Appalto da 1,7 miliardi: maxievasione per Piero Tulli

23.10.2014 09:29 di Saverio Cucina   vedi letture
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Appalto da 1,7 miliardi: maxievasione per Piero Tulli

È finito nell'occhio della magistratura l'imprenditore romano Piero Tulli, che nell'estate del 2004 era in lizza con Lotito per acquisire la società biancoceleste sull'orlo del fallimento. Secondo l'accusa, Tulli sarebbe a capo di un piccolo impero della logistica, del facchinaggio, delle pulizie e della vigilanza privata, specializzato anche nel nascondere soldi al Fisco: il danno per lo Stato viene quantificato in un miliardo e 700 milioni di euro. Di seguito riportiamo l'estratto di oggi de Il Fatto Quotidiano in merito alla vicenda:

È un business che vale milioni di euro, quello delle pulizie e del facchinaggio alla Camera dei Deputati. Precisamente solo nel primo semestre del 2014 la commessa per “trasloco e facchinaggio” è costata oltre 1,4 milioni di euro. Più onerosi i servizi di pulizia che, sempre rendicontati nelle spese dei primi sei mesi di quest’anno, sono costati alla Camera più di cinque milioni di euro. Nello specifico, in questo settore, un appalto da 2,1 milioni di euro è stato vinto dalla Cns Consorzio nazionale servizi società cooperativa, azienda finita solo sette giorni fa nel mirino dell’Antitrust, per un altro appalto Consip da 1,7 miliardi di euro, vinto in Ati con altre aziende. Un’altra commessa della Camera, da 2,3 milioni è stato affidata invece alla Co.l.Ser Servizi S.c.r.l. E poi ci sono altri appalti minori. Per quanto riguarda il “settore Ristorazione” ci sono altre due commesse sempre per le pulizie: una da 728 mila euro circa affidata alla Compass Group Italia e un’altra da oltre 222 mila euro alla ormai ben nota Milano 90 srl, che da anni lavora con la Camera. I servizi di pulizia quindi fanno gola a molti.

IN PASSATO anche a Pierino Tulli, romano del ’41, nato come edicolante e finito nel business dei trasporti. Adesso è accusato dalla procura di Roma di essersi appropriato, insieme al suo braccio destro, “di 160 milioni di euro di denaro distratto che invece sarebbe dovuto finire nelle casse dello stato”. Solo due giorni fa, infatti, gli agenti del Nucleo valutario della Guardia di finanza, guidata da Giuseppe Bottillo, hanno effettuato un sequestro preventivo di oltre 100 milioni di euro, dopo aver scoperto un’evasione miliardaria fatta dalla Gesconet, un consorzio di cooperative di Tulli e il suo braccio destro Maurizio Ladaga. La Gesconet aveva anche vinto un appalto per il servizio di facchinaggio da 1,4 milioni di euro nel 2011 alla Camera. Sono gli anni durante i quali secondo gli investigatori (precisamente tra il 2010 e il 2012) si sarebbe creata una “contabilità parallela con somme erogate ad appartenenti a pubbliche amministrazioni per finalità illecite”. Presunte tangenti. E infatti nelle perquisizioni è stato trovato un file proprio con la contabilità parallella: non ci sarebbero i nomi di politici, né di partiti, ma l’elenco degli intermediari che avrebbero fatto pressioni. Ipotesi tutte da riscontrare, anche perché il reato di corruzione non è contestato a nessuno dei 62 indagati dell’inchiesta. Che Pierino Tulli avesse qualche interesse in politica viene fuori dalle dichiarazioni disgiunte presentate alla Camera: nel 2005 finanzia con 15 mila euro i Ds di Roma. E sono gli stessi Ds che lo appoggiavano quando mirava ad acquistare la Lazio. Già dal 2004, infatti, le cronache calcistiche iniziano a raccontare i retroscena della scalata alla Lazio, contesa tra Tulli e Claudio Lotito, che ha avuto la meglio. Nel frattempo però Pierino Tulli non ha abbandonato questa passione, diventando proprietario della squadra romana Lodigiani, rinominata poi Cisco Roma, come la sua società.

CON LOTITO hanno anche un altro interesse in comune: quello dei servizi di pulizia. E se Tulli tre anni fa ha intascato la commessa dalla Camera, Lotito a settembre 2013 con le società la Linda srl e Snam Lazio Sud, si è aggiudicato, in un Ati di imprese, un lotto di un appalto del Tesoro da 172,3 milioni di euro per la pulizia nelle scuole. Vecchie dispute, altre storie. Ora però sulle miriade di consorzi di cui, secondo i pm romani, era “gestore di fatto” Pierino Tulli, si sono accesi i fari della magistratura. Secondo l’accusa, tramite una serie di escamotage, i soldi di enti pubblici e privati finivano in cooperative dette “finali”, i cui conti venivano svuotati. Operazione fatta dai cosiddetti “camminatori”, che riempivano le valigette di denaro contante per poi fare assegni su conti esteri, in Lussemburgo e a San Marino. Che non sono gli unici paradisi fiscali dove Tulli è arrivato: come ha raccontato l’Espresso , l’imprenditore era incluso nella lista di OffshoreLeaks, ossia dei titolari di società nei paradisi fiscali. Risultava beneficiario dell’Original Trade Limited, delle Virgin Islands.