Coronavirus: il prof. Rezza (ISS) tra calo del contagio, immunità e vaccino

Il governo ha deciso di estendere le misure di contenimento fino al 3 maggio, e nel frattempo sono allo studio le modalità di esecuzione della fase 2. La redazione de Lalaziosiamonoi.it ha intervistato in esclusiva il prof. Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità, per affrontare i temi legati alla decisione del governo e approfondire il discorso sull'immunità da contagio e i tempi per il riconoscimento di un vaccino.
Si può fare una proiezione su quanto calerà la curva del contagio fino alla scadenza del 3 maggio?
"Non si può dire quanto la curva del contagio calerà fino al 3 maggio, è auspicabile che continui a scendere anche perché i casi di oggi fanno riferimento a persone che si sono contagiate tempo fa. Almeno 10-15 giorni prima della rilevazione della positività. Se dovessimo continuare a osservare questo trend l'aumento di casi dovrebbe scendere ancora. Chiaramente bisogna evitare che la trasmissione ricominci a correre, quindi devono essere rispettate scrupolosamente le raccomandazioni".
Al momento l'indice di contagiosità è inferiore a 1, qual è un potenziale nuovo obiettivo numerico?
"Al momento l'indice di contagiosità è poco al di sotto di 1. Ovviamente più basso è e meglio è. Se arrivasse a 0,5 sarebbe un bel passo in avanti. Quello che si deve fare è continuare con queste misure da applicare rigorosamente in modo che la trasmissione di comunità tenda a diminuire ancora un po'. Vediamo ancora troppa gente per strada, troppe RSA colpite e questo comporta un maggior numero di casi, spesso anche casi gravi anziani che vanno incontro a gravi complicanze. Fondamentale è abbassare ancora la trasmissione".
Conte ha lasciato uno spiraglio per la riapertura prima del 3 maggio di alcune attività produttive. Da scienziato la reputa un'ipotesi possibile?
"La decisione di riaprire o meno le attività produttive dipende dalla politica. Quello che io posso dire è che se venisse così deciso andrebbe fatto in tutta sicurezza. Garantendo il distanziamento sociale all'interno del posto di lavoro e la sicurezza anche nei trasporti pubblici, altrimenti potrebbe essere rischioso. Ci sono delle condizioni che andrebbero rispettate".
Sull'immunità dopo la guarigione dal virus si sentono vari pareri, qual è il suo?
"Per analogie con altre malattie infettive, chi ha superato la malattia dovrebbe essere immune. Però non c'è un monitoraggio sufficiente dei pazienti per stabilirlo con certezza. Poi non abbiamo dei test che dicano che una persona è immune in quanto i test sierologici attualmente disponibili non sono del tutto validati, quindi anche se una persona venisse trovata con gli anticorpi non sarebbe certa la sua immunità a vita e dovrebbe continuare a prendere le sue precauzioni".
Per il vaccino si parla di 12-18 mesi, può essere velocizzata la procedura?
"Sicuramente sì, le agenzie regolatorie saranno molto più generose di quanto avviene in genere, quando ci vogliono anni per mettere a punto e commercializzare un vaccino. In questo caso siamo nell'ordine dei mesi, ma prima del primo trimestre del prossimo anno difficilmente ci sarà un vaccino disponibile".
Come può aiutare la tecnologia nella fase2?
"Il modello italiano dovrebbe essere a metà strada tra quello della Cina e quello della Corea del Sud, nel senso che il distanziamento sociale andrebbe ancora applicato. La tecnologia può essere utile nella fase di ripresa in quanto potrebbe facilitare nell'identificazione rapida dei focolai. In particolare per individuare i casi di isolamento e il rintraccio dei contatti. Naturalmente tutto dovrebbe andare a regime e stabilire una stretta interconnessione tra paziente, medico di base e dipartimento di prevenzione. Sono tutte cose che sono allo studio e potrebbero facilitare il controllo e il contenimento di eventuali focolai".
© RIPRODUZIONE RISERVATA - La riproduzione, anche parziale, dell’articolo è vietata. I trasgressori saranno perseguibili a norma di legge