La Lazio si piega, ma quanto pesano Var e torti. Essere laziali veri per non sparire

21.05.2018 08:00 di  Alessandro Zappulla   vedi letture
Fonte: Alessandro Zappulla - Lalaziosiamonoi.it
La Lazio si piega, ma quanto pesano Var e torti. Essere laziali veri per non sparire

Il Dio del calcio ha dimenticato i 60mila dell’Olimpico. Si è scordato della Lazio, ha chinato la testa ai potenti. Il Dio del calcio non c’è più o per lo meno non lo si è visto volgere il suo sguardo oggi verso i biancocelesti. Ha cancellato in un sol colpo un fiume di gare disputate dalla banda di Inzaghi, abile a rubare applausi a scena aperta per lo spettacolo di qualità mostrato per una stagione intera. Ha tralasciato di render giustizia in quel triplice fischio dell’ultimo miglio alla valanga di torti arbitrali abbattutasi su Formello, contro cui per un anno intero la Lazio e i laziali hanno dovuto lottare. Il Dio del calcio ha alzato bandiera bianca e in un attimo ha infranto migliaia di sogni biancocelesti. Ha vinto l’Inter. Ha vinto all’Olimpico. Ha vinto cancellando forse definitivamente l'onta di quel 5 maggio dalle brutte memorie nerazzurre, portandosi via il pass per la Champions. Fa male raccontare un epilogo del genere. Fa male, perché questa è una squadra che per un'intera stagione è riuscita a farsi rispettare dalle grandi. È stata in grado di recitare un ruolo importante, pur non avendo le stesse possibilità di chi era partito per primeggiare in campionato. Oggi Davide ha chinato la testa a Golia e ha lasciato in bianco una pagina di storia che avrebbe raccontato di come il lavoro e l'impegno debbano primeggiare su ricchezza e potere. 
La Lazio c'era, la Lazio c’è stata. La Lazio ha combattuto da squadra davanti ad un popolo intero, ma ha perso contro chi investe milioni, contro chi è "preferito" nei salotti buoni della Coppa che conta. Ha lottato con le unghie e con i denti, rastrellando le ultime energie rimaste dopo un campionato logorante. Avrebbe di sicuro meritato la conferma del piazzamento Champions, ma nella storia di questo club non c’è stata battaglia che si rispetti che non sia passata attraverso l’ultimo disumano sforzo, quello che oggi, però, non è bastato. Questo è un gruppo di uomini veri, di sportivi onesti intellettualmente, di calciatori abituati a non piangersi addosso. "Non dovevamo arrivare a giocarci questa qualificazione con l'Inter. Dovevamo chiuderla prima", ha evidenziato Lulic in zona mista. Giusto, giustissimo, ma resta il fatto che al netto dei molteplici torti arbitrali, oggi la gloria sarebbe già cucita addosso alla Lazio. E se la signorilità del capitano laziale impone allo stesso di guardare al campo, anzichè alla polemica, in questa sede sarebbe giusto ricordare anche altro. Ad esempio gli orrori di Lazio-Torino, oppure le decisioni discutibili di Lazio-Fiorentina, o ancora quelle inspiegabili del derby, di Milan-Lazio, di Cagliari-Lazio, di Fiorentina-Lazio. Insomma tutto ciò che ad oggi ha chiaramente pesato nell'economia finale della classifica. "Crescerà l'uso della Var e cresceremo pure noi", ha concluso Senad. Un auspicio per sé e per gli altri. Un augurio per una crescita dal di dentro, che imporrà un'analisi onesta nelle segrete stanze di Formello e degli investimenti in fase di mercato. Ma soprattutto una crescita al di fuori, dove la critica non può e non deve esistere per far si che il vento soffi in poppa a ricchi e potenti. Il calcio è agonismo, è disputa, ma soprattutto è purezza. Questo è il carburante vitale di questo sport, che in questa stagione però, nei confronti della Lazio, è venuto meno. L'amaro in bocca che sa di indigesto e che rischia di allontanare. La sconfitta che non si metabolizza e fa discutere. La rabbia di un popolo che si sente di defraudato e non ci sta. Ecco la ferita aperta nel cuore della Lazio. Ecco il livore crescente nel Laziale. Ora bisogna resistere. Ora serve compattezza vera. Ora occorre progettualitá per sperare. Ora è d'obbligo essere laziali veri e non sparire.