Vieri a 'Muschio Selvaggio': "Lazio? Mi hanno chiamato mercenario. Nesta il mio miglior rivale"

Bobo Vieri si racconta. Nell'ultima puntata di 'Muschio Selvaggio', il podcast di Luis Sal e Fedez, il bomber per antonomasia ha parlato di sé, della sua carriera e della sua vita privata. Nella lunga intervista l'ex attaccante ha toccato vari argomenti, tra cui anche la sua permanenza alla Lazio. Bobogol è partito dalla sua nuova avventura su Twitch con la BoboTv: "Per tre mesi durante la quarantena ho fatto le live su Instagram con i miei ex compagni tutti i giorni, poi mi sono detto che serviva qualcosa in più e dovevo inventarmi qualcosa. Dove? Ho parlato con Twitch e Amazon e ho scelto tre miei ex compagni, molto diversi fra loro (Cassano, Ventola e Adani) e parliamo di calcio. Siamo il secondo canale di sport più visto sulla piattaforma. Stiamo andando bene con gli ascolti, ma noi siamo felici perché parliamo di ciò che ci piace. Abbiamo avuto come ospiti Guardiola e Mancini, la Uefa era molto arrabbiata".
MANCINI - "Da bambino era il mio idolo, ci ho giocato insieme alla Lazio e poi mi ha allenato all'Inter. E' stato strano vederlo cambiare veste, da compagni uscivamo la notte insieme (ride, ndr)".
GLI ALTRI SPORT - "Io seguo il calcio per la trasmissione, se no guarderei solo NBA e NFL. Sono molto più intrattenenti e divertenti, con le schiacciate e tutte le skills. Il calcio è esagerato nella reazione dei tifosi: due giocatori rivali, ad esempio di Lazio e Roma, non possono andare a cena insieme se no scoppia un casino. Tra Inter e Milan un po' di meno, però ci sono comunque delle polemiche. Sono tutti malati di calcio. Seguo anche l'MMA, vedo tutti gli incontri. Match tra ex calciatori? No, non sappiamo mica fare a botte. Nessuno pagherebbe per vederci, questa è roba americana (ride, ndr). Un mio rivale storico? Nesta, ma ci ho giocato insieme per vent'anni in Nazionale, non mi prenderei a cazzotti con lui".
TANTI CAMBIAMENTI - "Io volevo cambiare, ho bisogno del cambiamento. Mi piace cambiare e fare cose nuove. Tutti gli anni, per 5/6 anni ho cambiato squadra, ma volevo perché mi serviva la sfida: far vedere che ero il più forte di tutti, dove andavo facevo gol. Poi sono rimasto 6 anni all'Inter e ho fatto qualche altro anno in giro".
IL PROFUMO DEI SOLDI - "Meglio essere una bandiera o cambiare per soldi? Dipende, quando sei un top player prendi gli stessi soldi in qualsiasi squadra vai. Dalla Lazio sono passato all'Inter e mi hanno chiamato mercenario, ma io sono andato via con lo stesso contratto che avevo a Roma. Chi va in Cina per i soldi è libero di farlo, io non giudico mai. Per anni sono stato criticando non sapendo la verità, per questo non mi permetto di farlo con gli altri. Se uno vuole andare a rendere i soldi fa bene, resta sempre un lavoro. Per esempio Totti è stato 25 anni alla Roma essendone la bandiera, ma non è stato trattato bene alla fine. La società ha voluto che smettesse. Io dico sempre una cosa: finché hanno bisogno di te vai bene, quando non hanno bisogno di te ti scaricano. Nella mia vita nessuno mi ha mai detto cosa fare, ho sempre fatto di testa mia nel bene o nel male. Ognuno è libero di fare ciò che vuole".
INVIDIA DEL SUCCESSO - "Io mercenario? La gente è invidiosa perché sei a un livello a cui loro non potranno mai arrivare. Il successo non è ammesso. Su di me sono state raccontate tante cose: dicevano uscissi tutte le sere, ma non è così. Per reggere certi ritmi e segnare sempre non mi posso permettere di uscire sempre, dopo tre partite non sto più in piedi. Esci la domenica, ti vedono e giudicano. L'estate avevo un mese di vacanza e la passavo a Milano Marittima, stavo sempre in giro. Anche in quel caso parlavano. Grazie che sto in giro, passavo tutto l'anno tra ritiri e partite. Ho 30 giorni di riposo? Li passo tutti fuori".
MOMORABILIA - "Ho tutte le maglie, indossate e scambiate. Quella a cui tengo di più? La mia è quella della Nazionale, perché giocare per il tuo paese è la cosa più grande del mondo; delle altre invece quella di Van Basten. Mi ricordo quando ero in Primavera a Torino, nel 1992, e fui convocato con la prima squadra per la partita contro il Milan. Entrai, giocai 20 minuti e a fine gara corsi da lui per chiedergli la maglia. Lui mi disse: 'Si si, aspettami nel tunnel'. Io gli dissi ok, ma senza tante speranze. Invece alla fine lo fece. Ho la maglia sua, ai tempi c'era solo il numero senza cognome".
GLI ANNI MIGLIORI - "L'apice della mia carriera è stato a Madrid, alla Lazio e i primi 3 anni all'Inter, mi sentivo una divinità. Con l'Atletico il primo anno ho vinto la classifica dei capocannonieri, 24 gol in 24 partite. Alla Lazio abbiamo vinto la Coppa delle Coppe. All'Inter non abbiamo vinto tanto, ma stavamo in battaglia con tutti. Sono stati gli anni migliori".
LO SPOGLIATOIO - "Lo spogliatoio è un ambiente semplice, pieno di divertimento. E' normale che se perdi tante partite ti portano in ritiro e ti stufi. In ritiro non si fa nulla: ti alleni e stai in albergo. Tra i giocatori si va quasi sempre d'accordo. Quando ci sono problemi sono grane dell'allenatore. Quando è uscito il caso di Icardi all'Inter, l'allenatore ha dovuto risolvere il problema, se no perde di credibilità".
LO STOP AL CALCIO - "Ho smesso a 36 anni, stavo a Bergamo e non avevo più voglia. Vedevo che negli allenamenti ero diventato "normale". Avrei potuto giocare fino ai 40/41 anni, stavo bene fisicamente. Tornassi indietro mi forzerei a continuare. Nel 2006, poco prima del Mondiale, mi sono rotto il ginocchio e ho rosicato tantissimo. Mi ero fatto due Mondiali prima, nell'anno buono mi sono infortunato. Da lì sono andato in bambola mentalmente, avevo il vomito per il calcio. Sono andato avanti per qualche anno, ma dentro ho fatto fatica, l'ho subita tanto. Dopo sono dovuto ripartire da zero, non fai più il calciatore e devi essere bravo a saperlo che non fai più il calciatore. Cambia tutto: prima dove vai è sempre gratis, poi smetti e devi pagare ovunque. Devi reinventarti. Io sono stato un anno in Italia, poi mi sono stufato e trasferito a Miami. Lavoravo per Bein Sports, ora da un anno e mezzo sono tornato a Milano".