'Di Padre in Figlio', un mese dopo: i protagonisti della festa dei laziali raccontano- FOTO&VIDEO

23.06.2016 18:17 di  Lalaziosiamonoi Redazione   vedi letture
Fonte: Laura Castellani/BoM - Lalaziosiamonoi.it
'Di Padre in Figlio', un mese dopo: i protagonisti della festa dei laziali raccontano- FOTO&VIDEO

VINCENZO D'AMICO - "Io sono rimasto alla prima edizione: per me è stata quella la vera festa. Le sensazioni vissute quella sera sono state incredibili, le porto nel cuore. Cosa rappresento per la Lazio? Dovremmo chiedrlo ai tifosi. Ma sono uno che ha sempre cercato di onorare la maglia che ho indossato, sempre con la voglia di rappresentare quella casacca nel migliore dei modi. Mi dispiacerebbe se qualcuno, e piuttosto c'è, non mi ritenesse laziale. E' una conseguenza di quelli che sono stati trent'anni di appartenenza". Di padre in figlio, la parola passa al figlio Matteo: "Posso dire di esserci nato, con la Lazio. Sono del'79, non ho vissuto lo scudetto, ma ne ho vissute tante, seguendo mio padre agli allenamenti o partecipando a tante iniziative. Sarà qualcosa di ereditario, penso a Stefano Re Cecconi e tanti altri. C'è qualcosa che ci unisce. Tutti noi ci sentiamo di far parte di quella storia, è una pagina talmente bella e romantica! La Lazio è uno stile di vita, un modo di comportarsi, un'idea che ti guida ogni giorno. Ci distingue da tanti altri. Significa innamorarsi di un'ideale e portarlo avanti sempre". Si trova d'accordo Vincenzo: "Un laziale lo riconosci, ha ragione Matteo. Rappresente il bello e il buono. Il resto è noia". 

CRISTIANO SANDRI - "Vedere tutti i bambini in campo, è stato emozionante. Vedere poi mio figlio, Gabriele, lì, in mezzo al campo... poi lo striscione della Curva dedicato a mio fratello, è stato qualcosa di bellissimo, difficile da raccontare. Da quando è venuto a mancare Gabriele, faccio difficoltà ad avvicinarmi allo stadio, era una passione che condividevo con lui ogni giorno. Voglio riportare mio figlio, però: vorrei che si innamorasse della sua squadra che logicamente non può che essere la Lazio. E della Curva: quando andavo con mio padre allo stadio, uscivo e avevo il torcicollo. Guardavo la partita, ma mi giravo continuamente a guardare la Curva. Gabriele è stato emozionatissimo. Mi ha fatto piacere cantare l'inno con lui: è stato un passo in avanti, per lui. Spero che le prossime siano ancora più belle, con una Lazio ancora più forte". 

PINO WILSON - "Vedere tanti ragazzini partecipare a questa festa è stato il motivo dominante della serata. Cinquanta mila persone sono un risultato eccezionale. Abbiamo allestito uno spettacolo di primo piano. Sarà la festa predominante degli anni avvenire".

GIANCARLO ODDI - "Penso sia stato un successo, due anni fa avevamo preventivato 35 mila persone, lo stadio si riempì tutto. Quest'anno credevo che sarebbero arrivate 40 mila, e invece. E' stato toccante, specialmente per i ragazzini e per i tifosi, che ci hanno fatto venire la pelle d'oca. Stiamo già pensando al prossimo anno, i tifosi ne hanno bisogno, ed è giusto che vengano premiati".

È passato un mese: 23 maggio 2016 – 23 giugno 2016. Chiudete gli occhi. In lontananza ancor si ode l'altoparlante dell'Olimpico. Le prime presentazioni, la sfilata della polisportiva, le varie esibizioni coreografiche, le note di Mogol e Battisti che scuotono le fondamenta dell'impianto romano e poi... le 50.000 anime biancocelesti li a cantare: «Che anno è... che giorno è... questo è il tempo di vivere con te». È passato un mese da quella fantastica serata, ancora il ricordo è fresco. La mente vola ai grandi protagonisti delle Lazio che furono proprio mentre quella odierna è avviluppata in vicende riguardanti tecnico e mercato. L'occasione è buona per immergerci, ancora una volta, nella lazialità più profonda, in un abisso fatto d'amore e gioie, dolori e lacrime, quelle di Pino Wilson e Giancarlo Oddi, visibilmente commossi a bordo campo. Una notte che Lalaziosiamonoi.it vi permette di rivivere anche con i 10 minuti di filmato che troverete in fondo a questo articolo. 10 minuti di sintesi per emozionarci insieme, ancora una volta.