ESCLUSIVA - I consigli di Mondonico: "Lazio, costruisci la squadra attorno a Keita e dai fiducia a Marchetti"

Pubblicato il 17/04 alle 15:00
18.04.2014 07:00 di Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: Cristiano Galano-Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA - I consigli di Mondonico: "Lazio, costruisci la squadra attorno a Keita e dai fiducia a Marchetti"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Quando si dice un “patrimonio del calcio”, un “esempio da seguire”, tanta è la statura morale e la sua avvincente storia sportiva, professionale e personale. Forse i toni roboanti e la retorica delle facili occasioni non si addicono né tantomeno piacciono a un tipo come lui. Schietto, franco, sempre pronto alla battuta, all’analisi tecnica e tattica. E sempre in possesso di quell’educazione e di quella disponibilità, merce rara nel calcio moderno. Parlare con Emiliano Mondonico suscita le stesse sensazioni che si hanno quando leggi un buon libro o degusti un vino d’annata: hai le certezza che non resterai deluso. Tu chiedi, spulci, domandi, e lui risponde senza limiti, non si frena, ha tanta voglia di parlare di calcio che quasi le domande le fa lui. Non c’è nulla da fare: uomini di campo lo si è per sempre; è un dettaglio se la domenica ci si siede in panchina o sulla poltrona di uno studio televisivo. Non c’è differenza tra l’opinionista pacato e misurato che siamo abituati a vedere ultimamente e l’uomo che brandì la famosa sedia verso l’arbitro (allora) jugoslavo Petrovic, anno domini 1992, finale di ritorno di quella Coppa Uefa che il suo Toro meritava di stravincere al cospetto dei pallidi e sostenuti lancieri dell’Ajax. Un modo caratteristico per far capire tutta la sua contrarietà per la direzione (sciagurata) del fischietto balcanico. Non c’è differenza, appunto: due facce della stessa medaglia chiamata Emiliano Mondonico e il calcio. In esclusiva, la redazione de Lalaziosiamonoi.it lo ha contattato telefonicamente per parlare di Lazio e dintorni. Parafrasando e negando Mino Maccari, Mondonico ha molte idee e per niente confuse: quando gli chiediamo di Lazio, risponde con lucidità, conoscenza e mestiere, sapendo leggere nel dettaglio le pieghe della stagione della squadra capitolina e provando anche ad azzardare quale eredità possa portare la stagione in corso sul futuro prossimo biancoceleste.

Mister, domenica Lazio-Torino promette spettacolo, o almeno questo si attende il pubblico, poco o tanto che sarà. Due collettivi rodati e tante individualità di prim’ordine. Che partita vedremo?

Dico che vedremo una sfida non decisiva, ma che conta molto per entrambe le compagini e le rispettive classifiche. Si affronteranno due squadre che meritano la graduatoria che hanno, frutto di una stagione dall’andatura altalenante ma sicuramente in linea con la forza e la solidità delle due rose. Una sconfitta, per qualsivoglia schieramento, sarebbe un duro colpo soprattutto a livello psicologico, anche se la matematica continuerebbe a non preludere la prospettiva Europa League. La Lazio ha la fortuna di giocarla in casa, al netto della situazione ambientale che ci sarà domenica all’Olimpico. Il Torino dal canto suo sprizza motivazioni elevate e uno stato di forma invidiabile. Anche la maniera sorniona con cui ha chiuso il match domenica scorsa dimostra tutte le insidie che la rosa granata può esprimere.

Ha parlato di “andatura altalenante” del campionato. Privilegiando la situazione in casa Lazio, e con la stagione ormai prossima alla fine che ispira tempo di bilanci, le chiedo: cosa non è andato, in casa Lazio? Cosa non ha funzionato? È stato un anno comunque molto complesso: l’addio di Petkovic, la partenza di Hernanes, l’Europa gettata al vento… lei che opinione si è fatto?

