Re Cecconi, 41 anni fa la tragica morte: mistero e dolore per il giocatore mai dimenticato

Pubblicato il 18/01 alle 09:45
19.01.2018 06:55 di Francesco Bizzarri Twitter:    vedi letture
Fonte: Francesco Bizzarri - Lalaziosiamonoi.it
Re Cecconi, 41 anni fa la tragica morte: mistero e dolore per il giocatore mai dimenticato

Una tragedia datata 18 gennaio 1977. 41 anni fa se ne andava Luciano Re Cecconi, l’Angelo Biondo della Lazio del primo scudetto. Sono le 19:30 circa quando il giocatore, insieme al compagno di squadra Pietro Ghedin e un amico comune, il profumiere Giorgio Fraticcioli, entrano nella gioielliera di Bruno Tabocchini, in via Nitti, a Roma. Uno scherzo, la ricostruzione ufficiale. Il gioielliere, intimidito dall’urlo “Fermi tutti, è una rapina”, estrae la pistola e spara. L’Angelo Biondo cade a terra e muore. Non serve a niente la corsa verso l’Ospedale San Giacomo. Alle 20:04 il giocatore della Lazio viene dichiarato morto. Una scena surreale che diventa realtà. Un addio sciocco e improvviso che lascia tutta l'Italia dello sport e non solo senza parole. Luciano Re Cecconi viene ricordato ancora oggi. La bandiera con il suo volto angelico c’è sempre nella Curva Nord della Lazio. Di tempo ne è passato tanto, ma quell’amaro in bocca però, resta.

RE CECCONI, L'ANGELO CADUTO - E pensare che Re Cecconi, infortunatosi al ginocchio, è fuori dai campi da quasi 4 mesi. Ultimo match disputato: 24 ottobre 1976. Nei primi mesi dell’anno successivo sta recuperando in fretta. Rientro previsto per il 30 gennaio. Il 18 pomeriggio gioca quasi tutta la partitella di allenamento agli ordini di Tommaso Maestrelli. Poco dopo, il suo destino incrocia il mirino di una revolver calibro 7,65. Indagini su indagini proseguono tra lo sconcerto dei tifosi della Lazio e di tutto il mondo dello sport. Caso archiviato, avallata la tesi di uno scherzo finito male. Anche se nella fase istruttoria, il gioielliere Tabocchini sostiene che Re Cecconi non fece nulla che potesse essere preso come un tentativo di rapina. Stessa testimonianza data in un secondo momento da Ghedin, che però in una versione precedente aveva sostenuto il contrario. Un mistero che dopo 41 anni è rimasto lì, sospeso.

L'UOMO - Tommaso Maestrelli l’aveva voluto prima al Foggia, poi alla Lazio. Il tecnico toscano è un secondo padre per il centrocampista nativo di Nerviano, in provincia di Milano. Luciano è la colonna portante di una squadra che vince lo scudetto nel 1974, ma è soprattutto uno degli uomini saggi di una banda di scalmanati. Un gruppo disunito, antipatico, anche violento. Chi gira armato, chi si azzuffa in allenamento. Se Maestrelli è stato il condottiero di quella squadra, Re Cecconi ne è stato il vice, il giusto collegamento tra l’allenatore e i giocatori. Sono mesi terribili quelli tra la fine del 1976 e l’inizio del 1977. Il 2 dicembre muore Maestrelli per un maledetto cancro al fegato. Il 18 gennaio se ne va Luciano per uno scherzo. È la fine di quella squadra che racchiude dentro di sé personaggi, miti, vittorie e tragici incidenti.