Esistono due modi per tornare dalla battaglia: dopo 14 anni la Lazio fa l'en plein in stagione, finalmente in casa del nemico. E Giovanni Lopez...

"Esistono due modi per tornare dal campo di battaglia: o con la testa del nemico, o senza la propria". Vita o morte, il Derby, la battaglia capitolina. Puoi tornare con la testa del nemico, come Giulio Cesare di ritorno da Farsalo. Puoi tornare senza la tua di testa, come nelle peggiori delle Waterloo. Il Derby, Farsalo o Waterloo, gloria o spada. Supremazia capitolina, e il coraggio di un moderno Cesare, un Reja col volto scavato dalle rughe e dall'esperienza, i soldati biancocelesti al seguito, che oltrepassa con la voglia di vincere e di entrare nella storia il Rubicone. "Alea iacta est", vincere o niente, continuare a correr dietro la Champions, arrestare il proprio cuore, il proprio sogno senza gettarlo oltre l'ostacolo. Derby crocevia di una stagione travagliata ma sugli allori, il terzo scalino del podio per mettere a tacere discussioni, incomprensioni, dimissioni. Derby della maturità, da vincere alla faccia delle assenze, degli infortuni. La Lazio, ferita da anni di schiaffi e matura per consumare la vendetta, sprezzante del pericolo il Biondo Tevere che ricorda troppo il Rubicone, lo attraversa due volte quest'anno. Ritorna a scrivere la storia, ritorna a vincere due derby nella stessa stagione, ritorna a vincere in 'campo nemico' con la Roma a giocare in casa, infuocata da migliaia di anime giallorosse. Stagione 2011/12, ritorna prepotente, schiacciante, la supremazia della Lazio sulla Capitale: la zampata fatale di Klose al 93' quel 16 ottobre di un autunno romano, il ritorno al successo dopo cinque amare battaglie perse. Oggi, 4 marzo, la prima brezza primaverile a portare, con la freddezza di Hernanes e il tocco decisivo di Mauri, il successo che ti incorona imperator. Corona d'alloro, festa tra le strade cittadine, gloria che si ricorda nei giorni, nei mesi, negli anni.
14 anni fa l'ultimo bottino pieno in una stagione, era il campionato 1997/98. Sulla panchina sedeva Sven Goran Eriksson, la squadra era di quelle che di lì a poco sarebbe stata sul tetto del mondo: Nesta, Favalli, Casiraghi, Signori, Fuser, Mancini, Nedved, Almeyda, Boksic. Era la stagione 1997/98, l'anno del poker servito ai cugini giallorossi. Quell'anno la Lazio tornò sempre con la testa del nemico dalla battaglia, fiera, indomita. Sei punti conquistati in campionato, due battaglie senza diritto di replica per la Roma: 1 novembre 1997, Mancini-Casiraghi-Nedved, vittoria di cuore e qualità. Boksic e ancora il ceco a ribadire la superiorità biancoceleste nella gara di ritorno l'8 marzo 1998. Poi la Coppa Italia a sancire l'en plein della Lazio, due derby vinti in soli quindici giorni: il 4-1 firmato Boksic, Jugovic, Mancini e Fuser per mettere a tacere, il 2-1 del ritorno di Vladimir e Gottardi a zittire definitivamente e a conquistarsi la qualificazione. Era l'anno di Pavel Nedved, il biondo ceco che mise a segno 11 gol in campionato, 15 nell'intera stagione tra Coppe nazionali ed europee. Il record è ancora il suo, ma l'altro pezzo di storia del centrocampo biancoceleste, Anderson Hernanes, lo ha già eguagliato lo scorso anno e punta a superarlo. Presente, Anderson Hernanes, 8 reti in campionato e 11 considerando le Coppe. Pavel si avvicina.
Dal campo di battaglia quest'anno la Lazio è tornata due volte con la testa del nemico, intrepida, senza mai cedere un centimetro. In casa, con l'abbraccio della Curva Nord a scaldare i cuori tremanti degli undici in campo. In 'trasferta', in campo nemico a sancire almeno un piccolo vantaggio. La Lazio torna a vincere un derby in cui la Roma fa la padrona di casa. Il destino incrocia numeri e dati, ancora 14 anni fa l'ultimo successo con i biancocelesti ospitati dai nemici giallorossi, l'Olimpico il campo di battaglia, sempre la supremazia sull'Urbe Eterna la posta in palio. Era ancora la stagione 1997/98, l'anno del poker servito ai cugini giallorossi. Sulla panchina sedeva sempre Sven Goran Eriksson, la squadra era sempre di quelle che di lì a poco sarebbe stata sul tetto del mondo. L'ultima vittoria in trasferta è sempre quella di Coppa Italia, in campionato il calendario riporta 1° novembre 1997, tris biancoceleste sopracitato.
Quattordici anni per trasformarsi dallo sconfitto Napoleone di Waterloo al superbo Cesare di ritorno da Farsalo. Quattordici anni per ritrovare il coraggio di oltrepassare due volte il Rubicone, armati non di spade ma di profonda quanto sana voglia di vendetta, vittoria, gloria. Che di conquiste e soddisfazioni in quattordici anni non sono mancate: da quel 6 gennaio 2005, la corsa di Paolo Di Canio sotto la Sud a ricordare il lontano 1989, al 19 marzo 2008, la vittoria di testa e cuore firmata al 92' da Valon Behrami. C'è però una piccola curiosità che lega l'en plein della stagione 1997/98 al 2011/12: ieri come oggi in biancoceleste c'è Giovanni Lopez. Vestiva la maglia numero 3, affiancava al centro della difesa un giovanissimo Alessandro Nesta. Un solo anno alla Lazio, prima dell'esplosione dell'altro romano, per poi passare al Napoli. Ora è al fianco di Edy Reja, allenatore in seconda dal febbraio del 2010 della sua squadra del cuore. Esistono due modi per tornare dal campo di battaglia: con la testa del nemico, o senza la propria. Corone d'alloro, gloria eterna. La supremazia cittadina è così ristabilita.