FOCUS - Di Canio gate: dai saluti romani ai tatuaggi. La cronaca di un putiferio all'italiana

Pubblicato il 15/09 alle 14.59
16.09.2016 07:15 di  Francesco Bizzarri  Twitter:    vedi letture
Fonte: Francesco Bizzarri - Lalaziosiamonoi.it
FOCUS - Di Canio gate: dai saluti romani ai tatuaggi. La cronaca di un putiferio all'italiana

Un uomo in tweed in mezzo ad un polverone, cosa ha combinato Paolo Di Canio? Invece della giacca, della camicia, ha indossato una polo galeotta. Davanti alle telecamere di Sky, per un messaggio online finito comunque nelle case degli italiani, ha mostrato senza volerlo i suoi tatuaggi. E fin qui, tutto normale. Ma i disegni sulle braccia recitano “Dux”. Inchiostro nero che macchia la carriera da commentatore tv dell’ex attaccante di Lazio e West Ham. 

FINITO NELLA RETE - Ormai c’è un giudice supremo - altro che Alta Corte di Giustizia - che si chiama Internet. Il caso Di Canio scoppia proprio su Facebook, Twitter e altri social. Ovvio, si creano i soliti due schieramenti, chi è a favore del caso, chi contro. Questa volta è il turno di "Je suis Paolo” e di “abbasso il fascio”. Finire alla gogna mediatica, schiacciare tasti in maniera iperisterica, ha portato al silenzio del “cacciato” via. Così, alla fine, nessuno ha vintoOggi sul web si vedono fotomontaggi del calciatore “a testa in giù”. Nel mondo virtuale tutti cattivoni e bacchettoni.

COMMENTATORE CON PRECEDENTI - Diciamolo, Paolo Di Canio non è mai rimasto a braccia conserte. Anzi, la sua mano tesa sotto la Curva Nord ha fatto discutere non poco il 17 dicembre del 2005 durante un Lazio-Juventus. Un turno di squalifica e ammenda di circa 10 mila euro. “Sono un fascista, mica razzista. Il saluto romano lo faccio perché è un saluto da camerata a camerati, rivolto alla mia gente. Con quel braccio teso non voglio incitare alla violenza, né tantomeno all’odio razziale”. Poi altri episodi in match con Roma e Livorno. Il dibattito, meno aspro e soprattutto da bar e non da tastiera, finito sempre in pochi giorni. 

IPOCRISIA E LEGGE - C’è una vecchia norma del 1952 chiamata legge Scelba. C’è scritto sopra “apologia del fascismo” e “manifestazioni fasciste”, classificati come reati condannabili. Ma a Sky di sicuro, quello che ha portato alla scelta, non è il fatto che un suo conduttore abbia violato la Costituzione, no, ma l’imbarazzo che ne è scaturito. Di Canio messo alla porta della House of Football. Un ideale che (forse) non gli ha permesso di tornare alla sua amata Lazio perché Lotito cerca solo personaggi con grandi valori morali. Che al Sunderland gli ha portato tanti problemi quando era tecnico, in primis lo scontro con l’ex Ministro degli Esteri britannico, David Miliband, che si dimise dal consiglio di amministrazione della società per protesta. Il regno di Paolo Di Canio è questo, senza giudicare i fatti: chi entra conosce il personaggio. La legge parla chiaro, ha sbagliato. E poi?

"E di affidarli al boia 
fu un piacere del tutto mio, 
prima di genuflettermi 
nell'ora dell'addio 
non conoscendo affatto 
la statura di Dio”.