FOCUS - Lazio al terzo posto, ma manca il killer instinct

Pubblicato il 22/12 alle ore 09.00
23.12.2014 07:00 di Matteo Vana Twitter:    vedi letture
Fonte: Matteo Vana - Lalaziosiamonoi.it
FOCUS - Lazio al terzo posto, ma manca il killer instinct
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Sfuma l'occasione per agganciare il terzo posto in solitaria, l'ennesimo treno passato davanti e perso per un pelo. La Lazio si ferma alla stazione di Milano, le porte si chiudono proprio quando bastava un passo per intraprendere il viaggio. Colpa di una valigia troppo pesante, riempita dalla paura di vincere, l'incapacità di cogliere l'attimo fuggente sembra essere una compagna dalla quale è troppo difficile separarsi. Un cattiva abitudine che affonda le proprie radici in tempi lontanissimi: stagione 2011/12, i biancocelesti perdono contro un Novara con un piede e mezzo in Serie B, poi il pareggio con il Lecce, altra squadra che a fine anno retrocederà, arrivato al 94° grazie ad una mischia risolta da Bojinov a tempo ormai scaduto, condannerà i biancocelesti ad un'altra stagione anonima. C'è poi la madre di tutti i rimpianti, quel Udinese-Lazio che costò la Champions League, il rigore calciato da Zarate, un cucchiaio quando sarebbe servita una coltellata per uccidere i bianconeri e blindare il quarto posto.

STESSA STORIA, STESSO POSTO, STESSO RIMPIANTO - Passa il tempo, cambia la gente, ma il vizietto rimane sempro lo stesso. Gli uomini di Reja sono chiamati a conquistare l'Europa meno nobile, quell'Europa League troppo spesso bistrattata, ma che garantisce onore e gloria. Il primo match ball si gioca all'Olimpico, di contro il Torino: Mauri e Candreva illudono, ma quando sembra tutto fatto i granata riescono a ribaltare la situazione. Solo Candreva, a tempo ormai scaduto, prolunga l'agonia e aumenta i rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato. La mazzata finale arriva due giornata dopo, il risultato è lo stesso, l'amarezza ancora maggiore. Un 3-3, ancora in extremis, stavolta contro il Verona, che condanna i biancocelesti ad una stagione senza coppe europee, uno smacco difficile da digerire visto che l'impresa, con il senno di poi, era tutt'altro che impossibile. Ancora una volta la Lazio riconosce il momento, ma lo lascia passare.

NON PUO' PIOVERE PER SEMPRE - Il resto è storia dei giorni nostri. Sulla panchina ora c'è Pioli, ma il DNA non si può cambiare. Alla terza giornata è il Genoa a ricordare la più famosa delle leggi di Murphy: una partita stregata, nata male e finita peggio con il gol di Pinilla a 5 minuti dalla fine a riportare tutti sulla Terra. Poi un filotto di risultati utili consecutivi, l'aquila sembra aver spiccato il volo fino alla trasferta di Empoli, sulla carta l'occasione giusta per prendersi la terza piazza. Ancora una volta, però, il destino beffardo si mette in mezzo prendendo le sembianze di Barba (al primo gol in carriera) e Maccarone. Con l'inter l'ultimo - si spera - capitolo della saga. Primo tempo dominato, doppio vantaggio firmato Felipe Anderson a blindare tre punti di platino, poi il blackout che permette ai neroazzurri di pareggiare una partita incredibile. Obiettivo raggiunto, si va alla pausa natalizia con il terzo posto in tasca, seppur in coabitazione con Napoli e Sampdoria. Alzi la mano chi non avrebbe firmato per un risultato del genere ad inizio anno, ma ancora una volta c'è spazio per qualche rimpianto. Alla Lazio manca il killer instinct, quella cattiveria che trasforma una buona squadra in un team vincente, quella scintilla che permette di non guardare al futuro affidandosi al destino. Gli uomini di Pioli facciano i dovuti scongiuri; in fondo, non può piovere per sempre.

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