GARBAGE TIME - Roger Mendy, gigante dal cuore d'oro diviso tra volontariato ed il sogno Senegal

Un omaccione corpulento, volto nero come la pece, si aggira per le vie di Pescara. Incute timore, fin quando sfodera il suo sorriso a 32 denti. Arma empatica del popolo africano: si cresce con niente, si appezza quel poco che si ottiene. Coordina l’attività del Banco Alimentare dell’Abruzzo, un’organizzazione di volontari che immagazzina tutte le “eccedenze” alimentari della grande distribuzione per rifornire chi non ha la possibilità di pagare la spesa: “Grazie al Banco, sto riscoprendo ciò che davvero vale: la gratuità e l’altruismo” – racconta Roger. Esempio vivente che la leggenda della crudeltà dell’uomo nero, è solo una storiella per intimorire i bimbi. Passeggiando per le vie di Pescara lo si può incontrare al porto o magari al bar, intento a sorseggiare un buon caffè con John Sivebaek. Colui che ha portato Nielsen a Pescara e che con il nostro eroe ha condiviso bei momenti di calcio. Roger Mendy si è innamorato di questa città, si è insediato qui da 20 anni e non sogna neanche lontanamente di lasciarla.
EREDE DI ZIGULI' – Nel 1992 il Pescara si gode il suo quarto campionato in massima serie. In panchina siede Giovanni Galeone, un autentico totem nella città abruzzese. La squadra vanta buone individualità per essere una neopromossa: da Frederic Massara al brasiliano Dunga, dal centrocampista tuttofare Max Allegri (pupillo del mister) all’esperto Borgonovo fino al rientrante Sliskovic ed il suo folto baffo. I veri colpi del calciomercato oltre al brasiliano Dunga via Fiorentina, arrivano dalla Francia, più precisamente dal prestigioso Monaco. In un sol colpo il Pescara si aggiudica il capitano della nazionale danese John Sivebaek e Roger Mendy. Il primo traghetterà l’estate seguente la nazionale danese al primo clamoroso titolo di campione d’Europa con la fascia da capitano al braccio, il secondo è un difensore arcigno ed esperto. Il dato particolare riguarda la tradizione. E’ il secondo giocatore africano – precisamente senegalese – a varcare i confini del nostro calcio dall’apertura delle frontiere del 1980. Il suo predecessore fu François Zahoui, per gli amici Zigulì, disastroso all’Ascoli un decennio prima e ora tecnico della Costa d’Avorio. Il Pescara decide di combattere i fantasmi della superstizioni ed investe circa 1.8 miliardi di lire per questo omaccione con ottime referenze. L’ingaggio annuale sfiora i 350 milioni, una cifra consistente a quei tempi, in particolar modo per una squadra che aveva appena assaggiato la Serie A. Maglietta biancoazzurra, sponsor gelati Gis e l’ampio sorriso per mostrare i denti bianchissimi, in contrasto con la pigmentazione nero pece. In campo le prestazioni non sono esaltanti, ma neanche pessime. Il Pescara a fine stagione retrocede, piazzandosi in ultima posizione. Mendy è il perno della difesa: e’ un centrale dalle doti fisiche importanti, ma patisce spesso disattenzioni e soffre la rapidità degli scaltri attaccanti del nostro campionato. Paga una stagione tutt’altro che felice della squadra, ma si innamora della città, compra casa in provincia e si stabilisce in pianta stabile. Rimarrà tuttavia negli annali per esser stato il primo giocatore africano a segnare un gol in Serie A. L’anno stagione seguente gioca le ultime partite prima di ritirarsi e godersi una pensione tranquilla. Un epilogo soddisfacente per chi è cresciuto nell’inferno di Dakar, nella povertà, senza neanche la certezza di potersi nutrire tutti i giorni.
REGALA UN SORRISO – Mendy si ritira, ma non si limita a godersi il tesoretto accumulato nella sua carriera da calciatore. Decide di aiutare i più bisognosi, attraverso il calcio e non. Allena da diversi anni i giovani del Montesilvano, comune di 50mila anime in provincia di Pescara. Guida un branco di ragazzini scatenati nella crescita, morale prima che calcistica. Lui ha vissuto il bello e il brutto della vita, le due facce della medaglia. Ha conosciuto ricchezza e povertà, il riso e il pianto: “Oggi prima ancora che dare lezioni tecniche ai ragazzi cerco di insegnare loro cos’è la vita, di dare loro una testimonianza di vita. Perché il problema della vita, e quindi anche del calcio di oggi, è che mancano allenatori capaci di dire ai ragazzi: ehi, tu, chiediti sempre il senso di quello che fai!”. Roger dal cuore d’oro. Il suo sogno è di guadagnarsi la panchina del Senegal, lui che ha onorato per 87 volte la maglia della sua Nazionale. Nel frattempo allena e si allena con i giovani. E si dedica al volontariato, coordinando l’attività di centinaia di anime pie del Banco Alimentare dell’Abruzzo. Lui conosce bene la fame, si sente in dovere di aiutare chi non ha la possibilità di prepararsi ogni sera un pasto caldo. Prepara confezioni di alimenti fuori commercio ma ancora perfettamente consumabili, un gesto di cuore non di facciata: “Spesso vengono, prendono il pacco e vanno via – racconta Mendy - magari limitandosi a dire: avrei bisogno di più latte, lo zucchero ce l’ho ancora, e via dicendo. E io, con discrezione, mi limito a offrire loro anche un sorriso. Insomma, per me che sono nato in una famiglia povera, dove addirittura mia madre si vergognava di chiedere aiuto, poter aiutare liberamente oggi chi vive nella stessa situazione di bisogno è la cosa più bella che possa esistere”. Sguardo serioso, un po’ rude; poi un sorriso. Un regalo che non si può negare a nessuno.