Lazio-Milan, il salto di qualità e quel rigore di Pasalic

Pubblicato ieri alle 15:30
13.02.2017 07:30 di Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: The Hawk-Lalaziosiamonoi.it
Lazio-Milan, il salto di qualità e quel rigore di Pasalic

È difficile scrivere per portare all'attenzione un parallelismo scomodo a una settimana dalla roboante vittoria di Pescara. Consultando gli almanacchi, ed escludendo le amichevoli di rito contro Cuneo, Pievepelago e Vivace Grottaferrata, la Lazio in gare ufficiali non faceva 6 gol in trasferta dal 16 giugno del 1957, 6-2 a Palermo con doppietta di Tozzi. Un risultato di queste proporzioni insomma mancava a laziali di parecchie generazioni. Laziali che sono stati abituati a mangiare la polvere degli anni ’80, ma anche a sedersi al tavolo dei ricchi negli anni ’90. Con le dovute proporzioni, un ossimoro vissuto pure dai milanisti, con cui ci è toccato condividere la B.

Oggi Lazio e Milan sono alla costante ricerca di se stesse, allungate tra un passato che non può più tornare e un futuro a volte incerto, a caccia del salto di qualità. In questo momento specifico, sarebbe più facile scriverlo per un milanista. Eppure anche la Lazio quest’anno ha i suoi peccatucci, visto ha già dimostrato di non saper reggere la pressione eccessiva. Non è una qualità metrizzabile (anche se hanno da poco lanciato il “Pressure Index” che dovrebbe valutare proprio questo particolare attributo in un calciatore), ma quando la pressione e le aspettative salgono, la Lazio non riesce a fare il salto di qualità, né sul mercato né quindi sul campo (anche se poi nemmeno il mercato basta, se è vero che il Milan due estati fa spese quasi 91 milioni di euro senza ottenere un ritorno di risultati equivalente). E, guarda caso, negli ultimi tempi gli obiettivi di mercato sono anche simili (Lapadula, Gio Simeone…).

La speranza è che Inzaghi, sempre attentissimo al termometro della piazza, abbia imparato dalle esperienze precedenti, ma la sensazione è che spesso e volentieri, in questi ultimi 12 anni/quasi 13, la situazione sia rimasta volutamente stazionaria, a prescindere dalla volontà dei mister e dei giocatori di turno. Ed è questo l’elemento dietro le quinte che fa saltare il banco. La gente non solo ha smesso di comprare il biglietto, ma ha pure spento la tv, come testimoniano i numeri di presenze allo stadio e i telespettatori per le partite della Lazio nelle ultime due stagioni. A volte è mancata l’identificazione con la squadra, anche se altri fattori esterni (barriere, tessera, parcheggi…) hanno fatto il resto. E in parte, probabilmente, di mezzo c’è anche il confronto impietoso di questa formazione con un’epoca relativamente recente di trofei e vittorie ottenuti da una squadra che, seppur per poco tempo, è salita sul tetto d’Europa, cosa di cui in Italia possono vantarsi solo il Milan (nel 2007) e la Juve (1999, 2000), e nemmeno l’Inter che dopo il Triplete del 2010 non arrivò oltre l’8° posto.

Ma non è il caso di lasciarsi deprimere dalla nostalgia: il passato è utile quando si ricongiunge al presente e indica una via per il futuro. Secondo i dati, dal 1997/98 ad oggi, da quando Nesta gonfiò la rete sotto la Curva Nord facendo impazzire di gioia un popolo che non alzava una coppa da 24 anni, davanti alla Lazio in termini di trofei ci sono solo le squadre a “stelle e strisce”. Loro, che tradizionalmente hanno vinto sempre più di noi, hanno mantenuto il passo che ha contraddistinto la loro storia. La Lazio di Cragnotti invece, come quello che si auspicava quel tifoso in “The Fan-Il Mito”, ha cercato di cambiarla e darle un tocco imprevisto. Vero è che una Champions League vinta ai rigori con la Juve, una rivincita sul Liverpool, un Triplete o cinque scudetti consecutivi sono successi sportivi dal valore maggiore, ma alla fine della fiera rimangono pur sempre grandissime gioie sportive che, dal punto di vista della partecipazione emotiva del tifoso, non sono per niente superiori ad una coppa vinta in finale in un derby, a una Coppa delle Coppe sollevata in Inghilterra o una Supercoppa Europea conquistata contro gli eroi del “Treble”. E, almeno fino a pochi giorni fa, solo Juventus e Inter potevano affermare di aver vinto di più della Lazio negli ultimi 18 anni. Quando Mario Pasalic ha gonfiato la rete spedendo il pallone all’incrocio dei pali il 23 dicembre allo stadio Al Sadd di Doha infatti, il Milan ha conquistato il suo 12° trofeo di questa particolare epoca, staccando gli 11 titoli vinti dalla Lazio in questo frangente (e guarda caso ancora Pasalic, a pochi giorni di distanza dal Monday Night, ha deciso la sfida di Bologna…).

TITOLI SUL CAMPO DAL 1997/98

Juventus 18

Inter 15

Milan 12

LAZIO 11

Roma 5

Napoli 4

Parma 4

Fiorentina 1

Una vittoria pesante perché da una parte ha conferito una dimensione terrestre alla Juventus, ma anche e soprattutto perché ha ristabilito le gerarchie del calcio italiano, facendo scivolare la Lazio al quarto posto, anche se pur sempre davanti a Roma, Napoli e Fiorentina. Considerando che storicamente, nella “classifica eterna” di Serie A stilata da Transfermarkt che tiene conto di tutti i campionati a girone unico dal 1929, la Lazio è sesta (dietro le solite 3 più Roma e Fiorentina, ma davanti al Napoli), se dovesse continuare il trend, si ritroverebbe presto scavalcata da chi vanta numeri superiori dal punto di vista del pubblico e un approccio più “global”, ma non per questo un numero sostanzialmente maggiore di trofei in bacheca. Anche se, proprio per lo stesso motivo per il quale le superpotenze europee intendono presto dare vita alla tanto chiacchierata Superlega dove i ricchi e FAMOSI avrebbero la possibilità di diventare ricchissimi (basta pensare agli ingaggi delle leghe americane…), il rischio di rimanere indietro per la Lazio c’è ed è molto concreto.

Possibile che il fatto che ultimamente i vari super-agenti Raiola e Mendes (Valencia e Monaco esempi altalenanti delle sue frequentazioni) bazzichino dalle parti di Formello, sia un viatico per cercare di restare attaccati al treno delle grandi ed entrare nella PERIFERIA dell’élite del calcio moderno. Ma la Lazio per storia, posizione geografica, numeri e trofei, ha diritto ad ambire pure a qualcosina in più. Che poi il Fair Play finanziario abbia soltanto avuto l’effetto di cristallizzare ulteriormente le gerarchie del calcio europeo a questo punto è sotto gli occhi di tutti (ma non era nato con l’intenzione opposta?). Se però storia, posizione geografica e trofei sono inconfutabili, dal punto di vista dei numeri invece, la Lazio rimane sospesa tra la dimensione di una grande e quella di una provinciale, ma ha tutto dalla sua parte per poter far sì che sia la prima qualità a prevalere sulla seconda e fare il famoso salto di qualità che tutti si auspicano… nel futuro.