Le confessioni di Simeone: "Un giorno allenerò l'Argentina. La Lazio il club più forte in cui ho giocato..."
Si è lasciato andare in una vera e propria intervista fiume Diego Pablo Simeone. Il tecnico dei Colchoneros, raggiunto dalle telecamere del noto programma spagnolo El Transistor, ha ribadito ancora la sua volontà di guidare in futuro la nazionale argentina, soffermandosi anche sul suo passato in biancoceleste: “Ripeto quello che ho già detto in passato: mi piacerebbe allenare la Selección, ma oggi non ci sono le condizioni perché questa possibilità si realizzi. L’altro giorno parlavo con Bauza che mi raccontava come lavora. Devo dire che è un ruolo difficile, soprattutto per come sono io. A me piace essere sul campo tutto il giorno, lavorando continuamente ed essere sempre in tensione. E la nazionale questo non può dartelo. Non posso negare però che quando sento l’inno in un Mondiale o in Coppa America, provo delle emozioni forti. Ma è la realtà ciò che conta, e penso che devo migliorare ancora come allenatore. Voglio arrivare a quell’appuntamento con una consapevolezza diversa rispetto ad oggi”. Un pensiero anche al suo connazionale Jorge Sampaoli, in lotta con il Cholo per la conquista del terzo posto della Liga: “Al di là del fatto che sia bielsista o meno, c’è sempre un’idea comune che è quella di voler vincere, e in questo non c’è molta differenza tra di noi. Non lo conosco, non abbiamo avuto modo di salutarci o parlare, ma senza dubbio il suo arrivo ha fatto bene al calcio spagnolo. Ha portato nel Siviglia la sua idea di gioco e ha fatto bene in Champions League”. Poi ecco anche una riflessione sulla sua avventura nella Capitale: “Nella Lazio c’erano giocatori come Veron, Almeyda e Sensini. Quella è stata una delle migliori squadre, come organico, in cui abbia mai giocato. Iniziai il campionato da titolare, poi ci fu la sconfitta nel derby contro la Roma e da lì giocai solo in Coppa Italia, mentre in campionato solo cinque minuti. Quando entravo però davo tutto. I miei ex compagni mi dicevano “ma come fai ad essere contento di giocare solo cinque minuti?”. Gli risposi “se gioco bene anche solo cinque minuti, poi ne giocherò sei, sette e via dicendo". Quando sei calciatore non devi preoccuparti troppo dell’allenatore. Un calciatore è un calciatore. L’allenatore ti può far giocare o sostituire, ma non può ignorare le tue qualità”. Infine, sulla vita privata: “A casa sono lo stesso di sempre. Vedo le partite, preparo le tattiche e preferisco farlo in casa piuttosto che rimanere tre ore in più al centro sportivo. Cambio i pannolini, ho una bella figlia di sei mesi. Per fortuna ho accanto una persona come Carla che mi capisce. Essere padre da grande è differente rispetto a quando lo sei da giovane. Comprendi di più le situazioni, ma ho avuto la fortuna di avere quattro figli fantastici".