FOTOPARTITA - Le 200 di Radu, il riscatto di Biglia e la straordinaria semplicità di Felipe...

Pubblicato il 21/11 ore 20
22.11.2016 07:12 di  Saverio Cucina   vedi letture
Fonte: Saverio Cucina - Lalaziosiamonoi.it
FOTOPARTITA - Le 200 di Radu, il riscatto di Biglia e la straordinaria semplicità di Felipe...
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© foto di Federico Gaetano

Le 200 di Radu, il penalty scaccia-incubi di Biglia, la gioia tutta brasileira di Felipe e Wallace. Una rapida condensazione di emozioni e attimi, per meglio dire scatti, tutti di assoluto rilievo per il cammino della Lazio verso l'Europa. Ormai non è più una sorpresa la squadra di Inzaghi. I 25 punti stagionali in 13 giornate proiettano automaticamente i biancocelesti in un'ottica ben più ambiziosa e gratificante rispetto ai pensieri di fine agosto. Sarà difficile sorprendere ancora. Eppure, quel 'dicembre di fuoco' così temuto alla lontana, servirà ora più che mai per capire se la 'sede vacante' del terzo posto possa essere o meno alla portata degli Inzaghi Boys.

200 IN BIANCOCELESTE: QUANDO LAZIALI SI DIVENTA - Dopo Ledesma, lui è l'ultimo baluardo di lazialità, almeno per anni di militanza. Non poteva essere di certo qualche linea di febbre della vigilia ad impedirgli di scendere in campo contro il Genoa. Del resto Stefan Radu ha sempre stretto i denti, soprattutto in vista dei grandi appuntamenti. Lo era eccome quello di ieri pomeriggio: 200 presenze in Serie A, tutte con l'aquila sul petto. Una lunga storia, cominciata nel gennaio del 2008, dopo una prima conoscenza da avversario, tutt'altro che fortunata, di qualche mese prima nel preliminare di Champions in Romania. Da lì una lunga storia all'ombra del Colosseo, caratterizzata da una passione fuori dal comune, a volte anche controproducente nell'economia di gare ad alta tensione. Ma lui c'è sempre, nella gioia e nel dolore: passato, presente e futuro (ha rinnovato l'anno scorso fino al 2020) di una Lazio sempre mutevole, ma che dopotutto avrà ancora bisogno delle sue colonne portanti.

UN CALCIO AL DESTINO - Un tiro dal dischetto più pesante del previsto. Un mix di rabbia e dolore scaricati con forza dentro la porta di Perin. Sono passati 147 giorni da quell'errore dagli undici metri contro il Cile al MetLife Stadium del New Jersey, nella finale di Copa America Centenario. Prima Messi, poi proprio Lucas Biglia spianarono la strada al bis della Roja. Un incubo da scacciare al più presto, per quella che è sempre stata una specialità della casa per il Principito biancoceleste. Sentiva che era l'occasione giusta: Immobile non batte ciglio e consegna la sfera al capitano. Anzi, come si evince dallo scatto in basso, nella corsa per i festeggiamenti il bomber partenopeo dimostra di aver intuito lo stato d'animo del suo compagno di squadra, con quell'abbraccio quasi fraterno e semplicemente umano. È anche questa la Lazio di Inzaghi. Comunione d'intenti e ambizione, alimentate dalle storie dei singoli e da una più che legittima voglia di riscatto.

OPPORTUNISMO E STRAORDINARIA SEMPLICITÀ - Dopo aver giganteggiato sul prato del San Paolo, ieri anche la gioia personale, col sigillo definitivo sulla gara. Un gol di rapina per Wallace, altro che Fortuna (in barba ai tanti giochi di parole legati al suo nome). Un tempismo perfetto, in attacco come in difesa. Fu determinante contro il Bologna nel rimediare quel calcio di rigore in extremis, lo è stato poi nelle sue mansioni difensive nelle restanti gare. È sempre al posto giusto nel momento giusto, qualità che gli consente di mascherare una velocità non supersonica, limitando i movimenti avversari. Che sia abile a cogliere al volo le occasioni è ormai evidente. Ha ampiamente ripagato Inzaghi per la fiducia concessa, sostituendo senza sbavature de Vrij e Bastos. Rappresenta il segnale evidente che la Lazio può essere competitiva - almeno per le zone europee - anche nelle alternative. Una certezza insomma, come è tornato ad esserlo anche il connazionale Felipe Anderson. Non solo sacrificio e disciplina tattica (ieri finalmente libero di scorrazzare dalla trequarti in su): il brasiliano fa pesare quel 10 sulle spalle, con un gol fantastico reso però straordinariamente semplice. Dopotutto al fuoriclasse questo gli si chiede: rendere naturali e determinanti quei gesti che appartengono solo a pochi.

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