi Biglia, atteso questa mattina in Paideia per le consuete visite mediche, è carico per una nuova stagione e non ne fa mistero nel corso dell'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport. La consacrazione personale è dietro l’angolo, la rivincita di gruppo anche: “Giocare nel vostro campionato era il mio sogno. Esserci riuscito grazie alla Lazio è un ulteriore motivo di orgoglio, visto che è molto conosciuta nel mio Paese. Oggi posso dire di sentirmi più completo. Qui in Italia si gioca il calcio più difficile. I primi mesi sono stati duri, poi con Reja è andata molto meglio. Obiettivi? Credo che in prospettiva la Lazio non debba porsi limiti, neppure quello dello Scudetto. Sono venuto in Italia con la volontà di centrare questo traguardo. Spero di poterlo fare con la Lazio. La Juve resta la più forte, poi c’è un gruppo di 5-6 squadre che la può insidiare. Noi dobbiamo far parte di questo gruppo”. Terza guida tecnica in appena 12 mesi. Ora è il tempo del regno di Pioli: “È una persona diretta e vuole fare un calcio aggressivo, come piace a me. Mi ha destato un'ottima impressione”. Oggi il rientro ufficiale nei ranghi biancocelesti. Con lui c’è Miro Klose, compagno di battaglie ed amico innanzitutto: “Mi ha abbracciato dopo la finale, non lo dimenticherò mai. Mi ha ricordato che lui una cosa del genere l’ha vissuta nel 2002. E mi ha augurato di cancellarla con una vittoria. Come ha fatto lui”. In chiusura, il pensiero non può non correre alla notte del Maracanà. Una carezza alla Coppa del Mondo, nulla più. La consapevolezza di aver fatto sognare un Paese in difficoltà, quella resta scolpita nel cuore e nella memoria: “In Argentina ci hanno trattato come se avessimo vinto. È stato commovente. Però la delusione per aver solo sfiorato la Coppa ce la porteremo dietro a lungo”.