A tutto Biglia: da casa della nonna fino alla consacrazione

03.10.2015 09:46 di Claudio Cianci   vedi letture
Fonte: Claudio Cianci- Lalaziosiamonoi.it
A tutto Biglia: da casa della nonna fino alla consacrazione
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© foto di Federico Gaetano

Prima di diventare il Principito, capitano e capocannoniere della Lazio, leader, vicecampione del mondo e d’America con l’Argentina, giocava dalla nonna con suo fratello Cristian. Erano l’incubo del vicino di casa, che per proteggersi dalle pallonate, costruì un muro per salvarsi. Ogni giorno andava così: Lucas e Cristian Biglia compravano un quotidiano sportivo, sceglievano una partita tra quelle in programma e la giocavano. La porta era formata da una piscina gonfiabile acquistata dal padre, Migel “Pego”. Veniva poggiata sul muro di protezione del povero vicino e partiva la raffica di tiri. La piscina, ovviamente, si ruppe presto. I palloni che sorvolavano il confine non venivano recuperati: "Se la palla scavalcava il muro non andavamo a prenderla… ". La sua carriera iniziò a 4 anni, nel Quilmes, un piccolo club. Cristian portò Lucas agli allenamenti. C’era un posto libero. 

IN PORTA -  Uno degli allenatori, il “Pocho” Gomez, lo scelse, lo mise in porta anche se era un bambino minuto. Lucas Biglia ancora possiede una fotografia in cui veste i panni da portiere. Fra i pali ci rimase poco, si spostò nel cuore del centrocampo. Dal Quilmes passò all’Estudiantes Mercedes (squadra della sua città) perché il padre iniziò la sua carriera da allenatore lì. Un giorno, in un torneo, fu notato da un osservatore dell’Argentinos Juniors. L’allenatore di quel gruppo s’avvicinò a papà Biglia e gli disse: “Mi interessa quel biondino che gioca a centrocampo, vorrei parlare con il padre”. Lo presero in prova, era il 1997, lo fecero giocare, lo scelsero. Biglia si divideva tra i baby dell’Argentinos Juniors e l’Estudiantes del papà, a volte la domenica giocava due volte: “Nessuno sforzo, lo facevo per voglia”. La giornata era lunghissima, andava a scuola di pomeriggio, usciva alle 8 di sera, a quell’ora l’unico desiderio era tornare a casa, cenare e andare a dormire. Nella prima squadra dell’Argentinos arrivò a 17 anni, il club era in crisi, s’affidarono ai giovani promettenti. Il tecnico Batista lo conosceva dalle giovanili, lo scelse subito: “Con me giocherai tu”. Come ricorda Il Corriere dello Sport, il periodo con l’Argentinos fu molto importante per la formazione del ragazzo: lì gli insegnarono a distribuire il gioco. Poi il passaggio all’Independiente, Il tecnico Falcioni un giorno gli prese la mano: “Mi disse che la maglia 5 era mia, che il posto da titolare dipendeva da me, non dai giocatori che sarebbero arrivati”. Tra i maestri del volante laziale c’è anche Hugo Tocalli, l’ha allenato nell’Argentina dei baby: “Sa di calcio, è un educatore, i suoi insegnamenti mi hanno dato frutti. Mi ha sempre detto che ero il suo capitano, il suo allenatore dentro al gruppo”. 

L’ESPLOSIONE - Lucas Rodrigo Biglia ha detto addio al Sudamerica a 20 anni, ha scelto l’Anderlecht e l’Europa, è diventato grande altrove. In Belgio è cresciuto, è diventato uomo e ha debuttato in Champions. La vita di Lucas, però, non è stata così facile come sembra. Le difficoltà sono arrivate successivamente. La morte del padre, nel 2008, lo sconvolse, porta sempre con sé una maglia con il suo volto. Prima di sbarcare a Roma passò un altro momento terribile: rischiò di cadere in depressione. Tornò in Argentina, straziato dal dolore, una volta si chiuse per 10 giorni in una stanza buia, i medici gli prescrivevano cure, sentiva la testa scoppiare. La forza interiore, l’amore per la moglie e per la sua famiglia, lo aiutarono.  Ne uscì senza toccare mai gli anti depressivi. In quel momento capì che la vita non era solo il calcio. Le chiamate della Lazio e dell’Argentina gli hanno restituito forza e motivazione. Oggi il talento di Mercedes è nel pieno della maturità, è nel pieno di un abbagliante splendore, nell’ultimo anno è diventato tutto, l’ascesa è stata continua. E’ uno dei registi più forti del panorama internazionale. E’ universale, gioca a un tocco, a due tocchi, a tutto campo e ha iniziato a segnare a ripetizione. E’ l’insostituibile di Pioli, il capitano e capocannoniere della Lazio, il vicecampione degli ultimi Mondiali e dell’ultima Coppa America. E’ quel diavolo biondo che faceva impazzire il vicinato e vuole stupire il mondo.