FOCUS - Non un Raggio di Luna, ma un abbaglio: ecco la differenza tra Selmosson e Kolarov

Pubblicato il 30/09 alle ore 13:30
01.10.2018 07:30 di  Annalisa Cesaretti  Twitter:    vedi letture
Fonte: Annalisa Cesaretti - Lalaziosiamonoi.it
FOCUS - Non un Raggio di Luna, ma un abbaglio: ecco la differenza tra Selmosson e Kolarov

Una punizione ha spezzato un equilibrio ritrovato e da quel momento per la Lazio c’è stato il buio. Lo ha detto anche mister Inzaghi in conferenza, quando in un derby subisci gol da calcio piazzato è difficile recuperare le sorti del match. Ma a pensarci bene è proprio nel buio che diventa quasi impossibile confondere la luce intermittente di un lampione con un Raggio di Luna. Perché lei rimane alta nel cielo, con un’eleganza che la fa risplendere. E quando nel minuto più buio del derby qualcuno – avvolto dalla luce del momento - corre verso la tribuna e apre le braccia spavaldo per catturare l’attenzione del pubblico, c’è chi non si lascia abbindolare. Confondere Aleksandar Kolarov con Arne Selmosson – il Raggio di Luna della storia del calcio e l’unico, insieme al serbo, ad aver segnato in un derby prima con la maglia della Lazio e poi con quella della Roma – significherebbe prendere un abbaglio. Ecco perché.

LA LAZIO LO VOLEVA A TUTTI I COSTI – Arne Bengt Selmosson arrivò alla Lazio nel lontano 1956. Il presidente Costantino Tessarolo fece i salti mortali per portarlo a Roma e ci riuscì solamente grazie al supporto economico di Mario Vaselli. L'attaccante svedese, soprannominato Raggio di Luna per il tipico pallore nordico e per il biondo dei capelli, collezionò 101 presenze con la Lazio e realizzò ben 31 reti. Fu soprattutto il gol al derby del 16 marzo del 1958 a permettergli di conquistare i tifosi biancocelesti, che ormai stravedevano per lui. E questo affetto rese tutto più complicato nel 1958.

LA CRISI FINANZIARIA DELLA LAZIO – A soli due anni di distanza dal suo arrivo, infatti, la Lazio fu costretta a dire addio a Selmosson. Nel 1958 la società attraversò un periodo di profonda crisi finanziaria, era a un passo dalla retrocessione e il presidente Siliato non ebbe altra scelta che vendere il fuoriclasse svedese. Ironia della sorte: l’offerta più alta per il Raggio di Luna biancoceleste arrivò dall’altra sponda del Tevere.

L’AMORE PER LA LAZIOSelmosson avrebbe preferito di gran lunga rimanere alla Lazio, ma le circostanze gli furono avverse. Lo svedese fu praticamente obbligato dalle rigide regole del tempo ad acconsentire alla volontà della presidenza. L’estate del 1958, quando ci fu il passaggio alla Roma, venne rinfrescata dall’ondata di proteste dei tifosi biancocelesti che non volevano dire addio al loro beniamino.

IL RISPETTO PER LA LAZIO – Tutto quell’affetto era reciproco. E Selmosson - protagonista di un calcio d’altri tempi, fatto di valori ormai dissolti – non si limitò a contraccambiarlo a parole. Ne diede invece dimostrazione il 30 novembre del 1958, giorno di Lazio - Roma. Gli bastarono 9 minuti per arrivare al gol, ma questa volta lo fece con la maglia giallorossa. Dopo che la palla entrò in rete oltre al pallore assunse anche l’eleganza tipica della Luna. Si limitò a tornare al suo posto e non esultò. Lo fece per rispetto nei confronti della squadra e dei tifosi che gli avevano dato tanto in quella stessa città. L'intero stadio lo applaudì per quel gesto. Superò l’imbarazzo di una situazione quasi paradossale con la classe di un vero professionista. Cosa che, a distanza di 60 anni, chi si è ritrovato per la prima volta a rivivere la stessa scena non è stato in grado di fare.