Re Cecconi, l'angelo della 'banda Maestrelli': lo speciale che ripercorre "la sua vita in salita"

Alcuni frammenti dello speciale di Rai Sport sulla vita di Luciano Re Cecconi, indimenticata protagonista del primo scudetto di casa Lazio.
03.04.2020 07:00 di Elena Bravetti Twitter:    vedi letture
Fonte: Elena Bravetti - Lalaziosiamonoi.it
Re Cecconi, l'angelo della 'banda Maestrelli': lo speciale che ripercorre "la sua vita in salita"
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Sono giorni complicati. E, come spesso accade in momenti di difficoltà, ci si aggrappa ai ricordi. Frammenti di passato così vivi nella mente e nel cuore che sembrano essere quasi a portata di mano. Rai Sport, in uno speciale, ha voluto ricordare Luciano Re Cecconi, indimenticato protagonista del primo scudetto di casa Lazio. Chioma bionda e occhi azzurri. Un vero Angelo - così verrà soprannominato - impara fin da subito che la sua sarà "una vita in salita": in Serie C con la maglia del Pro Patria, percorre praticamente tutta Italia per arrivare al Foggia. In Puglia un incontro che gli stravolgerà letteralmente la vita, quello con Tommaso Maestrelli. Molto più che un allenatore, un secondo padre. Il legame con il tecnico è talmente forte che è proprio grazie alla sua "intercessione" che 'Cecco Netz' vestirà la maglia della Lazio: Maestrelli convince il presidente Lenzini a vincere la concorrenza del Torino e a porta Re Cecconi nella Capitale. 

BANDA MAESTRELLI - Il mediano, nato nei pressi di Milano, siglerà cinque gol nelle sei stagioni nelle fila della Lazio. Pochi ma buoni, come quello con il Milan all'inizio dell'annata che consegnerà alla squadra di Maestrelli il titolo di Campione d'Italia. Il presidente Lenzini, a pochi minuti dalla fine della gara, si sbilancia: "Al termine del campionato la Lazio sarà prima in classifica, vincerà lo Scudetto". E mai previsione fu più azzeccata. Dopo averlo solamente accarezzato nel campionato precedente, quando il sogno si inflanse all'ultima giornata contro il Napoli, nel maggio '74 la Lazio è finalmente in vetta. Una squadra composta da due anime. Un gruppo talmente diviso nel corso della settimana quanto unito nel momento in cui si scendeva in campo. Una formazione guidata da "uno psicologo, dall'ottavo re di Roma, da un vero gentiluomo, da un uomo, prima che tecnico", per citare le parole di stima dei calciatori nei confronti dell'allenatore. Una squadra folle, e l'atterraggio di Re Cecconi e Martini dal paracadute sul campo d'allenamento di Tor di Quinto ne è la testimonianza. 

L'INIZIO DELLA FINE - Convocato dal ct dell'Italia Valcareggi per i Mondiali del '74, Re Cecconi rimane in panchina. È con Bernardini che esordirà, nella gara contro la Jugoslavia. Viene confermato contro la Burgaria, poi niente di più. Nonostante un modo "tutto europeo" di giocare, la carriera di Cecco non riesce a tingersi d'azzurro. La gara contro l'Inter del 3 novembre 1974 è l'inizio della fine in casa Lazio. Maestrelli inizia ad avere i primi sintomi della malattia, Chinaglia i primi "mal di pancia". Re Cecconi va in gol, ma è la rete di Boninsegna a essere decisiva ai fini del risultato e a consegnare i tre punti ai nerazzurri. Non va meglio in Torino-Lazio del 1976, altra gara in cui l'Angelo Biondo mette la firma sul tabellino. In panchina siede Corsini, un vero sergente di ferro. Tutt'altra storia rispetto a Maestrelli, che sta vivendo gli ultimi anni di vita ma viene chiamato dai biancocelesti per salvare la squadra. Anche quest'impresa viene portata a compimento: la Lazio raggiunge la salvezza all'ultima giornata, pareggiando con il Como, grazie alla differenza reti rispetto all'Ascoli. La favola è terminata. 

IL DRAMMA - Inizia una nuova stagione. Lazio-Juventus termina 2-3. In gol, ancora Re Cecconi, in quella che sarà l'ultima rete della sua vita. Un brutto infortunio rimediato con il Bologna ne comprometterà il rendimento in quel campionato, terminato in modo tragico. Quando si stava avvicinando il momento del rientro in campo, il mondo Lazio viene colpito da un nuovo dramma, dopo quello legato alla morte di Maestrelli. Re Cecconi perde la vita in un assurdo scherzo, o almeno così sembrerebbe. Un proiettile, proveniente dalla pistola impugnata dal gioielliere Tabocchini, gli recide l'aorta, mettendo fine alla vita del ventottenne, che a breve sarebbe diventato papà, per la terza volta. Inutile la corsa al San Giacomo. Sono le 20 del 18 gennaio 1977, Roma piange la scomparsa di Cecco. Pulici l'unico compagno di squadra a vederlo morto sul letto dell'obitorio. Ghedin, al suo fianco anche nella tragedia, si rifiuterà di dare la sua versione dei fatti. Il gioielliere, inizialmente accusato di eccesso di legittima difesa, viene assolto durante il processo per direttisima per "legittima difesa putativa". Un campione generoso, un uomo introverso, un amante del rischio. La sua morte, a distanza di anni, è ancora un giallo. I compagni di squadra rimangono dubbiosi: "Fermi tutti, questa è una rapina, il nostro Cecco l'ha detto davvero?".

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Pubblicato ieri alle 23:00