ESCLUSIVA Radiosei - Cucchi: "Vi racconto la mia passione per la Lazio. E quella telefonata di Calleri…"

Pubblicato il 14/02 alle 17.30
15.02.2017 07:00 di  Gabriele Candelori  Twitter:    vedi letture
Fonte: Gabriele Candelori - Lalaziosiamonoi.it
ESCLUSIVA Radiosei - Cucchi: "Vi racconto la mia passione per la Lazio. E quella telefonata di Calleri…"

"Ora posso dirlo, tifo Lazio. Ma ho sempre cercato di trattare i biancocelesti con estrema imparzialità". Lo ha ammesso a fine carriera, con la sua solita professionalità, Riccardo Cucchi. In tempi non sospetti lo aveva già fatto però ai nostri microfoni, facendoci promettere di tirar fuori l’intervista solo al momento giusto. Domenica la voce del secondo scudetto biancoceleste ha raccontato per l’ultima volta le emozioni di una partita in diretta. Ai microfoni di Radiosei, è stato allora il tempo di fare un bilancio: "Ne ho raccontate tante di calcio ma anche di scherma, per esempio, in un un'epoca davvero vincente per l'Italia. Ricordo che presi lezioni di Fioretto prima degli eventi e dell'Olimpiade di Seul”.

LA LAZIO E PASSIONE PER LA RADIO - “Tifo Lazio da quando sono piccolissimo. Papà mi portava allo stadio, pur essendo tifoso del Torino, da quel momento è nato un vero e proprio amore. Mi batteva sempre forte il cuore e ho vissuto i momenti più belli. A fine anni '60 era una Lazio che ci faceva soffrire molto, oscillando tra serie A e B. Anche io da giovane andavo in trasferta in giro per l’Italia, ero abbonato poi in Curva Nord. Era un altro calcio: addirittura nel derby le tifoserie erano mescolate tra loro, c’era più romanticismo. Ho vissuto bei momenti da tifoso, era tutto molto bello”. Lo scudetto del 2000 è il coronamento di un sogno: “La passione per la radio nasce in contemporanea. Quando ho iniziato a mangiare calcio, mi chiudevo la domenica nella mia stanzetta per ascoltare le grandi voci come Ciotti, Ameri e Provenzali. Mi sono appassionato della radio e ho sognato di fare questo mestiere. Tra l’altro il 12 maggio del 1974 ero in Curva a vedere Lazio-Foggia con il transistor incollato all’orecchio. Quando Ameri gridò ‘La Lazio è Campione d’Italia’ ho sognato un giorno di farlo anche io. Immaginate allora il mio stato d’animo quel giorno del 2000. È stata una serie di circostanze fortunate per me, non potevo immaginare la dinamica di quella domenica. Ricordo anche il primo derby di Di Canio, quando non sono riuscito a commentare la rete del vantaggio perché festeggiato con abbracci troppo calorosi nella mia cabina”.

IMPARZIALITA’ -L’imparzialità è sempre stata fondamentale, lavorando in un servizio pubblico. In una trasmissione simile vieni ascoltato in tutta Italia. Quando racconti un gol fai gioire qualcuno e ferisci qualcun altro che merita lo stesso rispetto. Ho deciso di non rivelare mai la mia squadre del cuore e mi sono divertito a vedermi attribuire fedi calcistiche di tutti i tipi. Per me era un termometro per capire che stessi lavorando bene. Solo un presidente protestò. Il mio capo d’allora Mario Giobbe ricevette una telefonata dal presidente Calleri. Gli disse: ‘La finisci di mandarmi radiocronisti romanisti a fare la Lazio? (ride, ndr)’. Forse esercitavo un eccesso di critica per paura di essere smascherato, era fondamentale per me mantenere l’imparzialità. I tempi poi sono cambiati e sono nate anche le radiocronache di parte che magari piacciono anche di più ad alcuni tifosi. Quello striscione della Nord di Milano mi ha emozionato e credo possa essere un punto di riferimento per tutti. Mi auguro che anche altre tifoserie possano pensare questo di me e dei miei colleghi della Rai. Vogliamo vivere la passione, la vostra e la nostra. Mi piacerebbe che ciò fosse condiviso da tutti”.

FUTURO - Proprio sulla passione si basa tutto: “Il futuro del calcio è legato a voi che andate allo stadio. Non c’è televisione, piattaforma a pagamento che tenga. La passione vera si vive allo stadio, il luogo del calcio. Uno stadio vuoto mi ha fatto sempre tristezza, spero si possa tornare a riempirli. Il calcio può sopravvivere solo coi sacrifici dei tifosi che si spostano per tifare la squadra. La passione è il segreto di un calcio sempre più affaristico”. Cucchi è pronto allora a godersi lo stadio in prima persona: “Non sono riuscito a fare il conto delle mie radiocronache, prima bastava sommare le domeniche, ora è più complicato: dico oltre duemila. È stato bello entrare negli stadi del mondo e vivere il calcio. Ora posso tornare allo stadio a vedere le partite, della Lazio in particolare, senza sentire la mia voce che mi disturbava. Posso ascoltare il tocco del pallone e il tifo degli stadi”.

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