Lazio, all’Olimpico un trionfo d’amore: dalla coreografia al delirio finale - FT

È tutto vero. Anche se la vittoria della Lazio di ieri sera è talmente bella da sembrare un sogno. In campo, una squadra che non s’arrende, che crede in quello che fa e che ha una voglia matta di essere grande. Sugli spalti, un pubblico delle grandi occasioni, un Olimpico sold-out. E sì, sicuramente c’è da registrare la presenza massiccia di tifosi juventini, ma i laziali c’erano. Erano tanti, belli e carichi. Hanno sofferto e gioito, senza mai smettere di stare vicino, col cuore e la voce, ai giocatori. Immobile e compagni li hanno chiamati, la gente laziale ha risposto presente.
TIFOSI - “La S.S. Lazio è la sua gente!”. Messaggio chiaro, non servono spiegazioni. Oltre il calciomercato, i bilanci e le scelte della dirigenza. Lasciamo tutto da parte, almeno per il momento. Ammiriamo l’amore. Emozioniamoci di fronte ad uno spettacolo che ha dell’inverosimile. Non fermiamo le lacrime di fronte al ricordo di Attilio, che ha fatto della passione per la Lazio uno stile di vita, un credo, un baluardo. Commuoviamoci di fronte agli abbracci di Inzaghi a cui, ovviamente, fanno seguito quelli dei tifosi sugli spalti. Una grande famiglia, ingenerosamente criticata, messa sul banco degli imputati perché il dato relativo alle presenze sembrava troppo basso per un club che puntava la Champions. Il trend è stato invertito, i sostenitori biancocelesti hanno dimostrato che ci sono e che vogliono, almeno come i giocatori in campo, vincere insieme alla squadra “in Italia, in Europa e nel mondo”, citando il coro che, petto in fuori, hanno intonato con fierezza.
CORAGGIO - Perché serve coraggio. Quello di osare, di provarci, di sfidare i più forti, di alzare l’asticella, di tornare ad essere grande. Ma, in effetti, la Lazio non ha mai smesso di esserlo. Con un pubblico così al seguito, non avrebbe potuto. Adesso è consapevole. Della sua forza, delle sue qualità, dei suoi mezzi e, ancor di più, della sua gente, dell’amore che circola nella Capitale intorno a quell’aquila, simbolo di una fede da mostrare con orgoglio. È sicura di non esser sola, convinta che insieme si può fare tutto, raggiungere traguardi apparentemente insperati. Anche la Champions.
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