ESCLUSIVA - La leggenda norvegese Bredesen: "Tiferò la mia Lazio dalla tv! Io all'Olimpico ci giocai per primo nel '53 e al derby mi scatenavo!"

21.10.2015 12:13 di  Davide Capogrossi  Twitter:    vedi letture
Fonte: Davide Capogrossi - Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA - La leggenda norvegese Bredesen: "Tiferò la mia Lazio dalla tv! Io all'Olimpico ci giocai per primo nel '53 e al derby mi scatenavo!"

"Ho giocato con Sentimenti IV, Sentimenti V, Fuin, Alzani, Malacarne, Furiassi, Vivolo, Antoniotti, Antonazzi, Puccinelli. Me li ricordo tutti". Sono passati 60 anni, Ma Per Bredesen vive ancora immerso nei suoi ricordi. Fotografie in bianco e nero, ritagli di giornale. Oggi ha 85 anni, è considerato ancora il più noto calciatore della storia del calcio norvegese. La voce è quasi rotta per l'emozione, l'italiano ha suoni marcati ma è perfetto e commovente nella sua semplicità. Una mezzala atipica per l'epoca, dalle caratteristiche moderne. Uno dei suoi soprannomi era "Tocco magico", era perfettamente ambidestro, un modo di calciare il pallone impeccabile, il vizio del gol nel sangue. Il suo primo contatto con il calcio in tenera età, la palla di carta per affinare la tecnica. Arrivò in Italia nel 1952, uno sfizio del presidente della Lazio Remo Zenobi. Figlio adottivo di Roma, rimase nella Capitale sino al 1955. Proseguì la sua carriera tra Udiense, Bari e Messina, nel mezzo uno Scudetto da protagonista con il Milan di Schiaffino e Liedholm. La città eterna però resta il suo unico grande amore. La Roma seducente ed elegante degli anni '50, della Dolce Vita, di Fellini e della Ekberg, il Paradiso in bianco e nero. Bredesen ricorda ogni dettaglio, ogni sfumatura: dall'inaugurazione dello Stadio Olimpico alla storica sede biancoceleste in via Frattina, sino ai protagonisti di una Lazio romantica e mai dimenticata.  La redazione di Lalaziosiamonoi.it ha contattato in esclusiva Per Bredesen per una lunga intervista intrisa di ricordi, alla vigilia della sfida di Europa League tra la 'sua' Lazio e i norvegesi del Rosenborg.

Complimenti per il suo italiano impeccabile. "Gli anni passano, quando si tratta di calcio sono più italiano che norvegese. Torno in Italia ogni anno, mio figlio ha una bellissima casa a Montefiascone, vicino Roma".

La nazionale norvegese ha perso di recente contro l'Italia per 2 a 1. Che impressione le hanno fatto gli azzurri? "Non giocano al livello degli anni scorsi, ho visto la partita in tv. Hanno vinto contro Malta, contro la Bulgaria hanno fatto solo 1-0 su calcio di rigore. Mi aspettavo qualcosa di più, ma l'importante è vincere".

Il movimento calcistico del suo Paese sta cercando di tornare ai fasti degli anni '90. Qual è la situazione? "Il calcio norvegese è in crescita, anche in Nazionale. Adesso ci sarà lo spareggio per la qualificazione agli Europei contro l'Ungheria, una squadra con più esperienza, vediamo come andrà".

Domani allo Stadio Olimpico ci sarà Lazio-Rosenborg. Farà un salto nella capitale per l'occasione? "Penso che andrò a Roma a Natale, non per la gara con il Rosenborg. La vedrò in tv, se la Lazio vince sono contento. Ho giocato tre anni a Roma, è stato un sogno per me. La Lazio di Bigogno e del presidente Reno Zenobi, che morì nel 1953. Il 17 maggio di quell'anno giocammo per la prima volta allo Stadio Olimpico., era sempre pieno di gente, soprattutto nei derby contro la Roma".