Guardi, se penso alle premesse che c’erano dopo il 26 maggio, rimango stupito. Dopo quel successo, tutti, me compreso, pensavano a un’escalation inesorabile della Lazio verso quel salto di qualità che da tante parti si invocava e che, ripeto, appariva inevitabile. Tutto al cospetto di una Roma obbligata necessariamente a leccarsi le ferite e a provare a risollevare un ambiente “ferito a morte”. E invece, paradosso inspiegabile, il nettare di è trasformato in veleno e la stagione della Lazio ha inanellato amarezze su amarezze, mente sull’altra sponda del Tevere si è ripartiti sorprendendo tutti, forse anche lo stesso ambiente romanista. Mi domando: è normale? Non so rispondermi, se non con una sola considerazione: vincere aiuta certamente a vincere, ma la differenza tra chi è abituato ai successi e chi meno la si vede in questi casi. Sa qual è la forza più grande della Juventus? Avere la certezza che, al lunedì, l’avversario appena incontrato, battuto o meno, è già dimenticato.

E con i giovani? O meglio: la Lazio sta puntando, gioco-forza, su alcune belle promesse, dotate di talento e prospettiva. Le chiedo: può una società prestigiosa come quella biancazzurra puntare sui giovani con decisione, usando lo scouting come vera e propria strategia di mercato? Secondo lei, siamo, non solo qui a Roma, pronti ad aspettare la crescita dei giovani, pur consci che la loro maturazione ha dei tempi definiti?

Quello che so di certo è che il calcio moderno non ha più pazienza e pretende tutto e subito. Le rose delle nostre squadre sono piene di giovani di interessante prospettiva, ma pur escludendo la grande presenza di calciatori stranieri nei nostri tornei, non mi pare che ci sia spazio per una “politica attendista” a cui lei faceva riferimento. D’altronde molte società fanno questo ragionamento: un “anziano”, per modo di dire, garantisce quasi sempre la sufficienza in campo, che equivale anche ad una media di punti a fine stagione. La prestazione che offre invece il giovane, può spaziare dall’”otto” pieno al “quattro” più impietoso. Pochi sono pronti a rischiare: tifosi, presidenti, allenatori. Il calcio moderno non aspetta nessuno.

E dello spagnolo Keita che può dirci? La sua progressiva affermazione è forse una delle poche note liete di questa stagione biancazzurra? Le indicazioni che filtrano da Formello parlano di un Lotito comunque intenzionato a blindare il ragazzo.

Non ho difficoltà a riconoscere come Keita sia dotato di un grandissimo talento. Approvo molto la decisione di Reja, che ritengo esperto e preparato per l’ambiente laziale, di gestirlo, di mediarne la sua giovane età con le esigenze della classifica e degli obiettivi della squadra. Credo anche, però, che il futuro sia dalla sua parte; sono convinto che i dirigenti biancoazzurri dovranno necessariamente costruire la prossima Lazio plasmando la nuova compagine intorno a Keita. Con la permanenza di Candreva, la riconferma di Klose, l’innesto di Djordjevic, la Lazio vanterà un reparto avanzato di tutto rispetto: il giovane spagnolo dovrà, però, essere messo in condizione di sprigionare tutto il suo potenziale.

Lasciando per un attimo il campo: che idea si è fatto della contestazione che il pubblico laziale indirizza alla società e al suo operato?

Guardi, da lontano la cosa non si percepisce con chiarezza. Premesso che Lotito ha conseguito risultati innegabili, faccio la considerazione che se un tifoso, di cui immagino il “dolore” derivante dal non assistere alla partita, volontariamente non si reca allo stadio, una o più ragioni ce l’avrà. Dato per scontato anche il fatto che queste proteste hanno un’incidenza sulla squadra, l’augurio che posso fare è che le parti trovino un punto di incontro, anche uno solo, e piano piano ricuciano lo strappo. Non ho elementi, però, per verificare quanto questo sarà possibile, ancor prima che auspicabile.

Infine, il mercato questo sconosciuto. “Bucate” ultime tre sessioni invernali, la società dovrà necessariamente fare campagna acquisti la prossima estate. Dove serve intervenire con priorità, secondo il suo punto di vista?

Premesso che il prossimo sarà l’anno di Keita e la società dovrà tenere conto di questo, comperando in attacco, e non solo, giocatori che esaltino il giovane spagnolo, mi preme sottolineare, avendolo avuto con me a Bergamo (sponda Albinoleffe, ndr) che uno dei must della Lazio del prossimo anno sarà quello di ridare fiducia, serenità e calore a Marchetti. Un talento come lui ha bisogno di un ambiente che lo valorizzi e lo metta sempre al centro del progetto sportivo. Credo, e spero, che ciò avvenga, per il ragazzo e per la Lazio.