ESCLUSIVA Radiosei - Ilaria Cucchi: "Mio fratello è morto di dolore, la vicinanza delle persone ci scalda il cuore"

Si conoscerà mai la verità assoluta sulla morte di Stefano Cucchi? Una domanda che lotta contro la difficoltà di trovare una risposta. Un desiderio di sapere che brama di diventare realtà. Ciao Stefano. È l’affermazione che ha già una realtà. Quella di un ragazzo, che da dietro le sbarre non è uscito più. Nell’ultimo periodo il caso si è di nuovo sollevato. La pioggia battente di Roma non ha attutito il polverone innalzato dopo l’assoluzione dei medici, degli infermieri e degli agenti penitenziari, al processo d’appello. Una luce che deve rimanere sempre accesa nel buco nero che la giustizia ha avuto. È questo l’intento di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, intervenuta in esclusiva ai microfoni di Radiosei per portare avanti la sua battaglia per la ricerca della verità.
Ilaria, nel salutarti ti porto gli omaggi di una curva intera…
" Questa vicinanza e questo sostegno che abbiamo avuto in questi giorni ci scaldano il cuore".
Com'è stato possibile arrivare a un verdetto così?
"È stato possibile grazie a quelle indagini che io critico in maniera forte e che sono state oggetto di critica anche nei miei confronti. Io ricordo il mio avvocato che si è rivolto ai pubblici ministeri chiedendo di cambiare i capi d’imputazione perché ci avrebbero distrutto a livello processuale mantenondoli, così è stato".
Dove c’è secondo voi il buco nero nelle indagini?
" La questione è questa, in realtà non c’è nessun buco nero, c’è una testimonianza molto forte di un detenuto che stava vicino alla cella di Stefano che ha sentito i calci che ha ricevuto, i suoi pianti. Questo accadeva prima dell’udienza del processo per direttissima. Dopo il processo furono messi in cella insieme, Stefano gli confidò il pestaggio e gli fece vedere le sue ferite. Ci sono i pantaloni di Stefano macchiati di sangue fresco, che sono una prova inattaccabile. Siamo però arrivati ad un'assoluzione, potete bene immaginare che da cittadina ritengo ci sia qualche cosa che non quadra".
Il medico del tribunale aveva riscontrato lesioni non allarmanti intorno alle 14:30, poi alle 15:45 si evidenziano lesioni gravi, come è possibile?
" Me lo hanno spiegato bene i medici legali che collaborano con me. È stato il dott. Ferri che ha visitato Stefano perché stava male, mio fratello oltre a chiedere i medicinali per l’epilessia si vedeva che stava male. I danni si sono palesati all'Ospedale Fatebenefratelli e si sono sviluppati nel trasporto dal carcere fino all'ospedale".
Poi ci sono quelle foto che parlano da sole…
"La verità è in quelle foto, abbiamo le foto segnaletiche, quelle in cui è vivo e quelle in cui è morto. Noi abbiamo passato un processo in cui si evidenziava che quelle fratture non esistevano, o erano pregresse, oppure non erano importanti per la causa della morte. Stefano faceva tapis rulant prima di entrare in cella. Correva e si allenava. Durante il processo non riusciva a muoversi. Si è parlato addirittura di frattura da bara, mio fratello è l’unico cadavere che si è rotto le ossa da morto".
Stefano sappiamo che era uno sportivo, un tifoso …
"Mio fratello sognava di diventare campione di boxe, la domanda che io mi faccio è come si possa infierire su un fisico così esile come quello di mio fratello. E come possiamo noi credere che quelle lesioni non siano fondamentali per il suo decesso. Il fatto è che hanno ammesso che il pestaggio c’è stato ma non sanno perché c'è stato".
Le dichiarazioni di Gianni Tonelli, segretario generale del sindacato di polizia, sono state vergognose…
"Questo è un problema culturale enorme. Le dichiarazioni di Tonelli preferirei ignorarle, direi a lui di guardare le foto di mio fratello morto. E poi dire, onestamente, a se stesso cosa c’entrano queste foto con la droga".
Anche il Presidente del Senato Pietro Grasso ha espresso le sua solidarietà per la vostra vicenda…
"Tutto questo ci scalda il cuore, sia la vicinanza delle persone, che quella delle istituzioni. Quello che credo sia accaduto da una settimana a questa parte è il fallimento della giustizia ed è davvero intollerabile".
Sono arrivate delle critiche riguardo il tuo risarcimento...
"Le critiche ci sono sempre. Il risarcimento è già avvenuto, già c’è stato da parte dei medici dell’assicurazione del Pertini. Mio fratello comunque è morto quando si trovava all’interno di questa struttura. Questo risarcimento è stata un’ammissione di responsabilità, perché al di là di tutto Stefano è morto quando era lì. Mio fratello ha subito una catena di eventi drammatici, sembra un film. Fra questi eventi c’è stato Stefano, massacrato, che si trovava a morire lentamente fra dolori atroci. Mentre accadeva tutto ciò è stato tenuto lontano dalla mia famiglia. Ora si può continuare a sostenere che lui non voleva sapere niente di noi, ma io vi farei vedere le foto del suo compleanno. Lì c’eravamo io, lui, i miei bambini tutti insieme mentre festeggiavamo il compleanno di Stefano. Potrei farvi leggere i messaggi che Stefano mi mandava pochi istanti prima dell’arresto. Potrei dire tante cose, ma non dico nulla perché quello rientra nelle mie questioni personali. Di certo non l’avevamo abbandonato, i miei genitori erano ogni giorno fuori da quella porta e nessuno gli dava notizie. Un giorno una vice sovraintendente, evidentemente stufa di queste insistenze dei miei genitori, li rassicurò sulle condizioni Stefano. In realtà mio fratello era agonizzante, è morto come un cane fra dolori terribili. È morto con un globo vescicale di 1400 cc di urina, sapete cosa vuol dire? Aveva la vescica che sembrava un pallone. Si poteva vedere ad occhio nudo, tutti sostengono di non aver visto nulla, sia i medici che gli infermieri. Mio fratello è morto di dolore. In questo modo è morto, da solo".
Vi siete rassegnati a questa sentenza o avete fiducia che in Cassazione si ribalterà ?
"La rassegnazione è qualche cosa che non mi appartiene, la fiducia e la speranza appartengono a lontani ricordi. Sabato sera abbiamo fatto un’iniziativa che si chiamava 1000 candele per Stefano a Piazza Indipendenza, eravamo circa 2000 persone. La gente era indignata e arrabbiata, ma quella sera non c’è stata una parola fuori posto, è accaduto tutto nel rispetto di Stefano".