Lazio / 28 ottobre 1979, Gabriele Paparelli: "Ho perdonato l'assassino di papà. Di lui mi mancò tutto"

Vincenzo Paparelli, 33enne tifoso della Lazio, moriva il 28 ottobre 1979 allo stadio Olimpico. Un razzo killer, direzionato dalla mano del 18enne Giovanni Fiorillo, lo colpiva all'arcata oculare poco prima del derby Roma-Lazio. A 40 anni di distanza fanno decisamente effetto le parole del figlio, Gabriele Paparelli, intervenuto a Radio Incontro Olympia nel corso della trasmissione "La Lazio Siamo Noi". Dichiarazioni volte al perdono e a un rasseneramento degli animi: "Di papà mi è mancato tutto. Il suo affetto soprattutto. Una famiglia bella e serena, semplice in quegli anni, che ha visto tanti progetti stravolti. Sono cresciuto improvvisamente in poche ore. La mattina avevo tanto affetto vicino, la sera mi ritrovai a dormire da solo su un lettino a casa di una zia. Mi manca tutto quello che avrei potuto fare poi con mio padre. Lui aveva un'attività e il mio sogno era di seguire le sue orme. Purtroppo non è potuto accadere".
Le istituzioni
"Noi abbiamo cercato sempre di far rimanere il nostro dolore circoscritto all'ambiente familiare. Poi questo non è stato possibile, lo sappiamo tutti. Ci fu al venticinquesimo anno, quando misero la targa all'Olimpico, un Veltroni che ci aiutò, ci chiese se lavoramo e ci diede un posto di lavoro per me e mio fratello che eravamo precari. Importante l'affetto e il ricordo della gente che ci ha aiutato ad andare avanti".
Adesso tu sei papà
"Si, di una bambina di sette anni che sta diventando lazialissima. Sin da piccola sapeva che il nonno non c'era, ma l'ha cominciato a conoscere allo stadio quando si è incuriosita vedendo la bandiera col suo volto in curva. Gli ho spiegato che era un tifoso speciale che tutti ricorderanno sempre. Lei sta iniziando a capire il contesto. Sto cercando di trasmettere tutti i sani valori di mia mamma e di mio fratello".
Le scritte contro papà
"Spero si tocchi un fine a questa storia. Siamo arrivati a 40 anni, è ora che ci sia una presa di coscienza. L'affetto di tanti tifosi romanisti mi fa molto piacere. È bruttissimo insultare una persona che non c'è più. Lo sfottò va bene, ma non bisogna trascendere. Lo sport è la semplicità negli occhi di mia figlia quando è entrata allo stadio la prima volta".
Non si parla mai dell'omicida di Vincenzo Paparelli
"Non so cosa dire. Mi sarebbe piaciuto davvero incontrarlo e guardarlo negli occhi. Non per trasmettergli odio, ma per capire le dinamiche dietro a un gesto da giovane ingenuo. Un 18enne armato fino ai denti con dei razzi da guerra (Giovanni Fiorillo ndr). Io a lui l'ho già perdonato. Col tempo poi si cresce e si capiscono tante cose. Il perdono fa parte della mia educazione. Io sono convinto che non sia andato allo stadio per uccidere. Questo mi conforta, ma non avere un confronto è l'unica parte che mi manca di tutta questa vicenda. Non è stata solo la mia famiglia ad essere rovinata, ma anche la sua. Il perdono è anche un modo per stemperare e per far capire che c'è davvero una seconda possibilità per tutti. Io ci tengo molto allo stadio, allo sport e al calcio, cosa che amo. Ce lo dobbiamo tenere stretto".
LAZIO-TORINO, L'ARBITRO DEL MATCH