Paolo Negro ricorda: "L'arrivo alla Lazio, lo Scudetto e i miei rimpianti"

RASSEGNA STAMPA - Paolo Negro, ex difensore biancoceleste, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport in cui racconta gli inizi, il passaggio alla Lazio, e vari aneddoti vissuti in biancoceleste. Ormai Negro è laziale, ha sposato una romana e anche i suoi figli tifano Lazio. Poi il passaggio cruciale che lo legò in biancoceleste e che rende bene l'idea di quanto quella squadra fosse grande. Da quando "Signori non toccò un pallone per 90 minuti", in un Brescia - Lazio del '93 che gli valse il passaggio in biancoceleste, al passaggio sfumato al Real Madrid nel '98: "Avevo iniziato il trasloco, ma Cragnotti non mi liberò. Ha avuto ragione: quella Lazio valeva i Blancos".
La Lazio in cui ha giocato Negro era piena di Campioni con la C maiuscola che ha vissuto notti indimenticabili. "Quella Lazio oggi avrebbe vinto cinque scudetti di fila. Ci è mancata solo la Champions, colpa solo di quella maledetta partita colmValencia ai quarti", ne è certo l'ex difensore. Poi i ricordi di quel gruppo carismatico: "Una volta Couto e Simeone si rincorsero con un coltello in mano e sfiorarono il danno. Dal giorno dopo, nello spogliatoio misero le posate di plastica".
Poi sullo scudetto, Negro racconta di come fosse sicuro di vincerlo. Lo sentiva, era una questione di giustizia. E nel calcio c'è sempre, come disse Simeone. Ma la vita non è fatta solo di gioie. Ci sono anche i rimpianti, e quello più grande per Negro riguarda proprio la maglia biancoceleste: "Avrei chiuso la carriera nella Lazio. Nel 2005 Lotito mi mise fuori rosa perché rifiutai di spalmare il contratto, quindi andai a Siena. La sorte mi ha ripagato: il giorno della mia ultima partita, il 27 maggio 2007, segnai il gol vittoria che salvò il mio Siena proprio contro i biancocelesti".
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