Gabriele Paparelli ricorda papà Vincenzo: "L'affetto dei laziali è la cosa più bella. Mai più morte allo stadio!"

Pubblicato alle ore 12:30
28.10.2014 15:30 di  Stefano Fiori  Twitter:    vedi letture
Fonte: Matteo Botti/Stefano Fiori - Lalaziosiamonoi.it
Gabriele Paparelli ricorda papà Vincenzo: "L'affetto dei laziali è la cosa più bella. Mai più morte allo stadio!"

AGGIORNAMENTO ORE 15:30 - Anche sulle frequenze di LazioStyle Channel è intervenuto Gabriele Paparelli nel giorno più doloroso dell'anno. Trentacinque autunni trascorsi, il dolore è ancora indelebile: "Come sempre noi laziali ci distinguiamo. Gli ultras non sono sempre il male della Curva. Ogni anno cerco di far capire che una tragedia così grande per una partita di calcio non è concepibile. Non te ne fai mai una ragione, dopo 35 anni ancora non mi va giù la morte di mio padre. Non comprendo tale violenza tra tifosi. Stamattina ho voluto scrivere riguardo il match del prossimo week end tra Napoli e Roma. Mi auguro che i tifosi delle opposte fazioni si comportino a modo, senza trascendere. Ai tifosi laziali voglio inoltrare tutto il mio ringraziamento. Un messaggio da lanciare? Mai più morte allo stadio, è una tragedia irreparabile. Lo sport è bello, dev’essere uno sfogo, non una violenza”.

Nel suo cognome, il ricordo quotidiano del padre. Una domenica di 35 anni fa, Vincenzo Paparelli veniva strappato all'affetto dei suoi cari, nella maniera più brutale e ingiustificata. Oggi suo figlio Gabriele racconta le sue emozioni a "I Laziali sono qua", trasmissione in onda su ElleRadio

Gabriele oggi è la ricorrenza del 35° anno dalla morte di tuo padre. Cos'è significato per te essere Gabriele Paparelli?
“E’ significato dover piangere ogni giorno il proprio papà. Ci sono stati aspetti molto brutti. Io e la mia famiglia abbiamo dovuto cambiare spesso casa per via di minacce e frasi ingiuriose. La cosa più bella è stata la dimostrazione d’affetto che il popolo laziale ci ha donato tutti giorni nel corso degli anni”.

Quando successe la tragedia tu avevi 8 anni. Che ricordo hai di tuo papà?
“Ricordo parecchie cose di lui, ci voleva molto bene. Era un uomo che lavorava molto, ma non faceva mai mancare l’affetto verso la sua famiglia. Le sue tre priorità erano: famiglia, lavoro e Lazio”.

Qual è stato il momento più bello da laziale e quello in cui ti sei più emozionato pensando a papà?
“Il momento più bello da laziale è legato allo Scudetto vinto con Cragnotti. Quello in cui mi sono emozionato di più pensando a papà è stato un Lazio-Messina di dieci anni fa. Feci un discorso in mezzo al campo e i tifosi fecero un applauso scrosciante. In quel momento sentii che mio padre era lì con me…”.

Tu hai una bambina di 2 anni e mezzo, Giulia. L’hai mai portata allo stadio?
“L’ho portata il 12 maggio scorso alla serata “Di Padre in Figlio”. Onestamente ancora non me la sento di portarla in una partita di campionato. Ogni volta vengo assalito da un misto di gioia e di paura”.

Che messaggio vorresti lanciare ai tifosi di tutta Italia?
“Lo sfottò è giusto e non deve mai mancare. Quello che dovrebbe uscire dal calcio è la violenza. Dietro il nome di mio padre c’era una famiglia che ha sofferto. Spero che, con la mia testimonianza, la gente capisca che lo stadio è un posto dove bisogna solamente tifare, non uccidere”.