Montali: "Il problema non è Lotito, ma chi gli permette di esserlo"

Prima la pallavolo, poi il calcio. Sport apparentemente agli antipodi, ma non per Gian Paolo Montali. Una carriera vissuta tra la panchina delle palestre più importanti d'Italia fino al ruolo di dirigente sportivo della prima Juventus post Calciopoli. Poi l'avventura sulla scrivania giallorossa fino al 2012 quando ha definitivamente detto basta. L'ex dirigente ha espresso la propria visione del calcio italiano in una intervista rilasciata al Corriere della Sera senza risparmiare qualche frecciatina al presidente Lotito.
Montali dopo quasi tre anni di distacco qual è la sua visione del calcio italiano?
"Non vedo grande diversità tra il calcio di oggi e quello che ho lasciato perché non sono cambiate le persone. È la qualità delle persone a fare la differenza".
Stadi vuoti, gioco scarso. Più Lotito… Il calcio italiano è proprio alla canna del gas.
"Questo è un Paese che non ha più i Giochi della gioventù, che non ha più i Gruppi Sportivi. E poi ci lamentiamo se nelle varie nazionali giocano gli oriundi. I giovani non possono più dimostrare il loro talento. Abbiamo cultura sportiva solo quando c’è da salire sul carro dei vincitori per qualche medaglia all’Olimpiade, ai Mondiali o agli Europei".
Giusto, ma Lotito?
"Ai tempi in cui ero alla Roma con lui ce ne siamo dette di tutti i colori. Come imprenditore è stato geniale nel salvataggio della Lazio però, personalmente, come modello di riferimento per migliorare il calcio italiano prenderei la Juve, non Lotito. Comunque il vero problema non è lui: è chi gli permette di essere Lotito".
La sua ambizione è smodata. Al suo confronto Napoleone era un dilettante.
"A Lotito voglio regalare una citazione presa dal Macbeth di Shakespeare: l’ambizione che cavalca se stessa si disarciona".
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