Andrè Dias: "La rivalità con la Roma è qualcosa dell'altro mondo"

Ha vissuto il 26 maggio da protagonista, ed è stato un pilastro difensivo biancoceleste, Andrè Dias. Intervistato da ESPN.com.br, il classe 79' ha raccontato le emozioni vissute nei derby e in biancoceleste: "La rivalità con la Roma è qualcosa di incredibile. Non potevo parlare con i brasiliani che giocavano con i giallorossi. C'erano quartieri di fede laziale e altri di fede romanista. Non potevo girarci. Ero "maledetto", e potevo anche essere picchiato. Ho pensato che le rivalità tra le squadre brasiliane fossero importanti, ma Roma-Lazio era dieci volte peggio. Lì vivono per quella partita ".
RICORDI - "Una sera a cena con la sua famiglia prima del derby in un centro commerciale, il brasiliano ha vissuto una serata particolare: "Circa quattro tifosi vennero da me con un foglietto con scritta la formazione, chiedendomi se fosse la squadra giusta per il derby. Risposi che non ero l'allenatore della Lazio. Erano talmente fanatici! "
MOMENTI DIFFICILI - "Non ci pensai due volte ad accettare la Lazio, perchè non conoscevo il momento che viveva. L'ho accettata solo perché era luna squadra italiana e per il calcio europeo, che era il mio sogno. La squadra era vicina alla zona retrocessione e non lo sapevo. Feci le visite mediche a Roma, tornai in Brasile per prendere le mie cose e tornare in Italia per giocare nel weekend. Sono arrivato con un fuso orario, non riuscivo a dormire e dovevo andare subito alla partita. Abbiamo perso 1-0 contro il Catania con un gol di Maxi López a causa di un mio errore. La stampa fu critica nei miei confronti , ma nessuno conosceva la situazione. Per fortuna, non capivo l'italiano. Dopo la partita, 15 tifosi si sono presentati a Formello lanciando delle bombe carta. Mi chiesi cosa ci facessi a Roma? Avevo lasciato una squadra in Brasile che lottava per vincere, per una che viveva una situazione travagliata ".
REJA E IL 26 MAGGIO - "Per fortuna arrivò un allenatore italiano che fu un padre per me e mi insegnò molto (Reja ndr.) . Mi ha lasciato fuori per cinque partite per capire cosa stesse succedendo e inserirmi. Il calcio italiano è molto tattico mentre quello brasiliano è molto istintivo. Siamo riusciti a migliorare ogni anno, lottando per le prime quattro posizioni, giocando in Europa League e piazzandoci tra le prime in Italia. Ho anche imparato a parlare la lingua e capire la cultura italiana. Alla fine è stato bello. All'epoca della Coppa Italia volevo già tornare in Brasile. Nel 2011 Santos voleva che giocassi nel Mondiale per Club. Poi è arrivato l'Atlético Mineiro quando c'era Ronaldinho , mi volevano perché Réver era infortunato. Volevo tornare in Brasile e giocare la Libertadores. Ho iniziato a non andare d'accordo con la dirigenza della Lazio che non voleva vendermi ".
ULTIMI ANNI - Finito in fondo alle gerarchie dei difensori per le divergenze con la società, Dias è riuscito poi a imporsi di nuovo in biancoceleste: "Lotito mi chiamò per ultimo dopo aver parlato con altri 28 calciatori della rosa e tutti dissero che avrei dovuto giocare, e mi disse che avrei rigiocato. La partita successiva, dopo la sconfitta per 3 a 1 contro la Juventus, l’allenatore fu mandato via, ma successivamente riuscimmo a scalare posizioni in classifica con buoni risultati. Scaduto il mio contratto con la Lazio avevo altre due proposte da squadre italiane, Sampdoria e Sassuolo, ma avrei dovuto cambiare città. Il contratto durava solo un anno e mia moglie non voleva perché i nostri figli andavano ancora a scuola. Sono andato in vacanza anche per decidere meglio sul mio futuro. I miei ultimi sei mesi alla Lazio sono stati molto brutti perché avevo un problema al ginocchio, soffrivo molto e la società non mi concesse il tempo necessario per recuperare ".
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