Lazio | 10 anni senza Giorgio Chinaglia: l'ultima, emozionante intervista. Un ricordo immortale

Giorgio Chinaglia, l'ultima intervista in vita. L'intervista ai microfoni del direttore Alessandro Zappulla. (CLICCA QUI PER IL VIDEO DELL'INTERVISTA A CHINAGLIA O SCORRI A FINE ARTICOLO)
Clima mite che sa di primavera, una primavera che da queste parti non tramonta mai. Naples, Florida a sei mila miglia di distanza dall’Italia. “Entrate, prego, ho appena finito la mia trasmissione radio. The Football Show…”, ci accoglie così Long John al doppio squillo del campanello di casa sua. A spalancarci la porta del suo appartamento, alle 10 del mattino è un uomo grande, alto, dal passo lento e i lineamenti duri, scavati dal tempo. Ma la testa incassata nelle spalle e lo sprint dei tempi andati che non c’è più, non cancellano affatto quell’alone di fascino che lo circonda. “Andato bene il viaggio?! Avete sentito che clima c’è qui ? In Florida fa caldo tutto l’anno, anche per questo si vive meglio…”. È lui Giorgione, il campionissimo degli anni ’70, l’idolo più amato e al contempo più odiato dai tifosi della Lazio. Calcio e cazzotti, gol e successi, un carattere forte in mezzo al campo, ma anche un’abilità innata ad infilarsi nei guai. Uno scudetto vinto a Roma nel ’74, l’avventura con i Cosmos di Pelè e Beckenbauer, la presidenza della ‘sua Lazio’ negli anni ’80, naufragata sull’orlo di un fallimento, per chiudere poi con il capitolo degli scandali: quello con il Foggia qualche anno fa e quello con la Lazio nell’era Lotito.
Giorgio ma chi è il vero Chinaglia?
“E’ quello che vedi ogni giorno. Non mi piace la gente bugiarda e per questo dico sempre quello che penso. La mia vita è molto semplice, porto con me i ricordi di sempre e ringrazio Dio per il fisico e la salute che ancor oggi mi conserva. Poi se invece parliamo della mia carriera il vero Chinaglia lo ritrovo nella mia esperienza da calciatore, ma non in quella da presidente…”
Come mai?
“Scelte sbagliate. Ero troppo innamorato della Lazio, non vedevo i difetti e mi sono fidato troppo di chi mi circondava. Per il resto il calcio me lo sono vissuto a pieno come una professione anche lontano dalla stanza dei bottoni. Da commentatore Tv prima e conduttore radiofonico ora…”
The Football Show, giusto ?
“Si, è un programma sul calcio, che conduco ogni mattina su Sirius XM. È un canale satellitare che conta 35 milioni di abbonati. Qui negli States le radio nelle macchine ricevono dal satellite e i nostri ascoltatori pagano un abbonamento annuale di 10 dollari. Io trasmetto direttamente da casa. Cuffie e microfono ogni mattina e durante le mie ore arrivano i picchi di ascolto… Ricevo tantissime telefonate. e in diretta intervengono dei pezzi grossi del calcio internazionale. Da Ancelotti a Mourinho, da Ferguson a McLeish dell’Aston Villa. La gente impazzisce ”
Lei giocò con Pelè e Beckenbauer…
“No un momento: erano loro a giocare con me! Loro erano solo calciatori io invece facevo anche il dirigente. Nonostante mi dividessi fra campo e scrivania riuscii comunque a togliermi delle belle soddisfazioni. Ho segnato 243 gol in 253 partite. Nella classifica mondiale IFFHS sono attualmente l’attaccante numero 33 al mondo e il primo in Italia. Ho scavalcato anche Silvio Piola…”
Ma con Pelè che successe?
“Avevo un ottimo rapporto con tutti i miei compagni. Ho chiamato ai Cosmos anche Pino Wilson il mio capitano. Con Pelè i rapporti erano buoni, ma in campo avevamo un problema…”
Ossia?
“Lui veniva sempre al centro dell’attacco e ci pestavamo i piedi. Allora gli ho detto: “Vai a giocare sull’esterno così hai più spazio”. Lui non la prese bene, allora da dirigente gli dissi: “O fai così oppure te ne vai…”
Ride divertito Long John, mentre si accende la sua seconda sigaretta della mattinata. Mettere a tacere Pelè non è cosa da tutti e lui lo sa. Ma per uno che ha mandato a quel paese in mondo visone il CT della Nazionale forse lo è…
“Italia-Haiti la ricordo bene come se fosse ieri. La sera della vigilia mi sono ritrovato con tutta la squadra in una stanza dell’albergo. In campo qualcosa non andava. La questione era il duo Rivera-Mazzola. Con tutti e due titolari si concedeva un uomo all’avversario. Allora mandammo ai voti chi escludere e la maggioranza scelse di far giocare Rivera. Mi feci portavoce della decisione e scrissi su un foglio la formazione che sarebbe dovuta scendere in campo il giorno dopo. Bussai alla porta di Valcareggi e…”
E lì che successe?
