Il 5 luglio 1987, quando la Lazio è rinata per la seconda volta...

Oggi, 5 luglio 2015, riproponiamo un pezzo scritto esattamente tre anni fa in occasione del 25esimo anniversario del gol di Poli contro il Campobasso.
05.07.2015 19:30 di  Stefano Fiori   vedi letture
Fonte: Stefano Fiori-Lalaziosiamonoi.it
Il 5 luglio 1987, quando la Lazio è rinata per la seconda volta...

Il 5 luglio del 1987, allo stadio San Paolo di Napoli, molti dei tifosi laziali di oggi non c'erano. Non perché fossero bloccati al lavoro, le rispettive ragazze li avessero incastrato per portarle al mare o perché non avevano voglia di andare in trasferta. Semplicemente perché non erano ancora nati (e chi vi scrive fa parte di questa categoria, ndr). Eppure, essere assenti quel giorno, mentre la Lazio ricacciava con i forconi l'inferno della Serie C, battendo 1-0 il Campobasso, potrebbe essere vissuto come una sorta di peccato originale. Sì, va bene, i tifosi nati dopo quel giorno hanno incominciato ad andare allo stadio quando in campo c'erano Beppe Signori e Gigi Casiraghi, e in tribuna Sergio Cragnotti. Ok, hanno vissuto da ragazzini innamorati tutta la breve, ma indimenticabile epopea della Lazio più grande di tutti i tempi. Certo, il giorno di Lazio-Reggina e del gol di Calori magari stavano sugli spalti insieme al proprio padre, nonno o zio. Perché, allora, farsi un cruccio per non essere stati presenti quel giorno? Perché in quel 5 luglio 1987 la Lazio, con le ali ferite e quasi spezzate, ha rialzato la testa e si è rimessa in piedi. E' in quel giorno che il colpo di testa di Fabio Poli ha condotto a compimento la zampata di Giuliano Fiorini - che Dio lo abbia in gloria - contro il Vicenza. E' in quel caldo, lunghissimo giorno di un'estate di venticinque anni fa che quel miracolo nato nel 1900 ha continuato a vivere. Chi, sull'altra sponda, azzarda qualche presa in giro sugli anni di sofferenza in Serie B, sui campi all'estremo della praticabilità calpestati dalla Lazio, non potrà mai comprendere il valore di aver toccato con mano la morte - sportiva, certo, ma pur sempre morte - per poi riabbracciare la vita. Se la Lazio fosse finita in Serie C, la parola "futuro" non sarebbe più esistita. Quel 5 luglio 1987, però, l'aquila biancoceleste prese le sembianze di una fenice, capace di risorgere dalle proprie ceneri. Questo grazie a una squadra di lottatori veri, di persone che non batterono in ritirata quando la giustizia sportiva penalizzò la Lazio di 9 punti, in un campionato in cui la vittoria valeva ancora due punti e anziché tre. Questo grazie a Eugenio Fascetti, l'allenatore che più di tutti sembrò far rivivere la grandezza umana di Tommaso Maestrelli. Questo grazie a un popolo così innamorato della propria Lazio ferita, da non esitare neanche un istante a scendere in piazza, a salire in macchina o sui pullman per accompagnare la compagna di una vita in giro per l'Italia. Fortunati quanti oggi possono dire: "Il 5 luglio 1987 io c'ero". Non è retorica, suona più come pura invidia. Chi era presente, quel giorno, ha avuto la possibilità concreta di richiudere il baratro che si stava aprendo sotto i piedi. Perché la Lazio non è nata solo il 9 gennaio 1900. La Lazio è nata anche il 5 luglio 1987.