Lazio, Hernanes: "Il Profeta, l'addio in lacrime e la nascita in Brasile: vi spiego"

Sui canali ufficiali della Serie A è stata rilasciata l'intervista a Hernanes che ha ripercorso i suoi anni migliori nel campionato italiano, partendo però dagli albori della sua carriera calcistica. In merito all'arrivo alla Lazio, Il Profeta ha spiegato: “Meraviglioso, mi spaventava di una cosa in Europa: il freddo. Noi abbiamo solo il caldo, solo una stagione, l’inverno pioveva solo. Arrivo ad agosto a Roma con 33 gradi, ho detto ‘mizzica mi sento a casa’. I tifosi già mi chiamavano “il profeta”, mi sono sentito subito a casa, mi ha aiutato molto ad esprimermi molto bene. Il campionato era già iniziato, è andato in scioltezza”.
PROFETA – “Deriva dalle mie interviste questo soprannome che facevo in Brasile. Citavo proverbi, riflessioni della Bibbia. C’era un giornalista del telegiornale sportivo più importante e mi ha dato quel soprannome, poi tutti hanno ripreso quel soprannome”.
NOME – “Quando mi sono sposato la prima volta ho cambiato il nome, poi mi sono separato e ora uso il nome di battesimo: Anderson Hernanes de Carvalho Andrade Lima. Il calcio si concentra più al sud, nel polo economico importante, San Paolo, Rio De Janeiro. In Brasile si gioca ovunque, ci sono squadre forti in tutti gli stati”.
SAN PAOLO – “In quegli anni lì avevo preso lo storico che aveva vinto due mondiali con Barcellona e Milan. Dopo gli anni erano i più belli del club. Il settore giovanile era il più forte in Brasile, aveva il centro di allenamento più eccellente del Brasile. Abbiamo vinto 3 scudetti, ne ho vinti 2, il club più forte in quel periodo lì”.
RUOLO – “A livello di soddisfazione mi è piaciuto più fare il trequartista, ero più vicino al gol, la mia caratteristica era giocare di istinto, finta, dribbling e tirare, destro sinistro. Però per avere una visione più ampia a 360°, il regista basso mi ha cambiato la maniera di vedere calcio”.
DESTRO O SINISTRO – “Sono nato destro, anche se sono molto curioso e studio molto non ho trovato una letteratura scientifica per cui si nasce destro o sinistro. A 11 anni mi sono messo in testa che volevo essere un mancino, mi ci sono allenato sopra. Facevo tutto col mancino, ho acquisito l’abilità di dribblare e calciare così”.
PRIMO ANNO ALLA LAZIO RECORD DI NEDVED – “Impatto bellissimo, avevo maturità, arrivo in una città che dal punto di vista delle similitudini con il Brasile ce ne sono. Poi la gente e il calore, l’ambiente e il clima mi hanno aiutato molto. Reja mi ha messo come seconda punta e risaltava ancora di più le mie caratteristiche”.
KLOSE – “Ho imparato ad essere preciso fuori dal campo, lui arrivava sempre prima di tutti, io da brasiliano arrivavo quasi sempre in ritardo. Ho imparato quella mentalità ma ancora oggi faccio fatica (ride, ndr). Dentro al campo la sua oggettività nella ricerca del gol, giocare di squadra e saper leggere i compagni. Da brasiliano che mi piaceva la finta e il dribbling, lui arrivò e mi disse ‘se fai una finta in più perdo tempo per inserirmi e mi trovi fuori tempo’. Questo mi ha dato un senso di giocare di squadra”.
RUOLO DIVERSO – “La mia traiettoria sin dall’inizi è stata di adattarmi e trovare uno spazio in cui mi potessi trovare meglio. Fino a 14 anni giocavo a futsal, poi sono andato a giocare a calcio e il primo ruolo venuto era il trequartista ma c’era uno più bravo e per non stare in panchina mi sono messo come terzino sinistro. Il mio primo ruolo nel calcio a 11 è stato questo, mi sono sempre adattato. Da trequartista mi liberavo”.
ADDIO ALLA LAZIO IN LACRIME – “Legame fortissimo, il cuore voleva rimanere ma la testa e i sogni di voler giocare e vincere altri trofei. È questo che mi ha fatto andare via, ma il cuore voleva rimanere”.
INTER – “La fine di un ciclo e la ripartenza. Sono capitato in quel momento così che si fa fatica ad ottenere risultati. Anche quello è stato un passaggio importante, ho giocato con Zanetti che a 40 anni vedevo allenare sempre al massimo. Cambiaso è uno dei più ragionevoli e presenti in partita. Giocare con campioni così è stata una bella parentesi”.