Qual è il suo giudizio su questo Rosenborg? "L'altro giorno ho inviato una mail alla Lazio, parlando bene di questa squadra. Ha praticamente vinto il campionato norvegese con un distacco importante sulla seconda, sono forti e in crescita, giocano sempre meglio. Ora punteranno a far bene in Europa League. Nella prima partita avevano pareggiato 2-2 fuori casa contro il Saint-Étienne, che è una buona squadra. La Lazio non deve prendere la partita sotto gamba, non sarà facile. Il Rosenborg non è forte come la Lazio ma è in forma e può essere pericoloso".

Lei è considerato il giocatore più forte della storia del calcio norvegese, ma quando sbarcò in Italia nel 1952 fu costretto a rinunciare per sempre alla Nazionale. La federazione norvegese infatti non permetteva ai calciatori professionisti di indossare la maglia della Nazionale. Una decisione difficile per lei.  "Si è vero. Io comunque sono stato fortunato a venire in Italia, perché ha alcune delle squadre più forti al mondo.  La Nazionale ha vinto il Mondiale per quattro volte. E poi c'è il mio amico Trapattoni (ride, ndr). Gli ho dato una mano quando giocarono in Norvegia tanti anni fa. Nel 1990 ero a Roma per la Coppa del Mondo voglio raccontare un episodio divertente che mi capitò con la Lazio".

Prego..."L'allenatore a quel tempo era Materazzi, io avevo 60 anni e andai a vedere un allenamento della Lazio. Lui appena mi vide propose di fare un cinque contro cinque e io dovevo partecipare a questa partitella. Giocavo in squadra con un ragazzino molto bravo che aveva 20 anni, di nome Paolo Di Canio. Ci siamo divertiti, anche se io avevo 60 anni e loro erano tutti ventenni".

Lei ha vissuto momenti importanti nella Lazio degli anni '50, cosa ricorda in particolare? "Conservo ancora tutti i ritagli dei giornali di quegli anni, ho tante fotografie. Quando li guardo mi vengono in mente tutte le partite. Contro la Roma giocavo sempre le mie partite migliori, era uno spettacolo pieno di gente. Contro la Juventus invece feci una doppietta e vincemmo per 2 a 1, la settimana dopo giocammo a Firenze contro la Fiorentina e io realizzai la rete decisiva".

Lei per i tifosi era Varechina per via dei suoi capelli biondissimi, quasi bianchi. "Si è vero, io ero Varechina. Avevo anche una maglia, dietro c'era scritto 'varechina'".

Era anche benvoluto dalla gente, il rapporto tra calciatori e tifosi era differente rispetto al giorno d'oggi. "Avevo tanti amici a Roma. La sede del club era in via Frattina 49 (il civico era l'89, ma la memoria resta pazzesca, ndr), vicino Via del Corso. Sempre pieno di gente. Le partite erano all'Olimpico, andavamo dietro le montagne, su a Monte Mario. L'accesso era chiuso e soltanto noi potevamo  andare con il pullman. Poi c'era un premio particolare per il migliore in campo".

In cosa consisteva? "Il migliora entrava in possesso di un vestito Blue Ribbon, nel negozio di via Nazionale. Una volta dopo un allenamento un tizio bussò alla portiera della mia macchina. Io aprii e lui infilò in macchina cinque cartoni di Campari Soda. Io chiesi cosa fosse, e loro mi risposero che avrei dovuto vedere la Gazzetta dello Sport all'indomani. Il giorno dopo comprai il giornale e c'era scritto (legge la copia originale dell'epoca, ndr): 'gioca indifferentemente centravanti, interno o ala, il prestigioso attaccante norvegese Per Bredesen. Ma non beve indifferentemente qualsiasi aperitivo. Beve anche lui il Punt e Mes di Carpano (storico vermut dell'epoca, ndr)'. Mi avevano fatto la réclame, non me n'ero neanche accorto".