“Niente… Lui insonnolito mi disse: “Vai a dormire ci penso io…”. Poi la storia la conoscete. Giocarono sia Rivera che Mazzola, e nel secondo tempo fui sostituito. A quel punto mi arrabbiai molto. Forse era più giusto lasciarmi negli spogliatoi, non togliermi in corsa e a quel punto c’è stato il vaffa. In più ero su tutte le furie per un altro motivo. Pensavo alla Lazio, a noi che avevamo vinto lo scudetto. In quegli anni eravamo i più forti, ma in c’ero solo io, Re Cecconi e Frustalupi. Assurdo!”
Che carattere Giorgio. Come quello di quella Lazio del ’74…
“Bèh si un bel gruppo bene assortito. Dobbiamo tutto a Tommaso Maestrelli che per me fu come un padre. Gestirmi non era semplice. Pensate: in allenamento facevamo sempre delle partite che non finivano mai. Terminavano solo dopo il gol che mi regalava la vittoria. Una volta era calato il sole. Stavo perdendo di un gol di scarto. Alla fine due miei compagni schierati fra gli avversari rinunciarono e se ne andarono. Io segnai e la partita finì. Ma eravamo 7 contro 5…”
C’erano invidie in quella squadra?
“No direi di no. Gli invidiosi li mandavamo via”
Ad esempio chi?
“Papadopulo! Mi stava sempre addosso, mi invidiava. Una volta arrivai in ritardo in allenamento perché dovevo vedere una ragazza molto carina. Lei abitava davanti casa sua. E lui mi spiò. Quando arrivai al campo voleva dirlo a Maestrelli, ma io l’avevo preceduto. Con Tommaso ero in simbiosi”
Di quegli anni si narrano un fiume di aneddoti stravaganti. Ce ne racconta uno inedito?
“Ve ne racconto uno, fu dopo un Napoli-Lazio finito 1-0 per loro. Mi trovavo in auto con mio padre e stavo andando verso Fuorigrotta. Ad un certo punto dei tifosi del Napoli ci circondarono. Allora io uscii dalla macchina con il mio Winchester e sparai due colpi in aria. In un attimo fu il vuoto. Risalii e ce ne andammo”.
La Lazio è sempre la Lazio, la segue ancora?
“Si certo sempre. E’ la squadra del mio cuore e sto seguendo tutte le partite. Mi piace Klose è forte, anche se ho l’impressione che possa calare di rendimento nel girone di ritorno. Cissè invece è stata una vera delusione. La Lazio la vedo in corsa per il quinto sesto posto, non di più”
Da casa al mare la giornata di Giorgio Chinaglia scivola via recitando sempre lo stesso spartito. Sole, passeggiate e qualche sapore italiano.
“Vi porto da mio figlio Anthony. Lì si che respirate un po’ d’Italia. Il suo ristorante è caviale e champagne, ma io preferisco il ragù alla bolognese come lo sa fare lui…”
Le manca l’Italia?
“Certo. Sono italiano. Mi mancano gli amici di un tempo ed ho nostalgia dei sapori del nostro Paese. Adoro il pollo ai peperoni, ma qui nessuno sa cucinarlo. A volte vado a New York dove sanno preparare dei buoni piatti italiani”
Giorgio nel futuro cosa c’è ?
“I Cosmos. Spero che si costituisca presto la società, anche se mi pesa molto tornare a lavorare a New York. Poi spero che la Lazio venga acquistata da un’importante società per diventare grande come ai tempi di Cragnotti”.
C’è qualcosa che non rifarebbe mai nella vita?
“Non ascolterei più Di Cosimo. Alla fine si è rivelata tutta una truffa. A volte mi dico che credo troppo nel prossimo, ma sono fatto così…”
Lo sguardo si incupisce, il sorriso si spegne.L’irriverente sicurezza del Chinaglia che fu sparisce dietro lo sguardo incerto del vecchio campione di oggi. “Presto chiarirò ogni cosa e tornerò in Italia. Ditelo, ditelo a tutti”. Ci liquida così Long John prima di salutarci. “Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia”, cantava anni fa la curva nord. Addio campione d’altri tempi. Good bye Long John.