ESCLUSIVA - Paterni: "Il gruppo, la forza della mia Primavera. Keita? Un fenomeno"

Pubblicato il 30/07
30.07.2014 06:20 di Andrea Centogambe Twitter:    vedi letture
Fonte: Andrea Centogambe - Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA - Paterni: "Il gruppo, la forza della mia Primavera. Keita? Un fenomeno"

“Alle fondamenta di una squadra forte c'è il gruppo, noi saremmo stati pronti a dare la vita l'uno per l'altro. È stata questa la nostra forza”. Parla da innamorato, da nostalgico, Nico Paterni, tassello di una delle più vincenti Lazio Primavera di sempre. Uno Scudetto, una Coppa Italia e una Supercoppa sfiorata, il classe '95 si è abituato ad alzare al cielo trofei d'ogni forma e dimensione. Parte da lontano la sua storia laziale, dalla Narnese. La Lazio lo nota, lo prende in prova per poi fargli firmare un contratto di quattro anni. Nico è nato goleador, s'è confermato da terzino, ha fatto della duttilità e della tenacia le sue doti migliori. Il suo primo gol è arrivato nelle finali degli Allievi Nazionali, nel derby contro la Roma. Della serie: ai grandi appuntamenti risponde presente. Saranno anni intensi quelli in bancoceleste, che culmineranno con il tricolore conquistato sotto il cielo di Gubbio. Oggi Paterni ha salutato la Città Eterna con un pizzico di amarezza, si allena con la Paganese. La redazione de Lalaziosiamonoi.it lo ha contattato per ripercorrere le tappe della sua carriera sino ai giorni nostri.

Com'è iniziata la tua avventura con la maglia della Lazio?

“Io abitavo a Terni, giocavo nella Narnese, quando un giorno sono stato chiamato dalla Lazio. Ho fatto una settimana di prova al Gentili, il settore giovanile si allenava lì. Sono rimasto per altri tre mesi e dopo mi hanno chiamato per firmare per quattro anni. Ho iniziato con i Giovanissimi Nazionali e sono arrivato sino in Primavera”.

Cosa ha significato lasciare la tua famiglia a soli 14 anni?

“I primi due anni sono stato da Suor Paola, nel quartiere Bravetta. Sentivo la mancanza della mia famiglia, ci ho messo del tempo per adattarmi. La situazione poi non era delle più serene, abitavo in un convitto dove c'erano ragazzi abbandonati, casi disperati di bambini che non potevano essere mantenuti dalle famiglie. Mangiavamo quello che ci davano, non si poteva pretendere più di tanto. Spesso arrivavamo agli allenamenti dopo aver mangiato un solo würstel. Se si ammalava qualcuno poi, si ammalavano tutti. Per noi giovani che giocavamo non era il massimo”.

C'è qualcuno che ti ha aiutato nei primi mesi a Roma?

“Da Suor Paola eravamo tanti, ci aiutavamo a vicenda. Poi ci hanno trasferito ad Anguillara in un hotel, lì è cambiato tutto. Non biosgnava più fare le cose di fretta, dopo la scuola ci venivano a prendere, facevamo una vita professionale”.

Sembra una sorta di selezione naturale...

“Sì, ho visto tanti ragazzi che dopo pochi gorni se ne sono andati. Fortunatamente la mia famiglia non hai mai avuto problemi economici, mi ha sempre aiutato. Venivo da una città piccola come Terni, è normale che quando sono stato catapultato a Roma ero un po' spaesato. Ma io faccio subito amicizia, caratterialmente sono forte, però c'è anche chi non ce l'ha fatta”.

Torniamo al tuo percorso nella Lazio...

“Ho sempre giocato e segnato tanti gol. Ho militato negli Allievi Regionali, Nazionali e poi sono passato in Primavera. Da bambino facevo l'esterno alto a destra, dagli Allievi Nazionali e dalla Primavera ho cominciato ad allenarmi anche da terzino”.

Da Inzaghi a Bollini, per poi ritrovare Inzaghi...

“Con Simone mi sono trovato benissimo, è un tipo tranquillo, ha grande personalità. Ha giocato a calcio e sa come trattare i ragazzi. Con Bollini è cambiato tutto, a livello tattico è il miglior mister con cui abbia mai giocato. Sapeva ogni movimento della squadra avversaria, con lui sono cresciuto molto dal punto di vista tecnico e caratteriale. Bollini chiede molto ai ragazzi, ma dà a sua volta tanto. Anche i ragazzi chiusi caratterialmene, con lui si sono aperti”.

Quali differenze ci sono tra i due?

“Tantissime dal punto di vista caratteriale, ma anche se parliamo di metodi di lavoro. Con Inzaghi si scherzava di più, anche quando magari non si poteva, era come un fratello. Bollini è più professionale, pretendeva da tutti la massima serietà”.

Tra tutti i compagni di squadra, Lorenzo Pace merita una menzione speciale...

“Il nostro legame quando eravamo da Suor Paola, nei primi giorno. Lui veniva da Lanuvio, abbiamo condiviso lo stesso letto per cinque anni, i momenti più belli della mia adolescenza li ho passati con lui”.

C'è qualche altro compagno che ti porterai sempre nel cuore?

“Non ho mai fatto selezione, nel piccolo tutti mi hanno dato qualcosa che porterò con me. Ovvio che con i ragazzi che erano con me da Suor Paola ho un legame più forte”.

Spesso si è detto che la forza della Primavera biancoceleste è stato il gruppo, granitico. È davvero così?

“Non ho mai sentito o visto un compagno attaccare l'altro. Nel nostro gruppo ci conoscevamo tutti, è stata questa la forza della nostra squadra, noi saremmo stati pronti a dare la vita per un compagno. Sapevamo che questo sarebbe stato l'ultimo anno insieme, quando l'abbiamo realizzato è stato davvero brutto”.

Cosa ricordi della magica serata di Firenze?

“Una serata unica. Arrivare al Franchi, contro una Fiorentina super motivata e alzara la Coppa Italia sul loro campo è stata un'emozione straordinaria. Io purtroppo ero infortunato, ma li ho seguiti ovunque, non potevo stare senza di loro. Sono andato fno a Castellammare solo per vederli giocare, ma tutti avrebbero fatto la stessa cosa”.

Hai avuto la fortuna di giocare con un certo Keita Balde Diao. In una sola parola, come lo definiresti?

“Un fenomeno, una persona umile. Si è sempre impegnato al massimo in allenamento, anche all'inzio della sua avvenura, quando non poteva giocare in attesa del transfer”.

Il presente si chiama Paganese. Che realtà hai trovato?

“Una realtà completamente diversa. Qua ci sono molti giocatori che hanno fatto la B, la C, sono i primi che mi hanno aiutato. Il mister e lo staff sono i migliori che ho inconrtato sino ad ora. Nei primi giorni di preparazione stavo morendo, poi mi sono fatto forza. É calcio professionistico, ora si fa sul serio”.

Che obiettivi ti sei prefissato per la prossima stagione?

“Ogni giocatore spera di fare più presenze possibili e di segnare, non solo per sé stesso, ma anche per la squadra. Mercoledì in amichevole mi sono sbloccato segnando un gol, domani incontrerò L'Aquila in cui militano De Francesco e Perpetuini”.