ROBERTO MANCINI – “E’ stato molto bello, cercavo da imparare da tutti, appena arrivato disse che facevamo il mestiere più bello al mondo, per questo lavoriamo con serietà per non dimenticare di divertirsi. È stato prezioso, volevo sempre vincere, ma ci si dimenticava di prenderla con divertimento. Vinci con l’Italia, è stata una grande persona oltre che allenatore”.
ALLEGRI – “In quel momento lì la società era molto quadrata, la squadra aveva un filone di vittorie, grandi giocatori, era messo tutto bene. Una grande esperienza aver giocato in quegli anni con grandi giocatori e con il mister Allegri. È molto matematico, pragmatico, ha trovato le sue equazioni per raggiungere i risultati. Quando volevo andare via dalla Lazio e vincere dei trofei, vincere lo scudetto è stato molto bello. La Champions è stata bella, l’amarezza contro il Bayern me la porto dentro. Queste esperienze sono quello che cercavo”.
CINA E BRASILE – “Sono andato via dalla Juve perché ero un po’ messo da parte nei piani di Allegri, poi la proposta economica importante è arrivata e sono andato via. Il mondo cinese è come quello dell’Arabia, la cultura porta avanti una attività, se vuoi investire nel portare giocatori e non creare tifosi e società quello svanisce. Lo stesso vale per l’Arabia e altri Paesi. La Cina è stata come vita una esperienza interessante. Calcistica meno, volevo fare uno scambio con i ragazzi ma loro non erano aperti a migliorare come giocatori. Non ho avuto uno scambio, il mio procuratore era cinese, dal 2008 lui mi voleva portare lì ma io non volevo. Dopo 8 anni era il momento giusto, sapevo che prima o poi sarei andato anche per conoscere la cultura cinese”.
CAPRIOLA DOPO IL GOL – “Da quando ero bambino mi allenavo a fare le capriole. Ero sempre con gli amici a fare salti, capriole, nel futsal avevo 10 anni, segnavo e facevo la capriola sul parquet. Ero più piccolo e già lo facevo, era una cosa naturale, ci sono cresciuto”.
RADICI A TORINO – “L’Italia è meravigliosa ha un clima bello, il cibo migliore del mondo, la gente che ama il calcio, mi trovo bene qua. Torino ha scelto me, la mia e moglie con i figli sono rimasti qua. Avevo comprato una casa che ho ristrutturato, doveva essere prima una casa in campagna poi è diventata una attività, poi altri ristoranti. Per questo sono tornato qui”.
RISTORATORE – “Tempi? E’ l’opposto del calcio, è questo quello che mi ha fatto innamorare del vino. Il calcio nasce 120 anni fa all’incirca, il vino esiste da quando l’uomo esiste sulla terra, diciamo così. Viene da una tradizione tramandata da generazione in generazione. Ho piantato altre due tipologie di uve, questo è il terzo anno ma dobbiamo ancora aspettare per fare il vino affinché la vite sia in grado di portare i frutti. Non lo trovo poi così diverso, il calcio è così perché io ero una pianta, ho iniziato a giocare a futsal, i primi frutti li ho visti a 16 anni, i costi, poi ne sono passati di anni. Nella vita ci sono molte similitudini, siamo sempre noi, le mani, la testa, siamo sempre noi. I tempi nel calcio e nelle vite vanno rispettate, nel calcio si vogliono affrettare i risultati ed è un’altra cosa. Quando fai questo nella vita e nel calcio sbagli delle cose”.
KINGS LEAGUE – “Una sola partita ho fatto perché mi hanno invitato per vedere se riuscivo ad aiutare la squadra. Al Sale ho avuto una squalifica importante, siamo saliti di categoria, complimenti al presidente che ha fatto una squadra importanti, ai giocatori e al mister”.
MAGLIA DEL BRASILE – “E' la realizzazione del sogno di quasi tutti i bambini che nascono in Brasile e non solo. Una fantasia irreale, il sogno comincia nella testa a diventare realtà, la prima convocazione e vai in campo è indescrivibile”.
COMMISSARIO TECNICO – “Ancelotti? Fino a due anni fa non volevo allenatori stranieri, ma vedendo il Brasile ho cambiato idea. Ancelotti non mi ha mai allenato ma vedendo come si comporta con la squadra e giocatori brasiliani che si sono esaltati con lui, la percezione è che lui sa fare, relazionarsi con giocatori brasiliani. Sarebbe un’ottima cosa. Mi piacerebbe”.
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