Fermate il calcio! Ma si riprenda solo con il vaccino. E se il sistema collassa...

“Avete visto la Francia e l’Olanda?”, ci dicono. “Prendiamone serenamente atto e chiudiamo tutto”, insistono quelli che di far ripartire e i campionato proprio non vogliono sentir parlare. “Troppi rischi per la salute e poi ci sono altre priorità”, affermano i più pacati. “Siete vergognosi, qui contiamo i morti e Lotito pensa al calcio”, inveiscono invece i più infervorati. Poi ci sono quelli più fantasiosi che temono partite da 5-5, giocatori spaesati perché forse costretti a giocare in stadi di provincia e non nel meraviglioso e modernissimo Bentegodi o nel comodissimo Rigamonti. Il proletariato di tutto il mondo s’è unito! La speranza di Marx però è irrealizzata e qui anche ridicolizzata. A essersi unito è il popolo del calcio, quello un po' credulone, spesso giustizialista e forcaiolo, che odia la ricchezza dei propri idoli ma contribuisce a crearla, mal sopporta chi ha successo e abbocca alle parole di miele (o fiele?) di chi ha bisogno di adularlo. Ebbene quel popolo, per la maggior parte, non vuole sentir parlare di ripresa. È un fatto, lo dicono i sondaggi. El pueblo, stavolta, ha dalla sua pure una parte del sistema: il Ministro dello Sport e il presidente del Coni avrebbero già tirato giù il sipario e rimandato tutti alla prossima stagione. E buona parte dell’opinione pubblica, della stampa, quelli che nella proiezione sociale sono i borghesi, sostengono le rivendicazioni del popolo. E allora, sapete che c’è, ci arrendiamo di fronte a tale alleanza e deponiamo le armi della parola. Ci avete convinto, si fermi tutto, si chiuda la stagione 2019-2020 e si buchi il pallone. Pazienza, ne compreremo uno nuovo quando sarà.
PROPOSTA - Ma allora sia permesso avanzare una proposta che sembra anche di buon senso, postulato che sicuramente troverà d’accordo coloro che sostengono come non si possa giocare per tutelare la salute di giocatori, staff tecnici e medici, addetti stampa e marketing, giardinieri, magazzinieri, cuochi e tutta la pletora di chi orbita intorno a un club professionistico. Sarà d’accordo anche chi sostiene che giocare mentre la gente muore e soffre è immorale. La proposta è la seguente: si chiuda il calcio, ma lo si chiuda fino a quando il vaccino contro il Covid-19 non sarà disponibile per tutti. Insomma, non si giochi più fino a quando non ci saranno più vittime e fino a che la salute di tutti non sarà davvero blindata. Altrimenti, scusate, tutto quello sostenuto fino adesso non è altro che demagogia, populismo, squallida ipocrisia. Tre delle peggiori estensioni umane che si fondono e danno vita a un pastrocchio osceno. La provocazione vuole smascherare i buoni samaritani che buoni non sono. Perché rimandare tutti a luglio, ai ritiri estivi e poi all’inizio della nuova stagione a fine agosto o inizio settembre è un esercizio vergognoso, una presa in giro senza precedenti. Cosa cambierebbe tra giugno e agosto? E come la mettiamo con l’ondata di ritorno del virus - annunciata da tutti gli esperti - prevista per l’autunno? Quindi quale sarebbe esattamente il senso di cancellare la stagione ancora in corso, per poi riprendere con quella nuova?
DISASTRO - Alla logica, poi, s’aggiunge l’aspetto finanziario. L’impatto della cancellazione della stagione sul sistema calcio sarebbe drammatica. Attenzione, però, non per la Lazio. Lotito sopravvivrebbe, il club con lui. I bilanci sono sani, i contraccolpi ci sarebbero, si dovrebbe tirare la cinghia e ridiscutere gli stipendi dei giocatori sotto contratto, ma lo spettro fallimento non sarebbe di casa a Formello. Si paleserebbe, invece, altrove. Almeno per una decina di club di Serie A, senza considerare le società di categoria inferiore. Rischierebbero il posto, secondo le prime stime, quasi 300 mila persone. Non calciatori, come pensa il popolino più becero che gode nel pensare a un Cristiano Ronaldo senza contratto (come se ne avesse bisogno), ma quelli di cui sopra: magazzinieri, fisioterapisti, massaggiatori, cuochi, giardinieri, addetti stampa, marketing, fotografi ecc. Senza contare tutto ciò che intorno al mondo del calcio gira: testate giornalistiche, agenzie di betting, tanto per citarne alcuni dei settori che verrebbero irrimediabilmente compromessi. Settori che garantiscono pane, vita, a migliaia di famiglie e che - evidentemente- sono considerati dal proletariato del football degni di essere sacrificati sull’altare della demagogia. Ci sarebbe poi la botta sull’economia del Paese: 1,1 miliardi di gettito fiscale prodotto, da uno studio Eurispes risulta come per un euro investito nel calcio, lo Stato ne guadagni 15,2 di ritorno. L’azienda calcio, inoltre, partecipa all’aumento del reddito di imprese e famiglie per oltre 20 miliardi e crea occupazione. Un elemento di cui nessuno si cura. E quindi va bene così, ci adeguiamo. Si chiuda il sipario e sulla scena si torni solo a vaccino acquisito. Altrimenti, avremo assistito solo all’ennesima farsa all’italiana. Stavolta, però, sanguinosa per molti.