Lazio, i ricordi di Fiore: "Il mio arrivo, Mancini, Stam, la Coppa Italia e... Baroni"

Lunga intervista tra passato e presente ai microfoni di Chiamarsi Bomber. Stefano Fiore racconta la sua carriera da calciatore, in particolare la sua esperienza alla Lazio, tra le più importanti in assoluto che ha vissuto. In chiusura, poi, si è anche soffermato sull'attualità e sulla squadra di Baroni, attesa sabato da uno scontro diretto importantissimo contro la Juventus all'Olimpico.
"Sono arrivato alla Lazio da giocatore vero, da giocatore importante. Avevo giocato un Europeo, quindi anche a livello internazionale cominciavo ad avere una certa esperienza. E anche emotivamente è stata la squadra che ho sentito molto mia. Mi sono legato tanto all’ambiente, anche e soprattutto perché avevo vissuto un primo anno abbastanza travagliato. È un po’, se vogliamo fare un parallelismo, come i grandi amori: magari iniziano in maniera turbolenta, ma poi finiscono con un lieto fine. La Lazio per me è stata questo. Ho vissuto un po’ tutte le emozioni che può vivere un giocatore. L’impatto difficile, anche per una parte di contestazione, il non riuscire a esprimermi nella maniera più giusta e corretta. Dopodiché c’è stato il riscatto, la soddisfazione di aver riconquistato tutti, di essermi legato molto alla gente laziale. E poi chiudere il cerchio vincendo la Coppa Italia nel 2004, che fu la vittoria che ci ripagò di due anni molto belli con Mancini alla guida. Peccato che poi, per le vicissitudini societarie, fui quasi — tra virgolette — costretto, obbligato a lasciare la Lazio, perché non si sapeva che fine avrebbe fatto la società. Il destino mi portò a Valencia alla fine di quel campionato".
"Lo scontro Stam - Parente? Abbiamo temuto tutti quanti per Parente. Jaap era un gigante buono, noi lo definivamo così. Incuteva tanta paura, ma fondamentalmente era un ragazzo buono, vero, sincero. In campo, però, era meglio non farlo arrabbiare. Ci fu uno scontro in cui Parente lasciò la gamba su un intervento in scivolata di Jaap. E lui non era esattamente morbido in queste cose... Si rialzò e arrivarono muso a muso e per la differenza di forza, si lasciò andare a quel gesto. Lì per lì tememmo davvero. A distanza di anni, ancora oggi ci scherziamo sopra, perché c’era Parente sollevato da terra che muoveva i piedi... Sembrava in evidente difficoltà. Siamo intervenuti subito e, per fortuna, è finito tutto per il meglio".
"La finale di Coppa Italia contro la Juventus? Molto bello: vincere un trofeo è sempre qualcosa che rimane. Le belle partite, i bei gol, sono bellissimi ricordi, certo, ma quello che resta davvero sono le vittorie. E soprattutto le vittorie dei trofei. Per me, quella Coppa Italia ha un sapore speciale. Segnai sei gol totali tra semifinali e finali, e fui anche capocannoniere della competizione. Ho lasciato il segno in maniera molto evidente. Battere la Juventus di quegli anni non era semplice: ci riuscivano in pochi. Era una squadra fortissima, abituata a vincere. Proprio per questo, quel trofeo assume un valore ancora più prestigioso".
"Roberto Mancini è arrivato il mio secondo anno alla Lazio, che — come dicevo prima — non era stato esattamente come lo avevo sognato. Il primo anno fu complicato, per tutti. I nuovi, me compreso, avevano bisogno di tempo per ambientarsi. La squadra era in difficoltà, e ne risentimmo tutti. Con l’arrivo di Mancini le cose cambiarono subito. Mi trovai benissimo con lui, c’era un grande feeling. Anche lui era agli inizi, ma riuscì a entrare in empatia con tutto il gruppo. Aveva un carisma notevole, lo stesso che aveva da giocatore: ti entrava nella testa, ti capiva. Proprio perché era stato anche lui un calciatore importante, sapeva perfettamente come ragionavamo. Ci fece giocare bene, ci dava libertà, soprattutto nella metà campo offensiva. Noi avevamo tanta qualità, e ci divertivamo davvero. La vittoria della Coppa Italia è stato il giusto premio per una squadra che ha vissuto due anni belli, in un momento societario molto difficile. Non sapevamo neanche che futuro avrebbe avuto la società, ma con lui si era creato un grande gruppo. Quella vittoria fu meritata".
"All’inizio la scelta di Baroni ha generato un po’ di scetticismo: era la sua prima esperienza in un club così importante. Però io sono sempre stato positivo: se l’era meritata, ed è un allenatore che ha sempre dimostrato di valere. E infatti secondo me è andato anche oltre le aspettative. Nessuno pensava che la Lazio potesse fare questa stagione, sia in Italia che in Europa: ha fatto molto bene, e nella sfida col Bodo è mancato poco per raggiungere la semifinale. È un anno zero: sono andati via giocatori come Immobile, Felipe Anderson, Milinkovic, Luis Alberto... Giocatori che avevano fatto la storia recente della Lazio. Sostituirli non era facile. E invece sono arrivati ragazzi giovani, e anche Baroni stesso, che si sono trovati a dover reggere una piazza importante. Aver fatto una stagione così, anche in Europa, ed essere lì a giocarsi la Champions, è un risultato davvero importante. Le difficoltà potrebbero arrivare il prossimo anno, perché dovranno riconfermarsi. Ma il lavoro fatto è stato ottimo, e va sottolineato".