Manfredini: "Gli anni alla Lazio, il rapporto con i tifosi e il mito Lotito. Vi racconto"

11.07.2025 17:00 di  Simone Locusta   vedi letture
Manfredini: "Gli anni alla Lazio, il rapporto con i tifosi e il mito Lotito. Vi racconto"
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© foto di Giacomo Morini

Christian Manfredini, ex calciatore della Lazio, si è raccontato a Doppio Passo Podcast. Tra i vari temi trattati, molti erano inerenti alla sua lunga parentesi con l'aquila sul petto. Il rapporto con i tifosi della lazio, i compagni, Lotito e tanto altro. Ecco di seguito le sue parole:

ANEDDOTO SUL RAZZISMO - "Ero già un calciatore famoso, vado a prendere un taxi. In quel momento non c'era un taxi fermo, quindi arriva il tassista con una cliente dietro, si ferma e io mi avvicinai tranquillamente e gli dissi: ‘Quando scende la signora, posso salire io?'. E lui mi guarda e mi fa così: ‘Eh, tu stare calmo, tu aspettare'. Oggi mi viene da ridere. Io lo guardavo perché poi, non nascondiamoci, il calcio mi ha dato sicurezza, mi ha dato tranquillità. Sapevo chi ero, ma non per i soldi, però mi ha dato la sicurezza. Quindi, quando incontro personaggi del genere, sorrido. Quindi aspetto, la cliente scende e lui mi parlava così, mi trattava così. Allora gli ho detto: ‘Ascoltami, io voglio il taxi, se tu non vuoi dare il taxi, prendo te, il taxi, ti compro e ce ne andiamo assieme'. Così non va bene, però ogni tanto tocca spingere...".

DI CANIO - "Il nostro mito era Paolo Di Canio. Ci ha portato a mangiare a casa sua 2-3 volte. Poi dopo tanti anni ci ho giocato insieme alla Lazio. La stessa cosa Ravanelli, Corini o Peruzzi. Da ragazzino li vedi come miti e poi finisci a giocarci insieme. Per noi erano inarrivabili, anche dopo quando finisci a giocarci insieme o contro. Paolo era uno spettacolo, era divertente. Venne alla Lazio, poi lui è proprio tifoso. Ha una grande testa, ma o sei con lui o sei contro di lui. Paolo si allenava tutti i giorni, un animale, lui ha giocato fino a 40 anni". 

SCALONI, INZAGHI, LEDESMA - "Avevano qualcosa in più. Simone leggeva il giornale, le formazioni, la tattica. Avevano quell'impostazione lì, predisposti per fare l'allenatore. Scaloni aveva la testa, riflessivo, attento, educato". 

DELIO ROSSI - "Mi ha insegnato tanto a livello tattico. Lavorava bene con i giocatori di livello medio-alto, nasce dalla scuola Zeman ma non è rimasto integralista, poi si è modificato nel tempo. Un allenatore particolarissimo, la mattina prima dell'allenamento gli passavi davanti e neanche ti salutava. Era per carattere".

RAPPORTO CON I TIFOSI DELLA LAZIO - "In nove anni di contratto ho fatto solo un'intervista, al Chievo era diverso. Non ero molto ben visto dalla tifoseria della Lazio, al tifoso devi dare qualcosa fuori dal campo. Sono sempre stato gentile, ma televisamente devi dare qualcosa. Poi a volte venivo fischiato, alcune volte per preconcetti. Quando giocavo bene invece non venivo fischiato, ma non ho mai avuto problemi. Alla presentazione però ricordo è stato bellissimo, c'erano anche i capi ultras. Avevo delle scarpe rosse, con bordino giallo. Uno di loro mi fa 'però con queste scarpe qua eh..' (ride, ndr). Tifoseria da brividi, allo stadio era bellissimo. Ma non tutti possono giocare in quegli stadi, ci vuole sostanza".

ERA CRAGNOTTI - "Arrivai alla fine dell'era Cragnotti, c'erano tutti, non riuscii a venderli tutti. C'era Stankovic, Mendieta, Simeone, Pancaro, Favalli, Mendieta, Nesta e Crespo poi andarono via. Io ero piccolino, loro erano grandi".

MENDIETA - "In allenamento si vedeva che era qualcosa di diverso, poi però c'è sempre il campo e devi ambientarti. Io stesso sono arrivato che non ci ho capito nulla. L'impatto non è semplice. L'aspetto emotivo e ambientale è importante anche per i supercampioni".

IL PIU FORTE ALLA LAZIO - "Mihajlovic era fantastico. Lui la stessa abilità che aveva con il piede la aveva con le mani, a canestro. Era sicuro di sé, era fiero, forte. Poi te ne rendi conto quando all'aereoporto di Belgrado, quando andammo a giocare in Coppa uefa, c'erano le sue gigantografie. Poi c'era Sta, Stankovic, ma anche Liverani che viene nominato molto poco ma aveva un gran piede sinistro. Non gli davi due lire a Fabio, ma giocatore vero. C'era anche Behrami, era un animale Valon. Anche se non aveva queste grandi doti tecniche, aveva una tigna di altissimo livello".

MANCINI - "Lui era un manager. Ti insegnava il calcio, la tecnica, il comportamento. Ti dava libertà".

LOTITO - "Un mito. Io non ho mai visto una persona così caparbia e capace, senza modi però. Quando si punta un obiettivo lo raggiunge. Lui veniva, si sedeva e a un certo punto si addormentava. Lui non dorme, usa 3-4 telefoni contemporaneamente. Un fenomeno. poi ci faceva leggere tutti gli insulti che riceveva, ma non gliene sbatteva niente. Noi lo guardavamo ammaliati, uno spettacolo, lo ascolti come quando parla Sgarbi. Poi lui i risultati li ha ottenuti. Va detto che non ha i modi, però è una persona capace. Io ho avuto dei contrasti con lui. Avevo due anni di contratto, lui voleva che andassimo via e ci ha messo fuori rosa. Avevo due anni di contratto, Pandev uguale. Lui andò all'Inter, io avevo 36 anni e non avevo mercato. Eravamo un bel gruppo nei fuori rosa, c'era Ledesma che poi è stato reintegrato, Quadri, Pandev, Stendardo, eravamo 7-8".

DERBY - "Un mondo a parte. Lo vinci e stai bene mesi. Come il Super Bowl in America, è un evento. Anche se non lo sentivi te lo facevano sentire. Il derby più bello è stato quello di Di Canio, fece un gol bellissimo". 

INZAGHI - "Simone faceva morire dal ridere. Lui e Cesar erano i due più 'cretini', per modo di dire, dello spogliatoio"..

SCOMMESSA CON TARE - "Igli con Simone e Valon giocavano sempre ra loro. Ci mettiamo d'accordo e facciamo una scommessa, andavano messi 50 euro sul tavolo per farla. La scomessa era 'Devi bere quattro litri di thé in un minuto'. L'ha vinta (ride, ndr). 

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