Da Ponte di Nona all'Olimpico, la favola di Kiko...Il padre: "La Lazio ci ha dato tutto, ma il Manchester..."

Via della Riserva Nuova, al confine tra Ponte di Nona e Villaggio Prenestino, undici-dodici chilometri fuori dal Raccordo Anulare, periferia di Roma Est. Proseguendo sulla via Prenestina si viaggia verso Palestrina e Tivoli. Un quartiere in espansione, case popolari e palazzi di fresca costruzione, a trecento metri di distanza dal centro commerciale Unico. Qui è cresciuto Federico Macheda, detto Kiko, ex gioiello della Lazio. Da queste strade, con papà Pasquale e mamma Loredana, nell’estate 2007 s’era messo in viaggio verso Manchester e il Teatro dei Sogni. Sir Alex Ferguson l’aveva strappato a Lotito e Sabatini, convincendo tutta la famiglia a trasferirsi in Inghilterra. Il 5 aprile 2009, minuto 61 della partita tra United e Aston Villa, il suo debutto in Premier League. Entra con il Manchester sotto 1-2. Cristiano Ronaldo pareggia, firmando la doppietta. Al 93’ il gol decisivo (3-2) di Kiko, che festeggia correndo ad abbracciare il papà, seduto nelle prime file della tribuna, dietro alla panchina. "Credo che quell’abbraccio fosse anche un pochino meritato dopo tanti sacrifici", ricorda sorridendo oggi il signor Pasquale, 38 anni, nato a Reggio Calabria e cresciuto a Roma. Federico, il suo primo figlio, l’ha avuto prestissimo, neppure ventenne. E domani lo vedrà debuttare allo stadio Olimpico con la maglia della Sampdoria."Un’emozione intensa, spero sia come quella volta all’Old Trafford. Io da papà sono contento. Ora siamo qui a Genova con la Samp. La Lazio? Se si è fatta avanti non lo so, bisognerebbe chiedere all’agente, ma questo forse non era il momento di tornare. E un giorno chissà, tutto può sempre accadere".
SCELTA - Questa è una ferita ancora aperta per Lotito. Sabatini tentò in tutte le maniere di fermare Macheda. Ferguson si era mosso in anticipo. "La Lazio ha dato tanto, tutto a Federico. Se oggi siamo qui, è anche grazie alla Lazio. Ricordo tanti colloqui con Lotito e Sabatini, ma quando senti la campana di un club come il Manchester United è difficile resistere. Abbiamo avuto fortuna, Federico ha voluto provare, è andata bene. Si trattò anche di una scelta di vita per tutta la famiglia, non solo di una scelta calcistica" racconta Pasquale. Una vita di sacrifici, trascorsa vedendo crescere il figlio campione e lavorando di notte, prima ai mercati generali di San Paolo, poi come custode o guardia notturna, per poterlo accompagnare al campo il giorno dopo. "Mia moglie Loredana lavorava in un albergo a Porta Maggiore, io accompagnavo Kiko al campo. Prima a San Basilio, poi anche a Formello oppure Osteria Nuova. Un centinaio di chilometri, andata e ritorno, da casa nostra. Lavoravo di notte, di giorno andavo con lui agli allenamenti. Ho fatto dei sacrifici, mi ritengo fortunato, perché non tutti i genitori riescono a stare con i figli".
AMICI - Ieri Pasquale si trovava a Bogliasco per gli allenamenti della Samp. Mamma Loredana e Simone, l’altro figlio, di tre anni più giovane rispetto a Federico, ancora a Manchester per chiudere casa e completare il trasloco. Nei prossimi giorni si trasferiranno in Liguria. Ieri a casa Macheda le serrande erano chiuse. Federico torna a Roma ogni tanto, domani sera ripartirà subito con la Samp e non si fermerà, anche se papà Pasquale potrebbe restare dalla sorella, la zia Caterina, ripartendo lunedì mattina. Gli amici aspettano Kiko. Come Luigi Frangella, l’edicolante di fede laziale, che lavora proprio davanti a casa sua, angolo tra via della Riserva Nuova e via Don Pirri Scavizzi. "Sono qui da un anno. Conosco bene Kiko, un amico, e la sua famiglia. Gente alla mano. Com’è Federico? Un bravo ragazzo, un ragazzo di periferia, semplice, certo non dei Parioli. A volte mi porta il caffè quando passa a prendere i giornali. Mi fa piacere che sia tornato in Italia, anche se non alla Lazio. Certo volevo andarlo a trovare a Manchester e vederlo giocare all’Old Trafford, ma non ho fatto in tempo".
PRENESTINO - Le scuole elementari e medie in via Osa, i primi calci al Villaggio Prenestino prima di essere preso dal Savio del presidente Paolo Fiorentini. Ieri, ad accompagnarci tra i segreti della vita romana di Federico Macheda, il suo maestro Volfango Patarca. Si tratta dell’ex responsabile della scuola calcio della Lazio, lo storico padre putativo di Nesta, Di Vaio, Di Canio, Di Biagio e tanti altri campioni cresciuti nel vivaio biancoceleste, oggi responsabile del settore giovanile della Pro Calcio Sabina a Forano, il club di Fernando Nesta, fratello di Alessandro. Patarca oggi sta tirando su Gianmarco (nipote dell’ex capitano della Lazio) e altri quattro o cinque campioncini in erba.
"Arriveranno anche loro, venite a vederli", dice oggi parlando con la passione di sempre. Macheda l’ha visto crescere e si può dire l’abbia scoperto. "Io l’ho tirato su e allenato negli Esordienti. La fortuna della Lazio, all’epoca, era stato l’accordo di Vatta con il Savio, società affiliata. Paolo Fiorentini è sempre stato bravissimo a controllare la periferia. Federico aveva cominciato a giocare vicino a casa sua nel Villaggio Prenestino. Mi venne segnalato quando era al Savio. Organizzai anche un’amichevole per vederlo all’opera. Fiorentini mantenne la parola, perché tante altre società si erano mosse per provare a prenderlo. Convocai i genitori negli uffici del settore giovanile al Francesca Gianni. Con il papà Pasquale, come è sempre capitato con tutte le famiglie, stabilimmo un grande rapporto. Firmò per la Lazio". Era il 2002, Federico aveva undici anni.
MAESTRO - Patarca l’ha seguito sino al 2004, quando lasciò la Lazio e Macheda giocava con i Giovanissimi di Stefano Avincola. Classe ‘91. Stessa nidiata di Faraoni, Malomo, D’Alessandro, un gruppo di talenti. "Mi accorsi subito che mio figlio poteva arrivare perché teneva il confronto anche con gli ‘89", racconta Pasquale Macheda. Patarca aveva riconosciuto le stesse doti intraviste anni prima in Marco Di Vaio: "Kiko sa giocare a calcio ed era alto anche da bambino. Un ragazzone. Sa segnare, ma anche costruire assist e dare il pallone, ecco perché può giocare senza difficoltà prima o seconda punta. Possiede l’arte del gol. E l’ho sempre visto sorridere, di buon umore. Giocando, si divertiva". Divertendosi, ha scoperto il mito di Old Trafford. E domani sbarcherà in blucerchiato all’Olimpico. Doveva essere casa sua, si presenterà da avversario. Con il cuore in gola, da tifoso laziale. E papà Pasquale a guardarlo dalla Monte Mario.