Lazio, trofei e tifosi, parla Parolo: "Un onore far parte di quel mondo". Su Anderson...

Intervenuto ai microfoni di Be.Pi TV, Marco Parolo ha parlato della sua carriera, riavvolgendo un po' il nastro e soffermandosi sui momenti migliori vissuti con la maglia della Lazio e della Nazionale: "Il momento più bello quando sono andato con la nazionale a Milanello. Tornare in quel posto e andarci con la maglia della nazionale forse è stato davvero emozionante. Rappresentavo il mio paese ed era un posto in cui andavo continuamente da bambino, mio nonno mi portava in bicicletta, era tifoso del Milan. Avevo sempre sperato di andarci da giocatore, ci sono tornato con la maglia dell'Italia, ancora meglio".
DELUSIONI NAZIONALI - "Eliminazione Svezia? Quando c'è negatività intorno non riesci a far girare le cose a tuo favore. Parlare troppo del Portogallo ci ha tolto un po' di cattiveria e voglia di vincere con la Macedonia. Rigiochi quella partita dieci volte, secondo me la vinci sempre. I Mondiali sono importanti, ma bisogna capire che stanno crescendo tutte le nazioni. I giocatori girano per l'Europa, gli allenatori lo stesso. Ogni singola partita, se non affrontata nel modo giusto, puoi rischiare di fare brutte figure. Indietro non si torna, ora ci si rimboccano le maniche e si riparte".
QUESTIONE DI GOL - "I gol più belli li ho fatti col Milan. Quando diventi giocatore sei una sorta di a-tifoso. La doppietta che ho fatto col Parma contro il Milan, il gol che ho fatto col Cesena contro la Lazio. E anche la doppietta sempre contro il Milan ma con la Lazio. Lo stadio era pieno, il giorno prima del mio compleanno, indossavamo la maglia bandiera, la gente ci si trovava tanto. Fu veramente emozionante".
LA LAZIO - "La prima Supercoppa fu una sorta di liberazione, l'abbiamo ribaltata all'ultimo. La Coppa Italia e la Supercoppa a Ryhad mi diedero una grande soddisfazioni. La Lazio ha vinto 15 o 16 trofei, io 3. Ho dato un bel contributo. A Roma ho trovato un ambiente che voleva crescere a livello di società. Con Pioli fu un grande anno, poi qualche piccolo errore nella seconda stagione. Ci fu un confronto diretto con la proprietà, volevo crescere come realtà e anche loro. L'hanno fatto, a piccoli passi ma alla fine la Lazio è diventata una squadra stabile. E poi 'affetto della gente, nel primo derby che ho fatto mi è arrivata una scarica d'adrenalina dalla gente laziale, dall'ambiente romano in generale. Puoi vedere San Pietro e il Colosseo, ma il derby deve essere vissuto. Il tifoso sembra più tranquillo ma quando ti riempire lo stadio arrivi a 50 mila spettatori con un fortissimo senso di attaccamento alla maglia, con un'identità. Questo ti trascina. È stato molto bello far parte di quel mondo".
COMPAGNI E AVVERSARI - "Compagno più forte? Se la giocano Pirlo e Cassano per il fatto di vedere il calcio con un tempo più veloce degli altri. Avversario? Ce ne sono stati tanti, il primo Ibrahimovic aveva uno strapotere fisico e un'eleganza devastante. Ti metteva davvero in difficoltà. Alla Lazio? Parlo semore di Felipe Anderson nei primi tre mesi, gli ho visto fare delle cose che non avevo visto da nessun altro. È proprio un talento diverso. Immobile ha una sua caratteristiche, idem Klose o Milinkovic. Ma la completezza che ho visto in Anderson in quei tre mesi non l'ho vista da nessuno".