Il mental coach Corapi sulla Lazio: "Nelle aziende le responsabilità principali sempre al vertice. Candreva? Ha dato il massimo"

27.05.2016 09:50 di  Gabriele Candelori  Twitter:    vedi letture
Fonte: Lalaziosiamonoi.it
Il mental coach Corapi sulla Lazio: "Nelle aziende le responsabilità principali sempre al vertice. Candreva? Ha dato il massimo"

"Le responsabilità bisogna sempre ricercarla in chi dirige e conduce un gruppo. Poi ognuno deve assumersi la responsabilità in base al ruolo che ricopre, ma come succede in una qualsiasi azienda, se qualcosa non funziona la responsabilità è del capo. Nel mondo dello sport la dinamica è la stessa: il tecnico ha responsabilità nei confronti della squadra, la società ha responsabilità del tecnico, della squadra e della società stessa". Parte da questa riflessione l’analisi di Sandro Corapi, mental coach ai tempi di Petkovic e attualmente di diversi giocatori tra cui Candreva. Tanti i temi toccati ai microfoni di Fantagazzetta, a partire da una stagione - quella della Lazio - in cui si è parlato spesso di scarse motivazioni: "Per me sono solo degli alibi, perché la stessa squadra l’anno precedente ha fatto delle prestazioni che hanno meravigliato il mondo calcistico italiano e non solo. Stessa squadra, stessi giocatori: quindi nella peggiore delle ipotesi avrebbero dovuto ripetere la stagione precedente. Gli alibi non vanno cercati qua, ma altrove". Una piazza difficile, ma per Corapi non differente da tante altre: "La tifoseria è agguerrita ed esigente. Talmente attaccata ai colori che vorrebbe la sua squadra primeggiare sempre. Questo mette una forte pressione, che poi si riversa sulla squadra. Ma la piazza romana non è differente da quella genovese, torinese o milanese. Sta nella professionalità dei calciatori tenere botta".

ETICHETTE E CANDREVA - I calciatori vengono sempre descritti come servi di popolarità e denaro: “Non mi risulta, perlomeno i ragazzi che seguo sono tutti ligi al dovere e dimostrano una professionalità encomiabile. Credo sia un discorso di etichetta che si vuole dare al successo e ai guadagni dei giocatori. Chiaro che sono degli essere umani come tutti e ognuno ha le proprie idee e opinioni, ma non li vedo così libertini nel tempo libero. L’importante poi è che nel rettangolo di gioco ognuno faccia il proprio dovere. Da quello che ho visto, però, se uno è campione in campo spesso lo è anche fuori. Nella mia esperienza alla Lazio, la prima persona che si è avvicinata con curiosità alla figura del mental coach è stata Miro Klose. Questo significa che se una persona vuole lavorare su di sé non deve mai perdere la curiosità di imparare”. Una stagione tra alti e bassi per Antonio Candreva: “Visto come era iniziata, la sua stagione è terminata in modo positivo, perché per il terzo anno consecutivo è andato in doppia cifra in una condizione di squadra e ambientale che non ha favorito le migliori prestazioni. Mentre l’altro anno ci sono stati Felipe Anderson, Klose, Mauri e Parolo in doppia cifra, quest’anno nessun altro ha superato i 10 gol oltre a Candreva. È chiaro che la prestazione ne ha risentito, ma perché nella Lazio non ha espresso il 100% del suo potenziale e in Nazionale sì? L’atleta è sempre lo stesso. Se un atleta è scarso lo è ovunque. Candreva è stato forte con la Lazio, fortissimo in Nazionale. Evidentemente in azzurro le condizioni ambientali erano diverse. I giudizi negativi li ha vissuti puntando sempre sui risultati, puntando a fare gol. La fascia di capitano? Chiaro che nella fase iniziale ci sia rimasto male, ma poi l’ha assorbita bene puntando a dare il meglio di sé e mettersi al servizio dei compagni, con i quali non ha avuto nessun tipo di problema".